Bastille: «Il pop e Billie Eilish sono il nostro rimedio all’ansia» | Rolling Stone Italia
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Bastille: «Il pop e Billie Eilish sono il nostro rimedio all’ansia»

La depressione e la sindrome bipolare raccontate attraverso la gioia della musica, le ambientazioni notturne del nuovo album, Theresa May che diventa una drag queen e la grande passione per la nuova stella dello show biz americano. Un pomeriggio insieme alla band britannica a poche ore dal loro concerto italiano

Bastille: «Il pop e Billie Eilish sono il nostro rimedio all’ansia»

Foto di Kevin Winter/Getty Images for KROQ/Entercom

Milano, 3 luglio 2019, ore 20.00 circa: il tram 27, l’unico che porta al Fabrique, è interrotto da ore per un incidente sulle rotaie con conseguente ingorgo stradale di dimensioni mostruose e, dopo giornate di siccità torrida e implacabile, all’improvviso la città è letteralmente inondata da un muro di acqua gelida e grandine degno di un film apocalittico sui cambiamenti climatici. Nulla di tutto questo, però, sembra fermare o anche solo minimamente turbare i fan dei Bastille, felici di essere in coda sotto il diluvio per godersi il concerto della loro band preferita. Cosa non si fa per un momento di evasione? Non proprio, in realtà, perché dietro l’apparenza delle sonorità allegre di Doom Days, il loro ultimo lavoro, si nasconde un messaggio ben più carico di significato, tutto fuorché spensierato. Si tratta infatti di un concept album sui problemi che affliggono l’umanità e potenzialmente potrebbero portarla alla distruzione, e sull’importanza di rimanere uniti e non perdere la gioia di fronte ad essi. L’intera tracklist è ambientata in un’unica notte di festa, e ogni canzone rappresenta una specifica porzione della nottata. Insomma, un progetto ben più ambizioso di quanto molti si aspetterebbero da una band famosa per i suoi singoli radiofonici e deliziosamente orecchiabili, scherzano Dan Smith e Kyle Simmons, rispettivamente cantante/songwriter e tastierista del gruppo inglese.

Appunto: perché parlare di tematiche così pesanti accompagnandole con un sound così gioioso e festaiolo? È un contrasto molto forte…
Dan: Era un modo per affrontare le nostre ansie: abbiamo cercato di unire un pessimismo di fondo a un ottimismo di superficie, ci interessava esplorare la sottile linea che separa l’euforia dalla disperazione. Un po’ come sui social, in cui fingi di avere una vita perfetta anche se in realtà non ce l’hai per niente. Adoriamo la musica pop, e quindi volevamo fare un disco energico, allegro, pieno di brio. Però allo stesso tempo sentivamo l’esigenza di parlare di altri argomenti, di preoccupazioni che tutti noi sperimentiamo.

L’ambientazione notturna, invece, da dove arriva?
Dan La notte è un mondo a sé, davvero interessante. È popolata da gente che fa molte cose diverse: chi festeggia, chi lavora, chi vuole trasgredire, chi semplicemente non riesce a dormire… Era un buon modo per affrontare problemi enormi usando metafore più piccole e quotidiane, in cui tutti possono riconoscersi. Quando parlo di una telefonata ricevuta nel cuore della notte, in realtà sto parlando dell’importanza di rimanere in contatto con le persone a te più care; quando parlo dei gossip a una festa, mi sto riferendo alle fake news, e via dicendo. E poi, era anche un buon espediente per adottare un sound rilassato e ballabile.

Nella title track dite “We’ll stay offline so no one gets hurt” (Resteremo offline così nessuno si farà del male, ndr). Qual è il vostro rapporto con i social media?
Kyle Ultimamente tutti ne parlano in modo molto negativo ma, come per ogni cosa, sono solo un mezzo che può essere usato anche per una buona causa. Quando sono nati, erano un modo per informarti e ritrovare persone che non vedevi e sentivi da anni; oggi hanno ancora quello scopo, in teoria, ma è la gente che li usa per fare qualcosa di completamente diverso, come mettersi in mostra, diffondere odio, influenzare le elezioni. Personalmente mi fa ancora piacere essere sui social, perché mi avvicinano a persone che altrimenti non avrei mai la possibilità di conoscere meglio, come i fan dei Bastille. Basta usarli nel modo giusto.
Dan Sono d’accordo: possono aiutarti a entrare in contatto con altre persone o possono isolarti totalmente, a seconda dell’uso che ne fai. Fino a pochi anni fa nessuno avrebbe immaginato la portata che avrebbero raggiunto, l’anonimato da una parte è liberatorio e dall’altra apre le porte alla parte peggiore di noi. Io gestisco gli account della band, quindi li vivo molto attraverso il filtro della nostra musica, ma hanno anche una valenza più privata: essendo sempre in tour, è un modo per sentirsi connessi con ciò che succede a casa, per sentirsi partecipi anche quando sei lontano.

Tra l’altro avete anche lanciato un sito Internet, The Doom Days Society, come piattaforma per veicolare i messaggi del disco…
Dan Volevamo creare un ambiente positivo, in cui ripartire da zero, senza che – come succede con i social – qualcuno avesse già trovato il modo di distorcerlo per scopi negativi. Era un modo per incoraggiare la conversazione sugli argomenti di cui parliamo nell’album. Oggi come oggi, quando si ha un’opinione, sembra impossibile confrontarsi con qualcuno che la pensa in maniera diversa: se tu hai votato per la Brexit e io no, non abbiamo nulla da dirci e anzi ti odio. Noi invece, siamo per un sano dibattito e l’idea era di creare uno spazio dove fosse possibile parlare in maniera costruttiva.

A proposito di Brexit, nel 2018 avete reclutato un’imitatrice di Theresa May per i visual di Fake It; un gesto forte, considerato che la canzone parla del tormentato rapporto con una donna difficile…
Kyle Esatto, più precisamente era una drag queen vestita da Theresa May, che quando cantavamo Fake it sul palco mimava il testo della canzone dietro di noi.
Dan Per noi è importante prendere posizione. Quel gesto può essere considerato satira o parodia, ma siamo una band inglese che suona in festival in tutta Europa, e non ci siamo mai tirati indietro quando ci hanno chiesto la nostra opinione sulla Brexit. La situazione politica in Gran Bretagna in questo momento è un gran casino, è come guardare un incidente d’auto al rallentatore. Il paese è guidato da anni da un partito politico in preda ai suoi psicodrammi, e in quel momento ci sembrava la cosa giusta da fare: oltre ad essere divertente, era anche un modo per esprimerci sulla questione. Certo, magari la gente viene a un festival proprio per distrarsi e non pensare alla politica, quindi forse non è il massimo… (ride)

Pensate che gli artisti pop dovrebbero assumersi più responsabilità nell’educare e informare i fan sui problemi del mondo?
Kyle C’è una linea sottile tra educazione e intrattenimento: alcune band pensano solo al messaggio, e noi non vogliamo essere quel tipo di band. La musica dovrebbe essere un’occasione di evasione, gioia, unità, un modo per non pensare a tutte le stronzate della giornata. Allo stesso tempo, per un musicista dovrebbe essere importante parlare di ciò che succede nel mondo e non essere imbarazzato all’idea di esternare le proprie opinioni.
Dan Penso che il pubblico, oggi più che mai, voglia ascoltare una voce onesta nelle canzoni. Qualcuno come Billie Eilish, ad esempio: al momento è una superstar, e la gente può percepire l’onestà, la disaffezione e la genialità dei suoi testi.

Deve piacervi molto: avete anche fatto una cover di Bad Guy, di recente…
Dan Sì, è un’artista straordinaria, unica, ammaliante. Siamo suoi grandi fan, e con quella cover volevamo divertirci un po’.

Di tutte le problematiche possibili esplorate in Doom Days, qual è la vostra più grande preoccupazione per il futuro, al momento?
Kyle Oddio, questa sì che è una domanda difficile! Penso che i drammi del mondo siano legati insieme da un’unica sensazione di ansia generalizzata. Quando scorri Twitter e le brutte notizie arrivano a cascata, hai l’impressione che siano tutte parte dello stesso giga-problema.

Guardando l’altro lato della medaglia, invece: qual è il problema che secondo voi abbiamo finalmente cominciato ad affrontare nel modo giusto?
Dan Forse siamo diventati più comprensivi in materia di salute mentale. In Inghilterra ormai è normale parlare in maniera aperta e tranquilla di ansia, depressione, sindrome bipolare… C’è ancora molta strada da fare su tanti altri argomenti – parità salariale tra uomini e donne, uguaglianza, problematiche di genere e di sessualità – ma almeno da questo punto di vista abbiamo fatto un passo avanti.

Per chiudere con una nota più lieve: le vostre canzoni sono tra le più gettonate per le colonne sonore delle serie tv. Oltre a suonarci dentro, le guardate anche?
Kyle Certo! Durante gli spostamenti tra una data e l’altra siamo sempre attaccati allo schermo. E ci facciamo consigliare sempre le serie imperdibili da tutti i nostri amici. Al momento sto finendo la seconda stagione di Happy, mentre sono rimasto un po’ deluso da Good Omens: l’ho trovata un po’ infantile, speravo in qualcosa di più simile ad American Gods.
Dan Io invece sto guardando What we do in the shadows, che è una sit-com inglese super divertente: è ispirata a un film neozelandese ed è una specie di mockumentary sui vampiri. E adoro anche Game of Thrones, Love, Death & Robots e Killing Eve.
Kyle Non me ne parlare, con Killing Eve sono fermo alla prima stagione: ho iniziato a guardarla con la mia ragazza e ora non posso andare avanti da solo, se no si offende. Devo aspettare che finisca il tour per poterlo ricominciare insieme a lei.
Dan Al di là di questi problemi logistici, comunque, trovo che sia un momento fantastico per essere una band perennemente in tour: grazie allo streaming, abbiamo trovato un ottimo modo per unire l’utile al dilettevole durante i viaggi! (ride)

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