Che trip ‘Asterisms’, il nuovo album genreless di Sean Ono Lennon | Rolling Stone Italia
Scritto nelle stelle o forse no

Che trip ‘Asterisms’, il nuovo album genreless di Sean Ono Lennon

Il disco strumentale inciso con un supergruppo per l’etichetta di John Zorn è nato con in testa il mondo messo sottosopra, l’astrologia, mamma Yoko che invecchia. L’intervista

Che trip ‘Asterisms’, il nuovo album genreless di Sean Ono Lennon

Sean Lennon

Foto: Erika Goldring/Getty Images

I genitori credevano nell’astrologia, lui no. Eppure quand’ha iniziato a lavorare a un nuovo album, a Sean Ono Lennon è sembrato che gli astri gli si fossero messi contro. «C’era tipo un’interferenza cosmica», dice a Rolling Stone a proposito della nascita di Asterisms, album strumentale genreless che spazia dal jazz al rock all’elettronica. Alla fine i pianeti di sono allineati e il disco è uscito per la Tzadik, l’etichetta di John Zorn. Ma nei giorni in cui il Covid faceva ancora paura, il destino della suite in cinque parti era decisamente incerto.

Asterisms è stato composto inizialmente per una residency di una settimana allo Stone, il locale newyorchese di Zorn. I concerti sono stati rimandati più volte fino all’ottobre 2022. Con Lennon sul palco ci sarebbero stati il batterista Ches Smith (John Zorn), il bassista/chitarrista Devin Hoff (Julia Holter, Sharon Van Etten, Cibo Matto), i tastieristi João Nogueira (Claypool Lennon Delirium) e Yuka Honda (Cibo Matto), il chitarrista Julian Lage, il trombettista Michael Leonhart (Steely Dan). Lennon s’è preso il Covid e anche quella volta l’esibizione è stata annullata. «Il primo concerto che ho dovuto cancellare in vita mia».

Nel frattempo Lennon stava inviando a Zorn registrazioni d’ogni tipo, sorta di riflessioni (senza parole) sulla sua vita, sullo stato del mondo, sull’anziana madre Yoko Ono. È musica stramba e strumentale che può ricordare in qualche modo quella di Mort Garson. Anche in passato Lennon si è cimentato con musica sperimentale al fianco della madre (oltre ad avere firmato colonne sonore di film indipendenti), oltre ad avere collaborato con Les Claypool nei Claypool Lennon Delirium. Ammette di essersi avvicinato al jazz in ritardo folgorato da una biografia di Miles Davis, ma ama gli angoli più strani del genere, come Bitches Brew di Davis del 1969.

«C’erano il Covid e il lockdown, dovevo prendermi cura di mia madre che stava invecchiando e non volevo che prendesse il visus», racconta per spiegare lo stato d’animo che aveva mentre scriveva il disco. «E quindi in quel periodo pensavo parecchio alla mia vita, guardavo mia madre invecchiare e il mondo messo sottosopra. Di roba a cui pensare ce n’era».

Alla fine Lennon ha inciso Asterisms nel suo studio nello Stato di New York con Smith, Honda, Leonhart, Hoff, Nogueira e il percussionista Mauro Refosco (Atoms for Peace). Il chitarrista Julian Lage ha dato buca per problemi di famiglia, un problema che ha rischiato di far saltare di nuovo tutto se non fosse intervenuto Nels Cline degli Wilco che ha suggerito a Lennon di occuparsi in prima persona delle parti di chitarra. «L’eroe di questa storia è Nels. Quando tutto sembrava perduto, è arrivato e tipo Obi-Wan ha detto: “Giovane Padawan”, o forse “Padawan di mezza età, prendi tu la spada laser”».

In quanto al titolo dell’album, che è il termine usato per indicare le forme nel cielo come le costellazioni, si ispira all’astrologia che, spiega Lennon, «mentre crescevo era parte integrante della nostra vita. Il misticismo faceva parte del nostro modo di rapportarci col mondo». Lennon si è poi ribellato a questa pratica, dice, né più né meno come chi ha avuto un’educazione cattolica poi evita la chiesa.

«Mia madre mi ha cresciuto con la religione dell’astrologia. E provo sentimenti complessi e agrodolci a tale riguardo. E quindi per me il titolo ha a che fare anche col rapporto con mia madre, con l’idea di vedere schemi che ci sono e che allo stesso tempo potrebbero non esserci. Non voglio sembrare pretenzioso, ma per me dice qualcosa sulla natura della realtà e della vita e vediamo lì fisse in cielo, ma che nella realtà non esistono».

Avvicinandosi ai 50 anni, Lennon ammette di non sapere tutto, ma non per questo pensa che delle forme in cielo siano responsabili del nostro destino. «Più invecchio, meno sono sicuro delle cose. Oggi provo molto più rispetto per chi trova nelle cose qualcosa di utile o produttivo. Penso a come mia madre vede il mondo. Non ho fatto esperienza del mondo meglio di chiunque altro, non sono nella posizione di giudicare nessuno».

Da Rolling Stone US.

Altre notizie su:  Sean Lennon