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Che gioia, che malinconia: sono tornati i Belle and Sebastian

Stuart Murdoch racconta le storie e i sentimenti agrodolci dietro al nuovo ‘Late Developers’, la malattia che l’ha costretto a cancellare il tour, il romanzo che sta scrivendo, la pausa che la band si prenderà

Foto: Anna Isola Crolla

Gli ultimi tre anni sono stati piuttosto duri per tutti, ma per i fan dei Belle and Sebastian le cose non sono andate malaccio. Non potendo andare in tour, alla fine del 2020 la band ha pubblicato un ottimo album dal vivo per ricordarci che gruppo dinamico sono diventati. Nella scorsa primavera sono tornati con A Bit of Previous, il loro primo disco di inediti in sette anni. E ieri gli eroi scozzesi dell’indie pop hanno pubbicato Late Developers, un album nuovissimo e persino migliore del precedente, contenente pezzi tratti dalle stesse session.

«Durante e poco dopo il lockdown abbiamo fatto delle session molto proficue», spiega Stuart Murdoch, 54 anni. «Avevamo un sacco di canzoni in ballo, la nostra manager Fiona ci diceva che era un gran casino. E allora che ho detto agli altri: facciamo due LP!».

Late Developers è pieno di canzoni in tipico stile Belle and Sebastian come When We Were Very Young, una riflessione malinconica sui rimpianti della mezza età che Murdoch ha scritto durante le passeggiate che faceva quotidianamente per andare nell’appartamento di Glasgow dove lavorava durante il lockdown. «Non è una canzone particolarmente allegra», dice ironico. «È una specie di richiesta d’aiuto». Altri brani evocano lo spirito più positivo ed empatico della band, come il singolo di traino I Don’t Know What You See in Me, scritto e inciso con l’artista pop scozzese Wuh Oh, o il pezzo d’apertura Juliet Naked, composto da Murdoch nel 2018 per l’ominima rom-com.

Quando è stato escluso dalla colonna sonora, Murdoch ha pensato di cambiarne il titolo. «Però è un buon titolo, mi son detto. E allora ho chiesto il permesso a Nick Hornby. M’è sembrato non gli importasse granché».

Alcune fra le canzoni migliori dell’album sono ancora più datate. Murdoch ha scritto Will I Tell You a Secret nel 2002 o 2003, al tempo delle session di Dear Catastrophe Waitress. «L’avevo fatta sentire agli altri e m’erano sembrati tutti un po’ tiepidi, così l’ho accantonata. Ma continuava a girarmi per la testa».

È semplice capire perché abbia recuperato il pezzo dopo quasi vent’anni: è troppo buono per essere relegato a B-side, con la parte di clavicembalo delicata di Chris Geddes e i cori di Sarah Martin ad accentuare il testo che parla con tenerezza di una coppia che si separa. «È su una relazione finita anni fa», aggiunge Murdoch. «A volte succede che più passa il tempo e più i sentimenti s’amplificano. Non so quanto sia d’aiuto ripensare a cose accadute in passato, ma è andata così».

Il pezzo più vecchio dell’album è When the Cynics Stare Back From the Wall, un titolo pesante per una delle canzoni più dolci di Murdoch sull’essere un giovane romantico in un mondo cinico. L’ha scritta più o meno nel 1994, un anno o due prima di fondare i Belle and Sebastian, in onore della donna che definisce «la mia migliore amica, Ciara». I fan più fedeli la conoscono come Ciara MacLaverty, immortalata sulla copertina di If You’re Feeling Sinister del 1996 e protagonista della canzone del 2015 Nobody’s Empire. Lei e Murdoch si sono avvicinati nei primi anni ’90, quando le vite di entrambi sono state stravolte dall’encefalomielite mialgica, nota anche come sindrome da fatica cronica.

«Per anni siamo stati tutti e due delle specie di invalidi», dice lui. «Facevamo discussioni lunghe e profonde sulle nostre vite sentimentali che erano più che altro immaginarie: non eravamo molto scafati».

Decenni dopo, ha riportato in vita la canzone con l’aiuto di un’altra vecchia amica di Glasgow, Tracyanne Campbell dei Camera Obscura. «Appena ho iniziato a pensarla come un duetto, mi è tornata in testa», dice. «Sembra un pezzo old school dei Belle and Sebastian, botta e risposta».

Con ottimi momenti come questi, Late Developers pare una specie di summa della carriera dei Belle and Sebastian. «Sento che forse siamo giunti alla fine di un periodo, di un capitolo, di un’era o qualcosa di simile», dice Murdoch. «In un certo senso, questi due LP saranno l’ultima cosa che facciamo per un po’ di tempo».

Ci tiene a chiarire che queste parole non costituiscono un epitaffio: «I Belle and Sebastian non si scioglieranno mai. Non siamo quel genere di band. Non ci piace il dramma. Andiamo avanti. Sento solo che nella vita del gruppo è giunto il momento di una pausa creativa durante la quale, magari, i singoli componenti potranno pensare ad altro».

Per esempio, a lui piacerebbe finire il romanzo che ha iniziato a scrivere prima del lockdown, un lavoro di fiction incentrato sui suoi ricordi del periodo 1991-1993, quando lui e MacLaverty lottavano insieme contro la malattia. «È anche il periodo in cui ho cominciato a scrivere canzoni», spiega. «È una specie di racconto romanzato del nostro periodo più cupo, ma dentro ci sono anche un sacco di positività e di scoperte. Non era tutto nero. Le nostre vite sono cambiate completamente. Ok, dobbiamo affrontare questa sfida: cosa faremo? E sono scaturite molte cose da lì. È stato il momento in cui la mia spiritualità è cresciuta con la mia musica. Ci sono tante riflessioni su Dio e l’universo».

Ultimamente Murdoch ha avuto molto tempo per scrivere, perché per mesi la band è stata lontana dalle sale da concerto. Dopo un ritorno trionfale in Nord America, la scorsa estate, hanno dovuto rinviare o cancellare una fila di concerti già fissati nel Regno Unito, in Europa e in Sudamerica durante l’autunno e l’inverno. A novembre Murdoch ha twittato che si stava «lentamente riprendendo dopo essere stato piuttosto male» e ora conferma che i piani stabiliti sono stati mandati a monte dai suoi problemi di salute. «Non è che ho deciso all’improvviso di prendermi del tempo per finire il libro», spiega. «È a causa della mia sindrome da fatica cronica. Sono passati 30 anni e ancora ho a che fare con la stessa roba».

Ricorda di avere inviato una «mail sincera» ai suoi compari di band dopo il rinvio del tour nel Regno Unito. «Ho ammesso: “Ogni volta che vengo in tour con voi compio una specie di atto di fede”. C’è di mezzo molta fede, perché se sto male non posso cantare e la data salta. Sfortunatamente questa volta non ce l’ho fatta. Ma speriamo di recuperare in primavera… l’idea è di tornare a esibirci. Sarebbe bellissimo».

Mentre lo dice sembra un po’ triste e nessuno come i Belle and Sebastian potrebbe catturare meglio la bellezza agrodolce di un momento come questo. «Magari a 70 anni potrei scrivere un libro su questo periodo. I momenti più bui, quando li superi, sono quelli che ti… be’ non sono sicurissimo che ti rendano più forte. Ma di sicuro sono importanti».

Tradotto da Rolling Stone US.

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