Arisa: «Voglio essere una Carrà 2.0» | Rolling Stone Italia
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Arisa: «Voglio essere una Carrà 2.0»

L'ammirazione per Raffaella «erotica e divertente», i problemi coi discografici, la tv «subdola», la telefonata a Rocco Siffredi, Damiano dei Måneskin: la cantante di 'Ero romantica' si racconta

Arisa: «Voglio essere una Carrà 2.0»

Arisa

Foto: Sara Purisiol

«Complimenti a me». Esordisce così Arisa per presentare Ero romantica, il nuovo album che mostra, nettamente, due anime: quella che vuole divertirsi e quella ancorata (seppur con un’evoluzione) ai sentimentalismi. Per questo, forse, il titolo del disco si sarebbe dovuto chiudere con un punto interrogativo. Non solo per il lato artistico, ma pure per quello umano. Perché Rosalba romantica, probabilmente, lo è ancora ed è uno dei personaggi televisivi più sinceri in circolazione. Quella nel piccolo schermo si discosta di pochissimo dall’immagine che mostra in questa chiacchierata. Non è una che vuole risultare simpatica a tutti i costi e, se qualcosa non le va a genio, lo dice senza mezzi termini. Dovremmo rivalutare questa ragazza, che sa aprirsi, donarsi, e fare scelte che potrebbero (apparentemente) sembrare illogiche, ma seguono un percorso preciso che la cantante dell’ormai celeberrima Sincerità ha ben impresso nella mente. Leggere per credere.

Quello che si evince da questo nuovo progetto è che non vuoi farti imbrigliare.
Ci sono delle cose da cui mi farei imbrigliare, come i sentimenti stabili. Però nel percorso della vita voglio conoscere tante cose, fare molte esperienze per evolvermi come essere umano. Non mi piace essere una cosa sola.

Effettivamente in Ero romantica c’è una parte dedicata alla nuova Arisa e un’altra a quella vecchia.
In realtà è nuova anche quella.

Spiega un po’…
Nel romanticismo c’è una sorta di accettazione e positività verso gli amori che nascono e finiscono. Mentre le canzoni interpretate nel passato, anche le più conosciute, sono quelle che hanno sofferto l’amore. Ero romantica si dispone sulla strada della speranza, della saggezza, dell’accoglienza. Sono molto contenta: è la mia prima produzione come discografica a tutti gli effetti. E devo dirti che potevamo fare meglio, ma quello che è stato fatto è davvero speciale.

Perché non sei più con una major?
Ho deciso di staccarmi perché è chiaro che ho problemi di comunicazione. Soprattutto nel far valere le mie idee.

In che senso?
Tra un’idea mia e quella di un altro scelgo sempre la seconda per fare piacere alla persona che l’ha proposta. Voglio che la gente abbia una grossa stima di sé stessa. E tento di valorizzare chi mi sta intorno.

E quindi?
Ogni volta avevo difficoltà a comunicare con la discografia in generale: mi trovavo sempre nella posizione in cui ci eravamo parlati, ma non avevamo capito niente. Oppure avevo la mia idea, poi arrivava quella di un altro e facevo un passo indietro. Ma si trattava, comunque, del mio progetto e non era ciò che desideravo. C’era un misto tra impotenza e insoddisfazione tra risultato finale e il rendermi conto che forse mi stavo lamentando un po’ troppo… la mia giornata era fatta di un po’ di vita e tanta lamentela.

Risultato?
Visto che non amo lamentarmi, ho pensato che potevo cercare di organizzare io la festa alla quale essere invitata. Come si dice? Se non ti invitano a una festa, allora fanne tu una ancora più grande.

E adesso?
Sono felice. Ho lavorato con persone a cui voglio bene, che stanno con me da tanti anni, con le quali condivido le idee. Spero potremmo fare ancora cose wow, che possano piacere alla gente. Sperimentare non vuole dire fare cose che alle persone non piacciono, magari ti seguono. Bisogna essere coraggiosi, avere fiducia nel fatto che valiamo qualcosa se facciamo questo lavoro: se l’universo ci ha scelto per questa professione possiamo permetterci di osare un po’ di più. Anche perché c’è questa sorta di contrasto – fate quel che dico, ma non quel che faccio – che mi lascia molto perplessa. Soprattutto nelle arti, nella musica, in quest’ultimo periodo, prima della rinascita.

Cioè, che intendi dire?
Ci si è lamentati dei rapper, dell’Auto-Tune, ma quando sono arrivati nel mainstream hanno sdoganato tantissimi modi di fare, dando il “la” anche a noi artisti pop tradizionali, di poterci permettere di sognare qualcosina in più. Oggi la musica, in Italia, è la forma d’arte più coerente, che riesce a rispecchiare i tempi senza paura, mentre le altre forme di comunicazione sono ancora subdole.

Tipo? Qual è la meno coerente, la più subdola?
La televisione.

E come mai?
Alcuni programmi – non tutti – parlano bene e razzolano male. Un momento prima fanno la paternale su una cosa e, un attimo dopo, mettono in pratica quello che hanno redarguito. C’è un’incoerenza molto forte.

A quali programmi ti riferisci?
Parlo in generale e sei molto poco delicato a chiedermi questa cosa. Credo che tutti i mali del mondo vengano da ciò che apprendiamo e, nella maggior parte dei casi, da quello che impariamo dalla tv. Bisognerebbe essere più crudi, ma reali, eliminando certi perbenismi che non servono a nessuno. Anche nella musica ho cercato di mostrarmi per quella che sono al 100%. Ed è la via migliore per comunicare e stabilire un contatto con le persone.

Capito. A questo proposito: la title track è Ero romantica. Lo sei ancora?
Sono romantica, sì. Amo tantissimo. Però negli anni è cresciuta questa voglia di carnalità, dei sensi. Quando si comprendono le dinamiche tra persone e come va a finire, quello che interessa è vivere, qui e ora, ciò che davvero dà felicità. Questa frase è presente anche nella canzone Licantropo: sono i sensi a regolare tutto.

Vale a dire?
Se una persona ti fa stare bene, la cercherai. Se con la vista, l’olfatto, i sensi colpisce la tua parte emotiva, sarai felice di rivederla. Le parole lasciano il tempo che trovano, quello che conta è cosa sentiamo nel profondo. In questa fase della mia vita è tutto: ho voglia di sentirmi viva, esplorare la mia femminilità e godermi la mia esistenza pienamente.

Da dove nasce questa esigenza?
Mi sono voltata e ho visto che ho 39 anni. Non son tanti, è un’età abbastanza di mezzo, un momento in cui ci si rende conto che si può ancora vivere tempo di qualità, ma non si può più perdere tempo.

Giusto. Tra i pezzi del disco mi ha colpito Maddalena. Tu ti senti un po’ come questa figura?
Con molta umiltà, perché l’ho sempre molto stimata. E noi donne siamo tutte un po’ Maddalene.

Motivo?
In questa società è sempre più facile fraintendere una donna rispetto a un uomo. E Maddalena è uno dei fraintendimenti più grandi della storia femminile, dall’inizio dei tempi: sosteneva il percorso di Gesù e aveva scelto la libertà. Era una cosa mal vista ai tempi, ma anche adesso. Per essere rispettata dai più bisogna seguire certi canoni, aderire a determinate regole: avere figli, essere sposata, avere un compagno fisso. E non è perché qualcuno si preoccupa che tu possa essere sola e indifesa.

Com’è nato il brano?
Un pomeriggio, mentre stavo in Basilicata, al telefono con Lorenzo Vizzini (l’autore del brano, nda). Il pezzo parla in maniera sorprendente di me e, a tratti, sembra sia un po’ spinta, ma sono metafore: quando canto «Ho dodici sudditi nudi nel letto mi piace restare di sopra» non ha nulla di pornografico. Significa che posso avere tutti gli uomini che voglio, ma se non è amore sto al piano di sopra. Lo stesso vale per il verso in cui si dice che la missionaria mi annoia: non riguarda il lato sessuale, ma di fare la crocerossina a qualcuno. Mi riferisco al rapporto paritario tra uomo e donna: se non mi ami e non mi stimi, non mi avrai. Tratta anche il corpo della donna, la morbosità sul farci pensare che il nostro fisico sia reato, soprattutto quando subiamo violenze, magari perché indossiamo un vestito piuttosto che un altro. Lo trovo fuori luogo e disumano. L’essere umano è miserabile e in branco fa proprio schifo. Agli uomini, poi, non so che gli viene in testa. Noi donne al massimo spettegoliamo, magari diciamo cose orribili, ma non facciamo quello che fanno loro.

Cosa pensi di quello che è successo alla giornalista Greta Beccaglia?
Ciò che è stato fatto è davvero osceno. L’aspetto che mi fa più rabbrividire è che i suoi colleghi le dicevano di fare finta di niente, che non se la doveva prendere (il giornalista ha spiegato che con quelle parole non intendeva minimizzare l’accaduto, ma evitare che alla giornalista potesse accadere qualcosa di peggio, ndr). Mi ha ferito particolarmente: quando una donna sta male la devi vedere morta per terra, altrimenti non è vero, no? Come se fossimo quelle che si lamentano per antonomasia.

Cosa dovrebbero fare, certi uomini, per migliorare?
Aprire gli occhi, vedere davvero chi hanno di fronte. Considerare che sono nati dalla nostra pancia: quando un uomo fa male a una donna è come se facesse male a sua mamma. Vorrei sapere come avrebbe agito il collega della giornalista se, a ricevere quel gesto, fosse stata la mamma o la moglie. Non capisco perché le donne, per essere protette, devono avere relazioni con uomini più potenti. È un sistema malatissimo e Maddalena è una canzone che – come la presunzione sulla figura di Eva – è la testimonianza come dall’inizio dei tempi abbiano cercato di sotterrare il genere femminile. Nella mia canzone Maddalena ritorna dagli inferi, dove era relegata dalla classe politico-religiosa dei tempi, perché considerata peccatrice. Si riprende, con dignità e amor proprio, quello che le spetta: merita anche lei di stare al mondo e avere un po’ di luce.

Hai dichiarato che faresti un film soft porno e sono fioccati i titoloni dei giornali. Tutta questa bagarre mediatica è perché sei donna o perché l’ha detto Arisa?
Perché l’ha detto Arisa sicuramente: agli occhi delle persone sono partita in un modo e sono arrivata in un altro, anche se non è così.

Perché?
La vera differenza è che, quando sono uscita come Arisa, avevo paletti e non riuscivo a farmi recepire perché c’era gente – non quella a casa – che mi voleva in quel modo. Adesso ho la libertà di essere quello che sono, ma io sono quella che sono da quando sono nata: a me il sesso è piaciuto sempre tanto, la trovo una forma di contatto veramente senza filtri, una cosa bella che ci è stata donata, una magia importante. E quando c’è l’amore è ancora più bello.

Rocco Siffredi si è sperticato in complimenti. Gli hai parlato?
Non l’ho ancora sentito, perché sono concentrata su Ballando con le stelle e sul disco. A Natale volevo chiamarlo. Sono molto lusingata: Siffredi è uno che si intende di donne e considerato che ho sempre avuto dei grandi complessi…

Beh, non devi averne. Tra l’altro Ballando con le stelle ti sta mettendo sotto una luce diversa. E poi canti, danzi, reciti. Dove vuoi arrivare?
Vorrei avere l’opportunità di scegliere e fare cose all’estero. Andare a Parigi, imparare un po’ la lingua e magari fare cinema. Amo molto i film d’oltralpe: sono più romantici e, sotto tanti aspetti, un po’ peperini. Anche la commedia non è mai pesante, senza cliché. Amerei pure fare musical. E poi sai cosa?

Cosa?
Vorrei essere giovane.

Ma sei giovane.
Vorrei recuperare il tempo perduto. Perché ne ho perso veramente tanto, tantissimo.

Dietro a cosa?
Amori sbagliati. Mio padre me lo diceva sempre: «Stai attenta con chi ti metti Rosalba, perché il tempo non torna». Mio papà è una persona molto molto semplice, ma molto molto saggia perché è un osservatore: impara dal tempo che passa, dagli animali, dal giorno, dalla notte. E mi dispiace molto aver buttato via gran parte del mio tempo. Non me lo perdono e non lo perdono nemmeno alle persone che me lo hanno fatto buttare.

Non ti chiedo chi sono queste persone perché non voglio apparire indelicato.
Bravo, grazie.

Foto: Sara Purisiol

C’è una figura di riferimento a cui vorresti assomigliare?
Mi piacerebbe essere una Raffaella Carrà 2.0. Lei era cool, ma allo stesso tempo alla portata di tutti. È stata la prima, se non l’unica, ad avere, per tanto tempo, una comunicazione inclusiva: i brani che cantava erano leggermente erotici, ma molto divertenti e sempre leggeri. Anche quando esprimeva sentimenti profondi lo faceva con il piglio di una ragazza. Raffaella è sempre stata una ragazza, fino agli ultimi giorni della sua vita. E poi era fortemente attenta ai diritti di tutti, molto vicina alla comunità LGBTQI+. Mi piace la gente che comunica senza dimenticarsi di nessuno.

Torniamo su Ballando. Non ti scoccia che, nonostante la bravura, si parla spesso del tuo vero o presunto flirt con il tuo ballerino Vito Coppola?
Mi scoccia un po’ perché non vorrei che Vito si sentisse in imbarazzo, oppresso e cambiasse nei miei confronti. Mi piacerebbe che il nostro rapporto, di qualsiasi cosa si tratti, possa crescere. Lui è diverso da tutti i ragazzi che ho conosciuto fino ad ora. L’unica seccatura è che si possa infastidire, per il resto credo ci sia una bellissima energia che gli altri recepiscono. Sono molto serena e molto molto felice.

Dopo il successo nell’ultima edizione di Amici di Maria De Filippi, perché non hai proseguito?
Adoro girare intorno a Maria, una persona straordinaria, così come il suo staff e quello che ha creato. Ma io devo andare avanti nella vita: non posso insegnare quello che ho appreso finora e basta. Desidero imparare, studiare e avere il tempo per farlo. Mi sono resa disponibile con Maria per collaborazioni più sporadiche, ma Amici dura veramente tanto e prende anima e corpo. Onestamente io sono ancora a scuola e non ho fatto tutto quello che dovrei fare. Mi sembra doveroso nei miei confronti darmi da fare, piuttosto che sedermi su una poltrona insegnando qualcosa che potrebbe essere non più tanto attuale. Ho bisogno di mettermi nel mondo, darmi opportunità.

Hai provato a partecipare a Sanremo?
Sì, come tutti gli anni. Perché ho vinto due volte, un anno l’ho co-condotto con Carlo Conti, ma non sono ancora andata all’Eurovision Song Contest. Ed è una cosa che mi spetterebbe un po’… ci provo sempre perché credo che la mia musica abbia un potenziale di originalità e possa ripristinare la tradizione italiana. Poi i Måneskin hanno spaccato di brutto.

Ti piacciono?
Seguo tutto di loro, sono pazzeschi. E quando Damiano dice «sono italiano» una specie di fuoco parte dai piedi e mi arriva alla testa che non puoi capire. Io voglio rivendicare il fatto di essere italiana, perché ne sono orgogliosa.

Arisa - Altalene (feat. BROWN & GRAY) [Official Video]

C’è qualcuno nello showbiz che puoi ritenere amico o che ti ha deluso?
Non mi aspetto nulla dagli altri quindi non giudico nessuno: ho imparato a darmi io da sola. Se qualcuno mi ha fatto male, non me ne sono accorta, se qualcuno mi ha fatto del bene ho saputo ringraziarlo al momento debito. Non serbo rancori e, sinceramente, vivo per me.

L’Arisa di ieri come vede quella di oggi?
Luce. Mi sento luminosa, non c’è niente che mi oscuri. Sono grata alla vita, che mi ha dato sempre la possibilità di ricominciare dopo momenti molto bui. Voglio prendermi un po’ di felicità senza pensare che, dopo i periodi sereni, arrivano le catastrofi. Che poi, se te le aspetti, le catastrofi arrivano. Desidero lavorare per la felicità, perché può essere che si realizzi. Si tratta di un lavoro, ma meglio questo lavoro che altri.

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