Chi è Jameson Burt, l'americano che apre i concerti di Vasco? | Rolling Stone Italia
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Chi è Jameson Burt, l’americano che apre i concerti di Vasco?

È 100% di Orange County, ha iniziato a suonare nei bar di Los Angeles a 14 anni e in uno di questi ha incontrato Vasco, che gli ha chiesto: "Sei bravo. Vieni a suonare per me?"

Mattinata tipica losangelina: caffè, sole, cielo azzurro, e social media. Capito per caso sulla pagina Facebook di Vasco Rossi, che sta sbandierando le date del prossimo tour estivo. Di colpo mi fermo col pollice, torno su e leggo meglio: Jameson Burt, un carissimo amico, aprirà per lui una decina di date. Dal chiamarlo e trovarci seduti in riva all’oceano è presto fatto. Eccovi il 411 (i californiani usano questo numero per indicare una chiacchierata senza segreti) del nostro incontro, per conoscere meglio il ragazzo che aprirà i concerti di Vasco quest’estate. Più precisamente il 26 per il fan club, il 27 a Lignano Sabbiadoro e poi, le date del 1/2/6/7/ 11/12 Giugno a San Siro.

In anteprima qui sopra, il nuovo pezzo di James, Fire, title track del nuovo album prodotta con l’aiuto di Saverio Principini.

Parlami un po’ di te. Chi sei?
Mi chiamo Jameson Burt, 100% local, cresciuto a Orange County, a Sud di LA, famosa per la serie tv O.C. Sono venuto al mondo per mano del mio nonno dottore, che mi ha fatto nascere nel comodo letto di casa di mamma. Il mio nome è irlandese come il famoso whiskey, come le mie origini, il mio sangue, le mie passioni. Ho 31 anni e ho avuto un’infanzia molto normale, tranquilla e sicura. Ho iniziato a suonare a 12 anni.

La prima band di Jameson, di cui però non ricorda il nome



Hai il DNA di una famiglia musicale?
Direi di sì: papà canta e suona la chitarra, anche se per lui è sempre stato un hobby. Quando ero bambino mi faceva addormentare cantandomi sempre una canzone invece che leggere qualcosa. Sono cresciuto ascoltando un po’ di tutto, mi piacevano molto i Beach Boys, Beatles, Billy Joel e Joni Mitchell. Ha sempre cercato di insegnarmi a suonare ma io preferivo fare sport, surf e skateboard. Poi un bel giorno, sono arrivati i nuovi vicini, fuori di testa, look da metallari. Oltre a fare un casino pazzesco, sapevano suonare benissimo: in quel momento ho capito che potevo divertirmi, quindi ho chiesto a mio padre di insegnarmi tutto quello che sapeva. Grazie a loro ho scoperto anche il rock più duro: Led Zeppelin, Jimi Hendrix, Frank Zappa, oltre a Fusion e Jazz come i Return to Forever, che hanno elevato la mia conoscenza musicale.

Quali sono state le tue esperienze dal vivo?
Alle feste della scuola elementare, poi ai talent show delle medie, e nei primi locali quando avevo 13 anni. Per me non esisteva nient’altro. Mi sono dedicato completamente alla chitarra, a quel tempo non cantavo, strimpellavo e basta. Poi un mio insegnante mi ha messo in contatto con una band che stava cercando un chitarrista e così ho iniziato a suonare nei club.

Come nascono le tue canzoni?
Mi ispiro molto a quello che succede nella mia vita privata, perché alla fine sono le esperienze più decisive, più emotive. Sono molto creativo nelle ore notturne (ride), quando la maggior parte della gente dorme. A volte parto da una semplice emozione e inizio a cercare la musica che possa descriverla il meglio possibile.

E Vasco, come l’hai conosciuto?
È venuto ad ascoltarmi lui in un club di LA. Quando sono sceso dal palco, si è presentato e abbiamo scambiato due parole. Anche se non è molto noto in America, sapevo già chi fosse perché sono stato molte volte in Italia dalla mia ragazza Emanuela (Postacchini, attrice italiana). Lì da voi è super famoso, basta accendere la radio a caso per imbattersi in un suo pezzo. Non parlo molto italiano, ma quando ascolto le sue parole so che mi sta raccontando qualcosa di importante. Dice la verità, racconta emozioni.

La prima data in un bar a 14 anni. Alla batteria, suo fratello Gabe.



Cosa ti ha detto la prima volta che vi siete incontrati?
Non ricordo le parole esatte, ma si è congratulato con me e mi ha detto che gli piaceva la mia musica, per poi invitarmi nel suo studio di LA, Speakeasy Studios. Lì ci siamo conosciuti meglio e poi mi ha presentato il produttore Saverio Principini, con cui ho lavorato su Fire, l’album che uscirà a breve. È molto rock, spero che piacerà al pubblico italiano. Vasco è stato molto generoso con me, è una persona fantastica, disponibile con tutti e sempre pronto ad aiutare i giovani musicisti.

Ora si spiega l’invito al tour!
Esatto! E da allora ci siamo visti spesso. Mi invita sempre a casa sua a LA per suonare tutti insieme. Poi un paio di mesi fa mi ha proposto di aprire il suo prossimo tour e… sono rimasto sbalordito. Non ci potevo credere. La dice lunga sull’uomo straordinario che è: umile, quando lo incontri è molto alla mano, gentile e sempre positivo, non diresti mai che è una super star.

Ti ha dato qualche consiglio?
No, tutte le volte che ho suonato per lui, alla fine del set mi ha sempre stretto la mano congratulandosi con me, dicendomi “Sei grande!”. Quando mi ha proposto il tour mi ha detto “Vieni e suona come la prima volta che ti ho visto dal vivo”. Suonerò un set di 20 minuti, con canzoni tratte da vari album.

Con quale chitarra suonerai?
Ho varie chitarre, ma credo che userò la Gibson ES125 del 1956, una chitarra a corpo cavo, un mix tra acustica ed elettrica, anche se con più profondità, ottima per degli assolo.

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