Baby K non è più la regina delle hit estive (e le va bene così) | Rolling Stone Italia
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Baby K non è più la regina delle hit estive (e le va bene così)

La resa modesta in classifica di 'Bolero' con Mika non la preoccupa. Anzi, vuole togliersi di dosso la pressione di fare hit multiplatino. È orgogliosa del percorso fatto «senza scorciatoie» e pensa al singolo 'Easy', al tour che sta per partire, al «next level» che vuole sbloccare

Baby K non è più la regina delle hit estive (e le va bene così)

Baby K

Foto: Narente

Conosciamo poco Baby K. O meglio, la conosciamo perché per quasi tutte le ultime estati è stata onnipresente in radio con i suoi tormentoni da ombrellone, da Roma-Bangkok a Da zero a cento fino a Playa e Non mi basta più. Insomma, insieme al gelato e alla granita ci stava pure lei, fissa nelle posizioni alte delle classifiche estive. L’unica volta in cui non c’era è l’estate appena trascorsa. La sua Bolero, nonostante il feat con Mika, non è riuscita a sfondare e si è fermata alla posizione numero 47 dei singoli più venduti/ascoltati.

Resta il fatto che il mondo attorno a Claudia Judith Nahum (questo il suo vero nome) sarebbe da approfondire un po’: dietro all’immagine della ragazza con grinta da vendere c’è un’artista che ha dovuto farsi spazio, senza mollare un secondo, in un mondo come quello del rap (quasi totalmente) maschile. Da allora non ha mollato nemmeno per un attimo, si è buttata sulle hit dal sapore squisitamente reggaeton ed è diventata la regina dell’estate. Una definizione che non ama particolarmente, perché Baby K vuole andare oltre. E di carne al fuoco ne metterà parecchia anche se, in questo momento, è tutta in frigorifero pronta a essere usata per il banchetto della discografia.

Non è facile intervistare la (ex) rapper nata a Singapore: gioca in difesa, scuce pochissime cose sul privato. È come se fosse stata scottata per qualcosa, come se non si fidasse pienamente. Mentre si prepara alle quattro date del Donna sulla Luna Tour (il 4 novembre all’Orion di Ciampino, il 5 al Viper di Firenze, il 17 ai Magazzini Generali di Milano e il 18 all’Hall di Padova), ha lanciato Easy, nuovo singolo in cui non ci sono feat, ma solo lei. Non possiamo che iniziare da qui.

Parliamo di Easy.
Sono io dopo le collaborazioni con cantanti internazionali. Ne sono molto innamorata perché è fresca, nuova e riprende qualcosa del pop di fine anni ’90 inizio anni 2000, ma in modo contemporaneo. Una nuova chiave per il mio percorso musicale.

Prima di Easy, però, c’è stata Bolero, che, nonostante la collaborazione con Mika, si è fermata alla posizione numero 47 della classifica dei singoli.
Bolero è stata certificata oro e rappresenta un traguardo importante. Anche se forse ho abituato male l’ascoltatore. Oppure ci siamo abituati male a vicenda perché i miei successi di solito fanno dei numeri altissimi. In realtà ci sono brani che rappresentano qualcosa di più importante. È il caso di Bolero, che era un azzardo.

Come mai?
Perché non ho voluto usare le dinamiche tipiche dei tormentoni estivi, non amo ripetermi. Questa canzone rappresenta il tassello di un’evoluzione artistica in corso dove voglio far vedere nuove sfumature della mia musica. In una carriera artistica è importante evolversi, saper fare qualcosa di diverso, mostrarsi sotto un’altra luce. Bolero è stata, quindi, una scommessa vinta, vista la certificazione, e ne sono felicissima. Anche Easy fa parte di questa trasformazione.

E da cosa nasce Easy?
Da una riflessione su quello che ci insegnano sull’amore.

Ossia?
Forse bisognerebbe insegnare che l’amore è un sentimento che deve venire naturale, un po’ come succede in un’amicizia importante o tra un genitore e un figlio. Easy è una riflessione sul fatto che il vero amore porta con sé solo cose positive. Se ci fa soffrire così tanto, forse non è vero amore.

E tu cosa pensi dell’amore?
Oggi si ha un po’ paura di amare, per paura del dolore. La canzone, invece, dice che dopo una serie di preoccupazioni iniziali e paranoie a volte è meglio lasciarsi andare e buttarsi. Anche il video rappresenterà questa sensazione del “lasciarsi cadere” nell’amore, perché è ora di rivedere un po’ quello che ci insegnano su questo sentimento.

Sei considerata la regina delle hit estive. Non ti sei ancora stancata di questa definizione?
Mmm, a mio avviso è molto strano come, sostanzialmente, un’artista che sia stata capace di lanciare e ottenere dei successi si debba ritrovare a essere identificata addirittura in una stagione. Lo trovo un meccanismo poco naturale, come se da una cosa positiva si debba ricavare qualcosa di negativo. Sono una ragazza che ha fatto un percorso self made dalla cameretta e riesce a esserci dopo tanti anni, in un periodo in cui la musica viene consumata in fretta e risputata altrettanto velocemente. E poi con le mie hit estive si è addirittura aperto un mercato per altri artisti, qualcosa che prima non c’era.

In che senso?
È nato quello che noi non consideravamo: un mercato estivo.

Be’, no, il mercato estivo c’è sempre stato.
Eh, però se pensi al periodo dopo Paola & Chiara e La canzone del capitano

Diciamo che il tormentone in senso stretto si era un po’ perso dopo Aserejé delle Las Ketchup…
La musica aveva meno questa distinzione di stagionalità, e poi è subentrato il trend mondiale del reggaeton che la mia Roma-Bangkok, forse, ha portato in Italia fino al punto che i giornalisti hanno iniziato a dire “Basta con questo reggaeton”. Da Roma-Bangkok è nata un’ondata di sonorità che ha fatto bene e ha divertito un po’ tutti.

Quindi pensi di aver riportato in auge il tormentone estivo?
Questo devi dirmelo tu.

È innegabile che tu abbia fatto hit che hanno avuto successo in estate.
Sì, sicuramente quelle sonorità mi stavano bene addosso.

Mai pensato di dire stop ai tormentoni estivi, per uscire in un altro periodo?
Sarebbe interessante, se non altro per preoccuparmi meno di performare a livelli incredibili, togliermi la pressione di dosso, non pensare ai numeri, uscire più spesso e vedere altri miei lati canori e stilistici, farmi conoscere meglio.

Quindi niente singolo estivo?
Sarebbe bello uscire costantemente. Non farlo d’estate sembrerebbe un atto di ribellione, comunque quello che ho fatto è una cosa bella, non c’è nulla di negativo. Stiamo parlando di cose positive, di musica che rende felici. Mi sembrerebbe di fare un torto a qualcuno. Vorrei uscire più spesso, senza il peso di fare una hit multiplatino, abbandonando le autocensure.

Con Mika. Foto press

È vero che, qualche anno fa, partecipasti come ospite al Grande Fratello perché venivi percepita come non reale, un po’ come la cantante giapponese Kyoko?
È la cosa più bella che abbia mai sentito (ride). No, assolutamente. Mi fa molto ridere, è un aspetto che mi affascina, ma non era questo il motivo dell’ospitata al reality show.

E qual era?
Una cosa simpatica da fare perché ero in promo col disco e al contempo si voleva alleggerire la situazione della casa: c’erano un po’ di tensioni. Un momento di svago, ecco.

Hai visto quello che sta succedendo nella casa del GF Vip con l’affaire Marco Bellavia?
Ho seguito i post, non ho visto le puntate. Ho letto le conclusioni, dopo le vicende di poca sensibilità nei confronti del concorrente in stato di depressione e sconforto. Nessuno gli ha dato una mano. In qualche maniera, però, la questione ha fatto reagire il pubblico e mi fa piacere siano stati ripudiati i concorrenti con poca umanità. Fuori dalla casa non è diverso: nella società di oggi, quando non si capisce l’altro, si tende a estraniarlo. Nel 2022 abbiamo gli strumenti per capire cos’è l’empatia. Non è possibile che una persona venga emarginata così. La depressione è ancora stigmatizzata. E anche se dopo il Covid c’è più attenzione su questo argomento, in Italia si parla ancora poco di salute mentale. Tutto quello che si può fare per approfondire l’argomento è utile. Il tasso di suicidio, negli Stati Uniti, per esempio, è un topic realmente caldo e concreto.

Ti sei mai sentita emarginata nel mondo della musica?
Ci devo pensare e, se mi tocca pensarci, credo la risposta sia no. Intorno a me sento stima, anche da parte di chi fa musica molto diversa. Gli artisti riconoscono, anche se non amano la mia musica, l’impegno e la fatica. Ho dovuto sfondare tanti muri, per quanto questa cosa non si percepisca dall’esterno. Ho fatto un percorso sano, di gavetta e lavoro per andare oltre, superando paletti e cliché anche difficili.

Tipo?
Ancora li sto affrontando.

Ok, ma quali sono?
Era difficile pensare che una ragazza che faceva il rap potesse essere credibile. Mi sono fatta le ossa senza scorciatoie o raccomandazioni. Ed è facile prendere di mira una giovane di fronte a un pubblico di ragazzini che si divertono a lanciare insulti perché non ho il pene, ma la vagina. C’è stato sessismo in questo senso.

Che ti dicevano?
Ai tempi di Killer, che il mio successo era dovuto a Tiziano (Ferro, nda), poi che avevo bisogno di featuring per andare avanti ed essere passata in radio. Il mio successo l’ho dovuto guadagnare, non è stato facilissimo. Per questo non dormo mai sugli allori.

Quale pensi possa essere il prossimo muro da abbattere?
Si fa fatica a pensare che possa fare altro oltre ai tormentoni, non si pensa che coordino e ho le redini di tutto, scrivo brani e le melodie spesso sono mie. È un costante lavoro di creatività e scrittura, nessuno mi dice cosa fare. Ci sono tante dimensioni.

Foto: Narente

Nei video sei molto sensuale, questo tuo lato sexy è mai stato o pensi possa essere un’arma a doppio taglio?
Io non ho mai messo la sessualità nei miei video, ma ho messo sempre lo stile, almeno fino a Playa. Anche i colleghi rapper mi dicevano: “Non ti fai mai vedere, ma sfruttala un po’ una coscia”. Vorrei essere la cosa più stilosa d’Italia, non la più sexy, non è la mia gara e non voglio rappresentare questo con la mia musica. Poi, col passare degli anni, mi sono sentita più a mio agio a mostrare alcune parti di me, ma sexy non significa sessualizzare, è una cosa personale. Per vendere musica, te lo posso garantire, non conta quanto sei sexy, ci vogliono pezzi forti e un pubblico che ti comprenda e sia interessato a te. Quante cantanti sexy abbiamo visto, ma poi non è bastato? Questo è un discorso di chi è malizioso e vuole trovare per forza del negativo.

Sei anche un’icona gay.
Adoro. Ed è una cosa che volevo. Mi sento molto vicina alla comunità LGBTQ+, ma questi sono altri discorsi per altri giorni.

No, no, altro che per altri giorni… spiega un po’.
Il mio esordio è legato al panorama italiano, dove la donna aveva l’aria della ragazza della porta accanto. Immagine che non mi appartiene perché i miei riferimenti erano popstar internazionali con il loro carico di eccesso e show. Anche nel rap non si apre la porta piano piano, ma la si deve sfondare. Mi ritrovavo coi miei amici gay a seguire un determinato tipo di pop culture, avevamo gli stessi gusti, mi capivano.

La delusione lavorativa più grande?
Me la sono data io quando – da ingenua rapper con un’attitudine troppo funk per il livello in cui ero – sono andata in tv non sapendo che si lavorava con gli in-ear monitor. Le persone presenti mi dissero che l’esibizione era andata bene, ma sono finita in trending topic su Twitter per quanto avevo cantato male. Quello che si vedeva fuori non era quello che si percepiva sul palco. Non ho fatto una bella figura. Avevo appena firmato con una major, venivo dalla strada, dall’underground, non ero preparata e non mi avevano consigliato bene. Mi sono fatta male da sola, non me lo meritavo.

Che trasmissione era?
Preferisco non dirlo.

Parliamo allora del Donna sulla Luna Tour. Come sarà?
Il lavoro e l’impegno è tanto e ho una squadra bella carica. Vogliamo portare delle sorprese, non ci sarà nulla di scontato, ma ci saranno cose fuori dagli schemi, vedo il mio mondo un po’ così.

Che intendi?
Eh… non posso dirlo.

Su, dài, non fare la misteriosa…
Si va oltre la musica, ecco. Vorrei creare un’esperienza.

La differenza con gli altri live?
Porta un messaggio diverso visto che non c’è mai stata una donna sulla Luna: lavorare a testa bassa fino a raggiungere un obiettivo enorme che non sapevi potesse arrivare. Sarà più intimo e sensoriale con molta, molta più musica.

Chiara Ferragni, con la quale hai duettato sulle note di Non mi basta più, condurrà Sanremo. Ci vai pure tu?
(Ride) Non mi sono mai candidata per il Festival. Ho sempre pensato non avessi affinità, credevo di non essere capita e percepita come volevo. Non sentivo legami tra il mondo della tradizione italiana e la mia musica. Da qualche anno, però, Sanremo ha imboccato una strada diversa, partecipano i giovani e i brani sono più variegati e contemporanei. Adesso potrei iniziare a flirtare con l’idea di propormi, ma ancora nulla di concreto. Il pensiero mi è entrato in testa, ma non mi sono ancora convinta.

Ti hanno proposto, invece, di partecipare con chiamata diretta?
È l’etichetta che viene da te a chiederti che fare. Io non ho il numero di Amadeus, ma saranno in molti a voler partecipare adesso. Comunque non mi è arrivata nessuna chiamata. È più difficile ti chiami il direttore artistico se non sei uno dei top della musica.

Tra i top della musica chi ascolti?
Cesare Cremonini moltissimo. Poi Blanco, Lazza. E i Boomdabash perché sono molto legata alla Giamaica e alla dancehall. Per il mio lavoro ascolto tutti anche solo per curiosità. Vedo che, nel mondo, le cose stanno cambiando. Di solito ci sono tendenze cicliche: dopo uno stallo salta fuori una nuova wave artistica che ripesca dal passato o dall’elettronica.

Feat dei sogni?
Visto che mi hai detto un sogno ti dico la cosa più inarrivabile: Madonna.

Come ti definiresti?
Sono domande da fare agli altri. Se ne parlo io rischio di essere poco obiettiva ed esprimere una cifra di me stessa che non corrisponde a quello che vedono gli altri.

Questa è una risposta un po’ paracula, eh. Dimmi chi sei oggi.
Sono una Baby K più consapevole su cosa tocca lavorare. E sono pronta nella maniera più umile a migliorare e perfezionare. Il vero problema è quando non c’è più nulla da imparare. Sono equilibrata, ma mi manca farmi conoscere come Claudia, come persona. Sono felice e pronta ad affrontare i next levels che ho in canna.

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