Buddy Guy: «Il blues sta morendo, dobbiamo tenere duro» | Rolling Stone Italia
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Buddy Guy: «Il blues sta morendo, dobbiamo tenere duro»

A fine luglio compirà 84 anni, ma non non vede l'ora di tornare a suonare «per tenere in vita il blues». Qui racconta il presente attraverso il passato: Black Lives Matter e Martin Luther King, il virus e la vita da mezzadro

Buddy Guy: «Il blues sta morendo, dobbiamo tenere duro»

Buddy Guy

Foto: Lyndon French per Rolling Stone USA

«Non ho preso in mano la chitarra da quando hanno cancellato il mio concerto in Arizona, quasi due mesi fa», dice Buddy Guy dalla sua casa di Chicago, dove si sta preparando per andare a fare la spesa, ovviamente con la mascherina. «Cerco di seguire le regole, amico».

La leggenda del blues, 83 anni, si sta abituando alla pausa più lunga della sua carriera. Non suona dal vivo dal 12 marzo, quando si è esibito in California. Durante la nostra conversazione, cerca di ricordare un break altrettanto lungo: pensa ai giorni passati alla guida di un camion, quando faceva il session man per la Chess Records suonando nelle hit di Howlin’ Wolf, Sonny Boy Williamson e Little Walter. Erano i primi anni ’50. «Non passavo tanto tempo a casa da 50 anni, forse qualcosa di più», dice. Dall’epoca della Chess, il chitarrista è sempre rimasto in attività e il suo stile ha influenzato chiunque, da Jimi Hendrix a Gary Clark Jr. Negli ultimi dieci anni ha pubblicato quattro album ed è al lavoro sul prossimo. Quando non è in tour in giro per il mondo, è al Buddy Guy’s Legends, il più grande blues club di Chicago, che ha aperto nel 1989.

Il Legends è chiuso dall’inizio della pandemia, e Guy vuole riaprire con intelligenza. «Ho detto ai miei figli: ho un po’ di soldi da parte e possiamo resistere per un po’, vedere come si evolvono le cose», racconta. Guy ha passato le ultime settimane a sovraintendere alla ristrutturazione del Legends, ma ora porte e finestre del club sono chiuse con assi di legno dopo i danni subiti durante le manifestazioni che hanno seguito la morte di George Floyd. Guy dice che le proteste sono la resa dei conti che aspettava da tempo. «Succedono tante cose e di solito vengono subito dimenticate», dice Guy. «La situazione ora è esplosa e il mondo ha visto la verità. Le manifestazioni potrebbero aiutarci a conquistare quel che prima non avevamo».

Durante il tempo passato a casa, ha anche lanciato una stazione radio – Buddy Guy Radio –, che trasmette blues 24 ore su 24. «Le grandi radio FM non suonano più il blues», dice. «A volte mi viene da pensare che abbiamo fatto loro qualcosa. Prima che B.B. King morisse, ne parlavamo spesso. Non so perché abbiano smesso. Non voglio che suonino le mie cose ogni giorno, ma mettete Muddy Waters una volta alla settimana».

Com’è stare lontano dal palco? Com’è cambiata la tua vita durante la pandemia? 

Mi annoio. Sono nato in una fattoria di Lettsworth, in Louisiana, e mi sembra di vivere un flashback. In questo periodo dell’anno, ovviamente, eravamo impegnati con la mezzadria. Non avevamo macchine, quindi usavamo un mulo. Avevamo anche i cavalli. Ero sempre a casa, chiuso nella mia stanza, e non c’era nessuno con cui parlare. Per questo mi sembra di tornare indietro nel tempo. Mi piace stare lontano dalla gente, sono cresciuto così. Per visitare i vicini dovevo prendere il cavallo, la piantagione dove siamo cresciuti era così.

Come passi le giornate? 

Dalle mie parti in Louisiana se non sapevi cucinare non mangiavi, non c’erano mica McDonald’s o Kentucky Fried Chicken. Non ho mai smesso, amo ancora la mia roba bollita, i fagioli e cose del genere. Raccontavo questa storia ai miei figli e ai nipoti, la scorsa settimana: tutto questo non è niente di nuovo per me. Quando hanno detto che stavamo per finire la carne, ho pensato che quando ero piccolo non avevamo il frigorifero, quindi nessuno si sognava di mangiare una bella bistecca. Avevamo il pollo, e una volta l’anno uccidevamo il maiale, di solito per Natale. È un flashback. Prendi un pezzo di maiale salato e lo metti in una ciotola di fagioli: per me era così tutto l’anno.

Non vai a fare la spesa?
Certo, metto la mascherina e cerco di seguire le regole. Ma chissà cosa succederà. Quand’ero ragazzino, mia madre diceva: puoi morire di pertosse o morbillo, ma se non vai a comprare da mangiare morirai di fame. Insomma, che diavolo dovrei fare? Chiudermi in casa e morire? Meglio prendermi dei rischi e andare a fare la spesa, prendere un sacco di farina e fare il pane o qualcosa del genere.

Questa è probabilmente la pausa più lunga della tua carriera…
Direi di sì. Anche prima che iniziassi a guadagnare con la musica, guidavo un camion. Non sono mai stato così tanto a casa negli ultimi 50 anni, forse qualcosa in più.

Hai suonato l’ultimo concerto in California il 12 marzo. Com’era l’atmosfera?
Era tutto a posto. Ad essere sincero, non sono rimasti tanti bluesman in giro. È un fatto. Non siamo in tanti, noi che siamo venuti fuori con Muddy e B.B. Sono morti, amico, e io potrei essere uno degli ultimi rimasti, il che mi aiuta ad avere un certo numero di persone nel pubblico, gente che pensa: forse farei meglio a vederlo, potrebbe essere l’ultima volta. Perché sai, compirò 84 anni. Ma starò sul palco finché riuscirò a suonare, e non ingannerò la gente, finché potrò dare il 100%. Ma non so quanto tempo ci vorrà prima che si possa fare…

Prima del virus, perché passavi tanto tempo in tour? 

La gente ce l’ha col mondo, ma quando suono la mia musica mi sembra che sorridano tutti. Mi dico: «Non so se stavi sorridendo prima che suonassi quella nota, ma forse sono riuscito a farti dimenticare la rabbia». La gente che pensa bene di te e viene a supportarti merita un po’ di gioia.

Hai quasi 84 anni. Ti capita di pensare: non vedo l’ora che tornino i concerti, perché voglio suonare più a lungo possibile?
Certo, ero così anche prima del virus. Ogni volta che mi invitano in un posto, mi ci vado. In tutta la vita ho mancato solo un concerto. Ero a Tokyo ed ero malato, e il dottore mi ha detto di non suonare. Appena sono guarito ho fatto il concerto, ma quella è l’unica volta che ho mancato una data.

Come ho detto prima, ho dedicato la vita a questo lavoro. Non sono rimasti tanti bluesman. Anche le stazioni radio non suonano più la nostra musica, succede solo sul satellite. Spero che inventino il vaccino, così posso tornare in tour per dire alla gente che sono qui, sto bene e tengo in vita il blues. Una volta, mentre ascoltavo la radio satellitare, ho sentito una vecchia pubblicità che B.B. King ha fatto prima di morire. Diceva: «Sto solo cercando di tenere vivo il blues».

Come stanno andando le cose al Legends? Molti proprietari di club sono comprensibilmente terrorizzati…
Beh, siamo chiusi. I miei figli si occupano del locale. Negli ultimi giorni ho sentito dire che potrebbero riaprire per 50 persone. Ma non si può fare, il mio club ne contiene 500. Ma ho detto che se quelle 50 persone ci aiutano a mantenere il nostro lavoro, allora apriamo. Seguo le regole. Non voglio dire che riapriremo sicuramente, ma che sto ascoltando gli esperti. Grazie a dio ho risparmiato qualcosa. Quando ero piccolo non avevamo i termosifoni, ci scaldavamo col fuoco, e mia madre mi diceva sempre: «Conserva il legno secco per le giornate piovose». È esattamente quello che sta succedendo. Ho detto ai miei figli: «Ho un po’ di soldi da parte, possiamo resistere per un po’ e vedere come si evolveranno le cose». Credo che molti non riusciranno a riaprire i club, ce la farà solo chi avrà conservato il legno secco.

Ho letto che il club è stato danneggiato durante le proteste contro la violenza della polizia…
Sì, hanno sfasciato qualche finestra, ma non hanno rubato nulla. C’era un sacco di vetro in giro, e finalmente hanno barricato tutto. Sono i miei figli che mi raccontano cosa succede. Mi hanno detto: papà, il tuo club ha retto meglio di tutti gli altri. Hanno un locale che si chiama South Loop Club, e dicono che è stato davvero distrutto. Non so perché al mio sia andata meglio.

Cosa hai pensato mentre vedevi che le proteste si allargavano a tutto il mondo?
Beh, sai, ero qui negli anni ’60, con Martin Luther King. Avevamo bisogno di manifestazioni pacifiche, non di distruzione. Qualcuno se n’è approfittato. È una cosa che non capisco, sopratutto se succede nel tuo quartiere. Ma chi manifesta pacificamente sta lottando per i diritti civili, cose che dovremmo già avere e per cui non dovremmo manifestare. Se la sono presa con le statue degli schiavisti, ma non vedo Geronimo. Quando Colombo ha scoperto l’America, ha ucciso un sacco di indiani, ma non c’è nessuna statua di Geronimo. Dovrebbero scolpirla, perché ha combattuto fino alla fine. Ricordo tutte queste cose. Quando andavo a scuola, in Louisiana, un insegnante voleva sculacciarmi perché avevo detto: «Ehi, se Colombo ha scoperto l’America, perché ha ucciso tutti gli indiani che erano qui? Non vuoi dirmi come sono arrivati qui?». Nessuno ha mai risposto.

Sei in giro da parecchio e hai visto di tutto. Come giudichi questo momento? Le cose stanno migliorando? 

Avremmo dovuto vedere la luce in fondo al tunnel, ma molte cose non sono cambiate. Hanno messo la polvere sotto il tappeto, e insomma… tutti sanno cosa succede. Questa cosa è esplosa dopo che quel gentiluomo [George Floyd] è morto soffocato, ma c’è tanta gente come lui, tante storie nascoste perché non avevamo diritti. Ora la situazione è esplosa e tutto il mondo ha visto: questo potrebbe aiutarci a conquistare qualcosa che prima non avevamo.

Grazie, Buddy, spero che tu possa tornare presto in tour. 

Sì, non so che altro fare. Non posso certo cercare un posto da autista, perché mi prenderebbero per un pazzo ottantenne. Ho dedicato la mia vita alla musica e sono in debito con chi mi ha supportato per tutto questo tempo, quindi terrò in mano la chitarra finché qualcuno non mi dirà di smettere.

Suoni mai a casa?
Non tocco lo strumento dalla data cancellata in Arizona, un paio di mesi fa. Ho imparato a suonare ascoltando dischi, e ora mi dedico a questo. Metto il canale musicale sulla TV, così posso rivedere un po’ di vecchi amici. Ieri ho visto John Lee Hooker. Ci sono tutti i musicisti che ascoltavo quando avevo 16 o 17 anni, quando rubavo loro le idee. Ai giovani dico sempre una cosa: suonare la chitarra è come perdere qualche centesimo e mentre cerchi quelle monetine all’improvviso trovi un dollaro. È così che vedo le cose. Cercavo di suonare come B.B. King, non ci riuscivo, ma trovavo sempre qualcos’altro.

C’è altro che vorresti dire ai tuoi fan?
Sai, negli anni ’60 Sam and Dave hanno fatto un disco in cui dicevano: «Resisti, sto arrivando». Quindi, a te e a tutti quelli che sono là fuori vorrei dire la stessa cosa: resistete, ne usciremo, che dio benedica tutti. Per fortuna alcuni di noi sono ancora vivi, speriamo che tutto torni presto alla normalità.

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