Captain Sensible: «Noi punk inglesi eravamo hooligan, gli americani erano borghesi» | Rolling Stone Italia
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Captain Sensible: «Noi punk inglesi eravamo hooligan, gli americani erano borghesi»

È uscito il nuovo dei Damned e ne abbiamo approfittato per parlare col Capitano: i tour coi Sex Pistols, il rap, gli Abba suonati con Lemmy e molto altro. La spinta? «Diventare qualcuno, non sentirsi una nullità»

Captain Sensible: «Noi punk inglesi eravamo hooligan, gli americani erano borghesi»

Captain Sensible

Foto: Timo Jäger

Mille vite in una, ma sempre col sorriso sulle labbra e l’immancabile berretto rosso in testa. Captain Sensible, nome d’arte dell’inglese Raymond Burns, classe 1955, è stato molte cose nella sua esistenza: chitarrista, bassista e anche tastierista per i Damned, prima band inglese a lanciare un singolo punk, New Rose, nel 1976. Era con loro quando andarono in tour in America, anche questo un primato per la punk band inglese, ed era con loro quando vennero cacciati dalla disastrosa tournée con i Sex Pistols.

Negli anni ’80 il suo rapporto con la band, che nel frattempo si è spostata in territori goth, si fa intermittente, per far spazio a una improbabile quanto riuscita carriera pop, da solista, dove inanella una serie di hit da paura. Tornerà nei Damned nella metà degli anni ’90, in un momento di ritrovata popolarità per il punk, per non lasciarli più. E ancora il Blah Party, un esperimento di democrazia diretta fondato da lui per contestare la guerra in Iraq, il rap con Piotta, l’omaggio ricevuto da Dizzee Rascal, il side project Sensible Gray Cells assieme al bassista Paul Gray («suoniamo solo i pezzi scartati per i Damned, è una cosa in famiglia»), fino ad arrivare a Darkadelic, ultimo album della band uscito venerdì.

Questa continua ricerca di nuove direzioni ha pagato, alla fine? Sicuramente fare sempre la stessa cosa sarebbe stato più semplice.
È quello che mi rende felice. Fare sempre lo stesso disco sarebbe stato più semplice ma anche meno interessante. Stessa cosa per Dave (Vanian), ci siamo ripromessi di non fare mai la stessa cosa due volte.

L’impressione è che tu ti stia ancora divertendo nel fare quel che fai.
Beh, si tratta del miglior lavoro del mondo. Voglio dire, suonare la chitarra per fare urlare le persone è decisamente divertente.

Ho intervistato tanti musicisti in vita mia, ti posso assicurare che non tutti suonano ancora per divertimento.
Forse dovrebbero cercarsi un lavoro vero. Sai, ci sono musicisti in grado di suonare cose incredibili ma che non hanno un pubblico. Io non sono molto bravo, ma ho un mio pubblico e questo mi ha permesso di girare il mondo: non l’ho mai dato per scontato.

THE DAMNED 'Beware Of The Clown' - Official Video - New Album 'Darkadelic' out now!

Perché hai deciso di diventare un musicista?
Da ragazzo ero letteralmente ossessionato con le band che ascoltavo, tanto che facevo continuamente l’autostop per seguirle in tour qui nel Regno Unito. Gruppi come Soft Machine, Groundhogs, Hawkwind e altri. Erano così importanti per me e quando ne leggevo le interviste cercavo di interpretarne la filosofia. E mi piaceva l’idea di stare on the road, mi piace quella vita, la volevo per me: volevo esser parte di una sorta di gang, o trovare dei soci, che forse è un’analogia migliore. Comportarsi male, finire gli alcolici, fare a pezzi qualsiasi cosa, robe così.

A proposito degli Hawkwind: a inizio carriera avete riformato la band, per un breve periodo, col nome di Les Punks, dove suonava anche Lemmy. Come andarono le cose?
Mmm, vediamo se riesco a ricordarmi qualcosa… Ci eravamo sciolti ed eravamo al verde. Mi chiama Scabies e mi dice: «Vuoi fare una serata a Londra, ci facciamo un po’ di soldi?». Voglio dire, stavamo morendo di fame, dormivano a casa di altre persone, sul pavimento. Accetto, Scabies mi porta giù in strada ed ecco che incontro Lemmy. Io ho imparato a suonare sei pezzi dei Motörhead, lui sei pezzi dei Damned e questa è la nostra scaletta. Poi Scabies mi fa: «Chiediamo a Lemmy di suonare un pezzo degli Abba?». Dico di sì, andiamo da lui e gli diciamo che pensavamo di fare S.O.S. «Ditemi solo in che tonalità devo suonarla» fu la sua riposta (ride). E quindi siamo riusciti a far suonare un pezzo degli Abba a Lemmy.

Reazione del pubblico?
I nostri fan non seguono gli Abba quindi probabilmente non hanno neanche capito cosa stessimo facendo. E comunque la cantavamo malissimo, era irriconoscibile.

The Damned - New Rose (Official HD video)

Hai fondato la prima band punk, poi ti sei spostato verso il goth, poi hai mollato tutto e hai lanciato una carriera pop di grande successo. Però sei sempre rimasto te stesso.
A volte si tratta di essere nel punto giusto al momento giusto. Come nel caso della svolta pop: mi sono ritrovato con Tony Mansfield, un genio del synth pop anni ’80 che stava in una band chiamata New Musik. Ha preso le mie canzoni e le ha completamente rivoltate, trasformandole in un qualcosa di molto modaiolo, per quel periodo. Lui è il migliore in questo campo e così mi sono ritrovato in tv. Ho sempre avuto amore per la melodia, punk o pop, non importa il genere.

Quale fu la reazione della scena punk? Ti dettero del venduto?
Sì. Appena tornai sul palco a suonare con i Damned il pubblico iniziò a intonare cori contro di me, tipo quelli da stadio. «Sensible is a wanker!» (Sensible è un coglione, ndr). Cazzo, me lo ricordo ancora. Due giorni dopo suoniamo a Londra e la cosa ricomincia. Allora faccio la miglior interpretazione possibile del vescovo o di un leader religioso e dico ai miei discepoli con voce serissima, come se stessi leggendo dalla Bibbia: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra!» (ride). Chiaramente ho dovuto tradurre il tutto in un linguaggio normale, non religioso diciamo, ma il senso rimane: tutti sbagliamo, se anche tu hai sbagliato, non puoi dirmi niente.

A proposito della tua fase pop, il singolo Wot fu un successone, anche qui da noi in Italia. Tanto è vero che, molti anni dopo, l’hai praticamente riregistrato assieme al rapper italiano Piotta. Che ricordi hai di quell’esperienza?
Piotta? Fu un grande! Ricordo che giravamo per Roma su una macchina senza il tettuccio e mangiavamo una sorta di gelato alcolico, poi mi portò a cena… Vedi, una volta ci sarebbero state solo ragazze e alcol ma ormai sono vecchio per cui penso a mangiare. Poi abbiamo girato il video. Ci sentiamo ancora, ogni tanto, sui social.

In quel pezzo praticamente ti sei messo a rappare. Quindi Capitano, fra le tante cose che hai fatto, c’è pure rappare con un MC italiano.
Scherziamo sempre sul fatto che i Damned hanno inventato il punk, Dave ha inventato il goth e io ho inventato il rap (ride), Tre cose in una sola band, mica male.

I rapper americani probabilmente ti disseranno per questo.
Ahah!

Captain Sensible - Wot (1983)

Quando hai sentito per la prima volta la parola punk? Voglio dire, non penso che un giorno siate andati in studio con l’idea di inventare il punk. Probabilmente l’idea era di suonare più veloce. Poi un giorno qualcuno appiccicò l’etichetta punk sulla vostra musica. Quando successe e che reazione aveste al tempo?
Hai assolutamente ragione. Quando ho incontrato Brian James mi fece sentire un po’ di pezzi, fra cui New Rose, con una chitarra acustica. Mi fece sentire praticamente tutti i pezzi del primo disco in questo appartamento nel nord di Londra e ho pensato che i pezzi fossero fichissimi e che volevo far parte della band. Sono entrato nella band ma nessuno mi ha mai detto «adesso saremo un gruppo punk». Noi eravamo, fondamentalmente, una reazione al rock da stadio, inteso come quelle band che vai a vedere negli stadi di calcio ma che in realtà non riesci a vedere realmente perché sono lontanissimi da te. Voglio dire, la musica dal vivo dovrebbe essere una questione di prossimità, dovresti essere in grado di poter vedere gli accordi suonati dal chitarrista così da poterli studiare, imparare qualcosa. Io ho fatto così, ho imparato guardando Rory Gallagher, l’ho visto molte volte dal vivo da ragazzo. Volevamo essere la risposta al rock da stadio. Poi a Londra cominciò a formarsi un movimento di band e un giornale dell’epoca, non ricordo se Sounds o Melody Maker, scrisse una roba del tipo «i Damned hanno appena fatto un singolo, i Pistols sono in tour, il punk è on the road!». E mi domandai: cos’è il punk?! Voglio dire, non avevo idea di cosa stessero dicendo. Non era necessariamente questa la nostra intenzione: la nostra idea era di suonare un rock’n’roll aggressivo, pieno di carattere, con testi che parlavano della working class.

E poi il punk esplose e voi vi buttaste sul goth.
Siamo sempre stati in un costante viaggio musicale ma direi che siamo sempre stati un gruppo punk. È nel nostro dna. Siamo stati i re della scena goth negli anni ’80, adesso non so cosa siamo. Ma siamo sempre stati, diciamo, all’85% punk. Il resto è un cantato dal sapore ogni volta differente.

Poi ve ne andaste in tour in America, prima band punk inglese a farlo. Come andò?
Fu… interessante. C’era una scena in Inghilterra nel ’76/77, tutte la band avevano un’attitudine DIY, c’era tantissima disoccupazione e noi, beh, noi non ci sentivamo delle nullità. Volevo essere qualcuno, diventare qualcosa, lottare per la nostra via d’uscita da un paese depresso, che è quello che era l’Inghilterra allora. Quando siamo arrivati in America ci siamo accorti che lì il punk era decisamente più influenzato dal mondo dell’arte. Band come Television, Talking Heads, anche gli stessi Ramones se vogliamo. Era tutto così, come dire, ben fatto e impacchettato, tipo rock da liceo artistico. C’era Patti Smith che era una poetessa. Erano praticamente tutti degli intellettuali, beh, quasi tutti. E noi invece eravamo degli hooligan della working class quindi fu tutto molto diverso per noi. Non credo di aver capito molto la loro scena e non credo che loro abbiano capito molto noi. Eravamo, come dire, grezzi. Loro invece erano della media borghesia e frequentavano gli istituti d’arte. Spero che questo risponda alla tua domanda.

Tornando al rap: c’è stata poi la volta, nel 2004, quando Dizzee Rascal campionò un tuo vecchio successo, Happy Talk, per la sua hit Dreams.
Happy Talk fu una mega successo per me qui in Inghilterra, ma fu anche una canzone molto divisiva, le persone la amavano o la odiavano. E quelli che la odiavano, la odiavano davvero perché era cooooosì pop. Mi tiravano le cose per strada, mi urlavano dietro cose tipo «Capitano, mia moglie non la smette di cantare la tua canzone di merda, fottiti! Ma che ti è venuto in mente?». Oppure mi chiedevano che fine avesse fatto il pappagallo che avevo nel video. Non mi sarei mai aspettato che qualcuno la campionasse, fu uno shock. Gli faccio i miei migliori auguri e poi mi ha pure pagato (ride di gusto)!

Beh, il campione era talmente evidente che non poteva non farlo. Detto questo, è stato comunque un modo per introdurre una nuova generazione di ascoltatori alla tua musica.
Giusto. Colgo quindi l’occasione per fare un appello: cari rapper o superstar dj, se volete campionare la mia musica, fate pure, così potete farmi tornare al top delle classifiche che è dove merito di stare (ride)!

Captain Sensible - Happy Talk (singalong version)

Da dove nasce il tuo look? Il berretto rosso e gli occhiali.
Quando ho iniziato a suonare la chitarra ho pensato che, una volta diventato bravo, sarei finito in una band glam come i T-Rex, gli Sweet o gli Slade. Quando poi però ho imparato a suonare per davvero, lo scenario musicale era completamente cambiato, nessuno voleva più sentire gli assoli, per cui mi son limitato a riciclare parte dell’abbigliamento glam. La mia missione è sempre stata quella di portare un po’ di glam nel punk-rock, ma la verità è solo che volevo stare negli Sweet (ride).

Cosa pensi della Brexit, oggi?
Sicuramente ha reso difficile la vita a chi si occupa di musica dal vivo. Penso che l’Europa sia un posto meraviglioso. Adoro il fatto di potermi muovere liberamente fra i vari paesi. Amo l’Europa anche se non sono decisamente un fan della Von Der Leyen.

Alcuni media italiani stanno riportando il fatto che molti inglesi si sarebbero pentiti di aver votato a favore della Brexit. È così?
Non penso che gli inglesi siano antieuropei. Quelli che hanno votato per la Brexit volevano votare contro la commissione a Bruxelles, qui amiamo l’Europa. Io invece odio i politici. Odio Trump, li odio tutti, compresi quelli inglesi, sono tutti bugiardi e feccia.

Beh sei stato un politico anche tu, col tuo Blah Party. O rifiuti quest’etichetta?
Si trattava di un altro scherzo del Capitano. La verità è che ero così arrabbiato con Tony Blair per averci trascinato in guerra che, invece di spaccare la tv con un mattone, ho pensato di sfidarli tutti fondando un partito politico. Mi rendeva felice tenere questi discorsi, io sono sempre stato una specie di attivista sinistroide, pacifista e vegetariano, mi piaceva parlare di queste cose e devo dire che abbiamo attratto diversi follower. Nato come uno scherzo, stava diventando un partito vero. Ma, voglio dire, io sono soltanto uno stupido chitarrista alcolizzato, non credere a una singola parola che dico. Questo è quello che dicevo ai nostri sostenitori ma loro mi rispondevano dicendo che «i politici sono tutti bugiardi», per cui… (ride). Oggi sono anarchico e penso che non dovremmo eleggere leader. Appena vengono eletti dimenticano subito quel che avevano promesso e fan quel cazzo che gli pare.

I Damned nel 2023. Foto: Timo Jäger

Anche i tuoi figli sono musicisti?
Ne ho tre, solo uno è interessato alla musica. L’ho chiamato Syd come Syd Barrett, sai, il cantante dei Pink Floyd, Scritto proprio come lui, con la Y. È un bravo chitarrista ma non ha ancora trovato la band che lo catapulterà in cima alle classifiche (ride). La verità è che in questo gioco serve esser fortunati.

L’hai chiamato con la Y per non farlo confondere con Sid Vicious?
(Ride) Naaaa, mi piace Sid Vicious. Era ok.

Com’era andare in tour coi Pistols?
Non era affatto male. C’eravamo noi, i Pistols, i Clash e Johnny Thunders. Andavamo tutti d’accordo, ma i manager si odiavano fra loro. Malcolm McLaren che era il manager dei Pistols odiava Bernard Rhodes che era il manager dei Clash, che a sua volta odiava Jake Riviera che era il nostro manager… ognuno voleva che i suoi ragazzi diventassero il gruppo punk. Ma fra noi non c’era astio.

Capitano, un’ultima domanda: sei stato in un gruppo punk che poi è diventato goth, hai fatto il rapper e sei stato campionato dai rapper, hai avuto una carriera pop, hai lanciato un partito politico, sei stato e hai fatto moltissime cose nella tua vità. C’è qualcosa che non sei riuscito ad ottenere?
Non sono mai diventato milionario (ride)!

È mai stato un obiettivo?
Scherzi a parte, io potrei proprio viverla quella vita lì. Lo yacht, il jet privato, un sacco di belle ragazze, champagne, potrei proprio farlo. Dammi i soldi che ti faccio vedere come si fa.

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