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Avete presente la violoncellista di ‘In Utero’ dei Nirvana?

Kera Schaley ha suonato in ‘All Apologies’, ‘Dumb’, ‘Marigold’. Ha portato a casa 275 dollari e un po’ di ricordi, non sempre piacevoli (vedi alla voce Courtney Love). Per la prima volta racconta la sua storia

Foto: da Rolling Stone US, per gentile concessione di Kera Schaley

Impiegata presso una banca di credito cooperativo, Kera Schaley conduce nel Wisconsin una vita felice e ordinaria. Trent’anni fa, quand’era una studentessa universitaria ventitreenne, ha suonato alcune parti di violoncello indimenticabili nell’album dei Nirvana In Utero. Da allora, non ha più avuto contatti con la band. Schaley ha raccontato per la prima volta la sua storia nel nuovo episodio del podcast Rolling Stone Music Now. Ecco le parti salienti dell’intervista.

Come sei finita a suonare nell’album?
Ero la ragazza di Steve Albini (il produttore del disco, ndr). Kurt gli ha detto che voleva un violoncello nel disco, lui gli ha detto che una sua amica lo suonava. «Ti va di volare fin qui?», mi ha chiesto Steve. Ho accettato.

Da come la racconti, pur sapendo perfettamente chi erano i Nirvana, non eri più di tanto impressionata, no?
È curiosa questa cosa, ho incontrato molte persone famose e per qualche motivo la cosa non mi tange proprio. Però da bambina ho visto in un museo il signore che faceva le previsioni del tempo, l’ho riconosciuto dal papillon e ho avuto un colpo al cuore (ride).

Facevi parte di qualche band quando ti hanno chiamata per In Utero?
Ero in un gruppo di Chicago che si chiamava Doubt. Sono stati i primi a chiedermi di entrare in una band, ero entusiasta perché avevo appena 19 anni all’epoca, dovevano farmi entrare di nascosto nei club.

Cosa ricordi delle session coi Nirvana?
Sono stata lì due giorni appena. In studio c’eravamo solo io, Kurt e Steve. Io e Steve siamo arrivati per primi e mi ha fatto sentire le canzoni. A quel punto ho ideato delle parti da aggiungere, una cosa che riuscivo a fare piuttosto velocemente. Ho mostrato a Kurt quel che mi era venuto in mente per Dumb e lui mi ha detto: «Sì, ok, puoi replicare anche la linea di chitarra che suono io?». Non ricordo se ho accordato il violoncello mezzo tono sotto oppure no, ma Kurt ha detto: «Tutte le canzoni rock sono in Mi, noi ci accordiamo di mezzo tono più in basso per farle suonare un po’ diversamente». Ero abituata a lavorare con gente squattrinata che doveva per forza registrare molto in fretta, per cui mi era rimasta quella mentalità. Mi ci sono volute circa tre take per incidere le mie parti. Alla fine ho pure detto a Kurt che mi dispiaceva averci messo tanto. Lui rideva.

Non tutti i violoncellisti che sanno leggere la musica sono in grado di lavorare come un chitarrista o un bassista in una rock band e inventarsi delle parti sul momento. Come hai imparato a farlo?
È una cosa che so fare. Ho iniziato a suonare alle elementari, ma ho smesso in terza media e poi, come tutti gli adolescenti, sono diventata piuttosto lunatica. Mia madre mi aveva comprato un violoncello e quando ero particolarmente nervosa lo prendevo e ci pasticciavo un po’. In pratica, tecnicamente, ho imparato a suonare così, a orecchio.

Sei stata una delle prime persone ad ascoltare All Apologies e Dumb. Avevi qualche opinione sui brani o eri solo concentrata sulle parti che dovevi suonare?
Dopo aver sentito Dumb ho detto a Kurt: «Questa è davvero bella». Credo che la cosa l’abbia divertito, mi ha ringraziato.

E All Apologies?
Steve cercava di convincere Kurt a non metterci il violoncello… buffo, no? Insisteva nel dirgli che non doveva mettercelo. A quel punto forse sono stata un po’ sfacciata e gli ho detto: «Il bello delle incisioni multitraccia è che io posso registrarlo e tu puoi toglierlo». Alla fine l’abbiamo avuta vinta Kurt e io. Quella sì che è stata un’improvvisazione. Penso di avere sentito la canzone una volta sola, mi sono venute subito delle idee e ho iniziato a suonare. Credo anche che abbiano tenuto la parte di jam in cui io improvviso seguendo la musica. A Kurt piaceva il suono profondo e lamentoso delle note basse, mi ha detto: «Suona così, vai avanti per un bel po’». L’ho fatto e poi ho anche inserito delle parti noise. Mi piace fare rumore con il violoncello: se notate dei suoni alti e stridenti, alla fine del pezzo, sono io.

Ti si sente nel canale sinistro per tutta la durata del brano. Credo che tu stessi improvvisando.
Credo di non avere suonato la canzone più di tre volte. Ora mi sento in colpa, perché penso che avrei dovuto prendermi più tempo e cercare di suonare un po’ meglio, la mia parte è piuttosto grezza.

Hai contribuito anche a un’altra canzone, Marigold, che ha un certo significato storico essendo un pezzo di Dave Grohl uscito come lato B di un singolo dei Nirvana.
Dave è arrivato in studio, voleva lavorare su Marigold. Siccome mi trovavo lì, mi hanno chiesto: «Vuoi metterci un po’ di violoncello?».

E da quel momento non si sono più fatti vivi: corretto?
L’unica cosa che ho sentito, ed è imbarazzante, è che Courtney Love mi ha insultato nel libro Come As You Are.

Sì, nel libro di Michael Azerrad Steve ha definito Courtney una «belva idrovora psicopatica» e lei ha risposto dicendo che «Steve Albini penserebbe che sono una fidanzata perfetta solo se venissi dalla East Coast, suonassi il violoncello, avessi piccoli orecchini rotondi, indossassi dolcevita neri, avessi tutte le valigie abbinate e non dicessi mai una parola». Stava cercando di descriverti?
Non fa il mio nome, ma butta lì dei riferimenti. Tutti i miei amici mi hanno mandato questa frase e ho pensato che fosse meschina per una che si definisce femminista. Così le ho spedito una lettera scherzosa, prendendola in giro, e lei una volta mi ha chiamato nel cuore della notte. Sinceramente ero mezza addormentata, ma il suo modo di scusarsi è stato: «Mi dispiace che tu abbia pensato che stessi parlando di te» (ride).

Domanda banale: sei stata pagata?
Questa è un’altra cosa curiosa. Ho ricevuto un assegno da 275 dollari per le mie due ore e mezzo in studio (ride). Da allora, ogni anno mi arrivano delle royalties. Mi pare provengano soprattutto dal Giappone e dall’Australia o qualcosa del genere.

Sono cifre piccole o hanno fatto la differenza, nella tua vita?
Hanno aiutato. Abbiamo ricevuto un bell’assegno appena prima del nostro matrimonio e mi sono detta: «Oh, Kurt Cobain sapeva che avevamo bisogno di soldi» (ride).

I Nirvana hanno portato in tour un’altra violoncellista. Ti è dispiaciuto?
Credo sia stato per via del mio legame con Steve. Dopo le registrazioni è successo qualcosa di strano fra loro e sono sicura che si sono detti: «Non vogliamo avere niente a che fare con lei» (ride). È un peccato, perché sono un’ottima performer. Mi piace molto suonare live e mi muovo parecchio: mi sarei divertita con loro. Ma va bene così. Non mi ha mica fatto arrabbiare questa cosa.

Hanno litigato perché Steve ha contribuito a diffondere la voce che l’etichetta dei Nirvana stesse cercando di intromettersi nella lavorazione dell’album. Ma non è giusto che, a causa di questo screzio, ti sia stata preclusa la possibilità di partecipare al tour e all’Unplugged dei Nirvana.
Sì, ma chissà, forse sarei stata troppo agitata e avrei rovinato tutto.

Sembri decisamente serena a proposito di tutta questa storia, è divertente.
Mio marito ne ride sempre: «Non la tange proprio, è tranquillissima». È un po’ come quando fai delle cose da giovane, poi invecchi e pensi: «Strano, l’ho fatto davvero?».

Hai continuato a fare musica, giusto?
Sì, avevo una band ad Athens, i Martyr & Pistol. Avevamo un giro di amici che gestivano dei bar, così ci andavamo, ci sistemavamo e facevamo in modo che la gente ci sentisse, senza dir loro che avrebbero dovuto ascoltarci (ride). Ora è da un po’ che non suono. Ho problemi alla schiena molto gravi.

Mi spiace.
Suonare era diventato problematico, ma probabilmente prima o poi tornerò a farlo. Non so.

Hai ancora il violoncello che hai usato nelle session di In Utero?
Una volta un amico di New York mi ha mandato una cartolina. Il testo finiva così: «Siate benedetti tu e il tuo violoncello di compensato». Ero stata io a scherzare dicendo a tutti che probabilmente il mio violoncello era fatto di compensato. È uno strumento per studenti che mia madre mi ha comprato in terza media. Mi sento in colpa, è chiuso in una custodia, in mansarda, da otto anni. E credo che siano almeno otto anni che non suono.

Fra 50 anni ci sarà ancora qualcuno che ti sentirà suonare in All Apologies.
Ehi, hai notato che tanti ragazzi hanno queste magliette dei Nirvana color pastello? Che vuol dire?

Sì, è pieno.
Perché io vado da loro e chiedo: «Ti piacciono i Nirvana?». La prima volta l’ho fatto con due ragazze che avranno avuto 13 anni. Erano imbarazzatissime e mi hanno risposto: «Non so di chi parli. Ho solo pensato che la maglietta fosse carina». L’ultima volta che l’ho chiesto a un ragazzo, invece, era un grande fan, mi ha fatto piacere.

Gli hai detto che hai suonato con loro?
Sì, e lui: «Che figata». Ma onestamente non sembrava granché colpito. Era più: «Ok, bello averti conisciuta, cool» (ride).

Da Rolling Stone US.

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