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Caffeina, botte (prese) e peti: l’incredibile resistenza dei Descendents

Umorismo in salsa punk rock da quasi 40 anni. Due chiacchiere con la band di "nerd" che ha fondato un genere (anche se loro negano)
I Descendents sono nati nel 1978. Foto: Katie Hovland

I Descendents sono nati nel 1978. Foto: Katie Hovland

«Non ho ancora preso il caffè». Bill Stevenson si è alzato da poco e non ha ancora aggiunto alla propria giornata l’ingrediente fondamentale di tutta la carriera dei Descendents, il caffè: «Prima di un concerto ne beviamo otto».

Classe 1963, un tumore al cervello rimosso e un’operazione a cuore aperto archiviata con successo, Stevenson si eccita solo a parlarne: «Mi piace l’espresso. E i chicchi tostati nerissimi, non quelli chiari».

Una loro canzone si chiama Coffee Mug (I don’t need no booze or drugs, I just chug-slug-o my coffee mug) e il titolo del loro ultimo album è Hypercaffium Spazzinate. Caffeina à go go: ecco spiegata l’inesauribile carica dei Descendents.

Stevenson e i Descendents sono nel bel mezzo del loro tour europeo: la prima data è stata al Primavera Sound di Barcellona e l’ultima sarà al Carroponte di Sesto San Giovanni, Milano, domenica 11 giugno: «Sta andando molto bene, ci stiamo divertendo!».

Che tipo di gente viene a vedervi? Ci sono tanti giovani?
I Descendents attraggono un pubblico di tutte le età: giovani, meno giovani e vecchi. Negli ultimi anni ho sempre visto gente che portava i propri figli ai nostri concerti, e ora comincio a vedere gente che porta i figli e anche i nipoti. È una figata!

Ricordi come ti sei avvicinato al punk negli anni ’70? Qual è il primo singolo che hai comprato?
Faccio fatica a ricordare… Forse Forming dei Germs. E ce l’ho ancora, molti dischi dell’epoca non li ho più, ma quello sì. Però le prime cose punk rock le ho ascoltate grazie al programma alla radio di Rodney Bingenheimer, che purtroppo ha appena chiuso. (Rodney on the Roq è andato in onda dall’agosto 1976 al 5 giugno 2017, nda).

Sono stato picchiato anche ai miei stessi concerti! Non sono mai stato un buon pugile, me la facevo sempre sotto!

Cosa ti attirava del punk?
Mi piaceva perché era veloce, suonava pericoloso, dirompente, mi faceva sentire vivo.

Ma era davvero pericoloso?
All’inizio non direi! Almeno, non c’era il rischio di andare ai concerti e prenderle! Quelle brutte storie sono iniziate intorno al 1981. Nella zona di Los Angeles a quel punto c’erano un sacco di risse…

Perché?
Non so perché, mi piacerebbe avere una risposta a questa domanda. Ma per un po’ non è stato tanto piacevole andare ai concerti.

Sei mai stato coinvolto direttamente in qualche rissa?
All’epoca capitava di prenderle, sono stato picchiato anche ai miei stessi concerti! Non sono mai stato un buon pugile, me la facevo sempre sotto! (Ride di gusto, nda)

A proposito degli anni ’80: ricordi qualche band hardcore italiana di quel periodo?
I Raw Power! Me li ricordo abbastanza bene, credo di averci suonato anche insieme, quando ero nei Black Flag.

E ora un veloce recap. Bill Stevenson, batterista dei Descendents, ha fondato la band nel 1978 a Manhattan Beach, in California, e in coppia con il cantante Milo Aukerman ha forgiato un vero e proprio genere musicale, mettendo assieme furia hardcore, melodie pop, grande tecnica e grande senso dell’umorismo.

Le due volte che Milo (e il logo del gruppo con il volto stilizzato con gli occhialoni altri non è che lui) ha lasciato la band per seguire i propri impegni accademici, Bill Stevenson è prima entrato in pianta stabile nei Black Flag e poi ha formato gli All, ossia i Descendents senza Milo. Per farla breve, senza i Descendents non sarebbero mai nati gruppi come i Blink-182 e la loro importanza per tutta la scena punk americana dagli anni Ottanta a oggi è ben raccontata dal documentario Filmage: The Story of Descendents/All.

Vi ritenete i padrini del punk rock melodico?
No, non credo di esserlo! Anche noi abbiamo le nostre influenze. E credo che le band che hanno influenzato noi siano molto più importanti di quanto sia la nostra influenza su altri gruppi più giovani. Non abbiamo inventato niente!

Ne sei sicuro?
Se abbiamo inventato qualcosa, non so cosa sia! Se mi citi una nostra canzone, io la seziono e ti dico tutte le influenze che ci sono, tutti i gruppi che stavamo ascoltando scrivendo quel determinato pezzo. Ci sono tante grandi band che ci hanno influenzato: gli Stooges, i Beatles, i Kinks, i Germs…

La vostra canzone All è il pezzo punk rock più corto di tutti i tempi?
Non solo del punk rock, ma di qualsiasi genere musicale!

Quanto dura esattamente?
Un secondo!

Qual è l’arma segreta dei Descendents? Come fate a passare da pezzi fatti letteralmente di peti – Orgofart – a canzoni da pelle d’oca come Silly Girl o Good Good Things?
Quel che rende i Descendents diversi dalle altre band è che tutti nel gruppo scrivono canzoni, quindi non ci sono solo uno o due autori. Ci sono diverse prospettive, così i nostri dischi non sono mai unidimensionali, né da un punto di vista dei testi né della musica.

Ma davvero non senti tracce di Descendents nei gruppi hardcore melodici degli anni Novanta e nelle band punk rock attuali?
A volte sì, un po’. Ma ci sento comunque anche i Buzzcocks, i Ramones, i Cure e tante altre cose.

A proposito di gruppi contemporanei: conosci qualche band punk italiana di oggi?
I Manges. Li conoscevo solo di nome, ma non li avevo mai studiati più di tanto. Siccome suoneranno con noi a Milano, prima di partire ho ascoltato su Spotify tutti i loro album: hanno canzoni fighe e un ottimo suono. Devo recuperare tutti i loro dischi.

Credi che la storia e il successo del Descendents siano una sorta di “rivincita dei nerds”?
(Si mette a ridere, nda) Credo che siamo molto fortunati ad avere la possibilità di suonare per la gente, e che le nostre canzoni e i nostri testi siano così importanti per le persone. E sì, penso che in un certo senso questa possa essere considerata una rivincita dei nerd!

Qual è la tua definizione di punk?
È difficile rispondere a questa domanda, considerato anche che c’è gente che prova a scrivere dei libri sull’argomento. Quando ho iniziato, per me il punk rappresentava un posto dove andare per essere me stesso. Nessuno poteva dirmi chi essere, come comportarmi o come pensare. Punk rock significa fare le cose a modo mio, avere i miei sogni ed esprimere quel che penso tramite la mia musica, senza alcuna regola. E significa mettere in discussione lo status quo e quel che accade nel mondo, contestare l’autorità, contestare l’oppressione, il razzismo, il sessismo.

Credi dunque che dall’era Trump possano uscire ottimi pezzi punk rock?
(Si fa decisamente serio, nda) No, non può uscirne nulla di buono. Viviamo in un’epoca terrificante, orribile e dobbiamo venirne fuori prima possibile.

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