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Anitta pensava di morire e allora ha fatto il disco della vita

La malattia ha convinto la star brasiliana a rallentare il ritmo e riflettere su quel che vuole. Il risultato è l’album di funk brasiliano che pubblicherà a fine anno. «Non devo più compiacere gli altri, non si può essere numeri uno e felici allo stesso tempo»

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È novembre e la Sala Cosmos di Siviglia dove la superstar brasiliana Anitta sta dando una festa è presa d’assalto. Solo che a un certo punto il party diventa ingestibile: il locale è strapieno, le persone fuori premono per entrare. Fuori, la gente balla sul marciapiede al ritmo ovattato del funk brasiliano passato dal dj. Dentro, Anitta twerka sulla pista da ballo in un abito verde e giallo evidenziatore. Attorno a lei, star come la leggenda dell’hip hop DJ Premier e il gruppo pop colombiano Morat, oltre ai ballerini di Anitta, quasi tutti brasiliani. È brasiliana anche la musica che il dj passa, un funk iperenergetico come quello delle feste di Rio dove si ascolta questa miscela di hip hop, ritmi africani ed elettronica. Oggi il funk brasiliano (noto anche come funk carioca o baile funk) è più seguito che mai e dà vita a sfide di ballo su TikTok e a coreografie in piena regola. A un certo punto, Ovy on the Drums, il produttore famoso per le hit di Karol G, si avvicina alla cantante e le dice che, per tenere il suo passo, «uno tiene que ser atleta», uno deve essere un atleta.

A notte fonda, qualcuno del suo staff dice ad Anitta che, se vuole, può andare a casa. «Sono ubriaca, perché dovrei andarmene?». È una delle ultime persone ad andarsene. «Alle 3 del mattino m’hanno detto che dovevano chiudere. “Ok, ma dov’è l’afterparty? Me ne vado solo se mi sbattono fuori”. L’hanno fatto».

Non è sorprendente: Anitta si è costruita un personaggio forte e sfrontato, con una fanbase mondiale estremamente devota (65 milioni di follower su Instagram, 40 milioni di ascoltatori mensili su Spotify) che la seguirebbe ovunque. Parla tre lingue, ha avuto hit in inglese, spagnolo e portoghese. I pezzi pop e reggaeton le sono valsi una nomination ai Grammy e persino l’ingresso nel Guinness dei primati. «Mi spiace per gli altri, ma nessuno al mondo sa fare festa come me», scherza la mattina dopo con un sorrisetto malizioso.

Non diresti mai che la donna nella hall di questo hotel di Siviglia ha fatto nottata. Sfoggia un top corto bianco e una gonna nera, i capelli rossi sono acconciati in ciocche mosse, ma ordinate. È la settimana dei Latin Grammy ospitati dalla Spagna e quindi in giro ci sono spettacoli di flamenco e performance tradizionali che fanno sembrare l’evento di Anitta ancora più audace: solo lei avrebbe avuto il coraggio di organizzare un gigantesco baile funk nel mezzo di tutto ciò.

È una bella occasione per richiamare l’attenzione sul Brasile, un Paese spesso e ingiustamente trascurato dall’industria musicale latina per via delle differenze linguistiche e culturali. «Quel party e situazioni simili aiutano la gente a capire l’ambiente da cui arrivo», dice lei. Fa tutto parte di un piano più ampio. Alla fine di quest’anno Anitta pubblicherà un album di funk brasiliano che spera possa avvicinare più persone alla musica con cui è cresciuta. «Sono nata e cresciuta fra la gente brasiliana, a Rio, e il funk brasiliano arriva da lì. Questo è sempre stato il mio mondo».

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È stata la musica a renderla una star in Brasile. Anitta, vero nome Larissa de Macedo Machado, viene da Honório Gurgel, un quartiere popolare di Rio de Janeiro. Nel 2010 ha collaborato col produttore funk carioca Batutinha e ha firmato un contratto con un’etichetta funk chiamata Furacão. All’epoca il funk brasiliano era già un fenomeno underground piuttsto importante grazie ai dj che, negli anni ’70 e ’80, organizzavano grandi feste funk e hip hop nelle favelas abitate per lo più da gente di colore (Planet Rock di Afrika Bambaataa ha esercitato una grande influenza sul funk brasiliano). Più tardi, negli anni ’90, i dj hanno preso a incorporare nei loro set dischi freestyle arrivati da Miami, arricchendo la musica d’influenze elettroniche fuori dall’ordinario.

Il dj esperto di funk brasiliano Rodrigo Gorky, che ha lavorato al prossimo album di Anitta, racconta che era solito definire questo tipo di musica come Miami bass sotto steroidi. «Ora è una cosa a sé stante». I protagonisti hanno preso a spaziare in tutte le direzioni, dalla tech house all’afrofuturismo. Anitta ha avuto un ruolo particolare in questa evoluzione, aggiungendo un tocco più commerciale e pop, oltre a darsi da fare per arrivare al successo anche in altri generi. «Non è corretto cercare di paragonarmi a un’altra artista latina in classifica o a un’artista brasiliana in classifica, perché le latine non entrano nelle chart brasiliane e viceversa», dice lei.

La scorsa estate ha pubblicato l’EP Funk Generation: A Favela Story, accompagnato da alcuni video che descrivono la vita a Rio. Era il primo segnale del ritorno alle origini le cui motivazioni sono molto personali: Anitta ne ha passate di ogni negli ultimi due anni, compresa la paura di essere affetta da un cancro, nel 2022. «Credevo che sarei morta. E mi sono detta: sai cosa? Farò un disco per me stessa, nel caso fosse l’ultima cosa che faccio, senza pensare a ciò che succederà dopo, senza preoccuparmi se l’album sarà buono, se piacerà alla gente, se entrerà in classifica».

Nel corso dell’anno seguente, Anitta ha rivoluzionato il team di management e la casa discografica, un cambiamento che l’ha messa nella condizione di fare l’album. «Ora abbiamo creato una squadra. Ora ho il supporto di persone che hanno la visione e la pazienza necessarie per portare a termine l’impresa». Sa che fare un album di funk brasiliano, soprattutto quando la gente è abituata a vederla alle prese con generi più mainstream, non è facile. «È un progetto che richiede molta pazienza da parte di tutti. Richiederà del tempo».

Il funk brasiliano ha continuato a crescere nel pop, attirando l’interesse di star come Rauw Alejandro e Cardi B, che ha suonato uno snippet del remix funk di Pedro Sampaio della sua canzone WAP ai Grammy 2021. Non ha però ancora riscosso successo a livello mondiale. Per Gorky, se c’è una che può farlo diventare un fenomeno di portata internazionale, quella è Anitta. «Nessuno meglio di lei può rappresentare tutto questo».

«Essere pionieri è difficile, perché si fa qualcosa di inedito, quindi non ci sono esempi da seguire», dice Anitta. «Bisogna fidarsi del proprio istinto, delle proprie sensazioni, del proprio intuito».

Anitta ha iniziato a pensare all’album nuovo mentre era ricoverata in ospedale. Nel 2022 ha avuto grossi problemi legati a una patologia autoimmune e le sono state fatte una serie di diagnosi errate. Nell’estate di quell’anno è stata operata per endometriosi e a dicembre ha dovuto cancellare un’apparizione pubblica perché era in ospedale a San Paolo. A un certo punto, è scattato un allarme cancro. Si è sottoposta a esami e trattamenti per cinque mesi, mantenendo in qualche modo la cosa segreta per i milioni di fan che seguono ogni sua mossa.

In quel periodo, tutto sembrava andare alla perfezione. Era aperta a tutto. Non aveva paura di parlare di sesso, di chirurgia plastica («La mia operazione preferita è stata quella al naso», ha detto ad Andy Cohen) così come di politica. I fan l’hanno spinta a esprimersi contro l’ex presidente brasiliano di destra Jair Bolsonaro durante la campagna elettorale del 2018. Anitta non sapeva granché di politica (ha detto di aver «avuto accesso a una buona istruzione solo quando sono arrivati i soldi») e quindi si è documentata. Nel giro di poco tempo, è diventata una delle critiche più spietate di Bolsonaro.

Nel 2020, un giornale brasiliano l’ha nominata la terza figura politica più influente del Paese e quando nel 2022 si sono tenute le elezioni, i giornalisti hanno scritto di quanto fosse stato determinante il fatto che si fosse schierata (sostenendo l’attuale presidente Luiz Inácio Lula da Silva). Nel frattempo, la sua musica era più popolare che mai: con Envolver, tratta da Versions of Me del 2022, è diventata la prima artista solista latina a raggiungere il numero uno della classifica globale di Spotify. Nel 2022 è stata la prima brasiliana a vincere un VMA.

Sembrava essere onnipresente, sempre al lavoro, sempre creativa, sempre in prima linea. Ma era esausta. «A un certo punto, quando le cose si sono ingigantite, ho iniziato a preoccuparmi, ero sotto pressione e guardavo i numeri e pensavo che non potevo arretrare». La malattia l’ha costretta a rallentare e a riflettere sul tritacarne che la sua vita era diventata. «Non è stato facile smettere di curarmi dell’importanza che davo ai giudizi: non tanto ai mi piace/non mi piace, ma il modo in cui venivo vista, domande tipo: sono abbastanza importante ora? L’anno scorso lo ero, quest’anno non lo sono così tanto, sto fallendo».

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Mentre guariva nel fisico, si è concentrata sul benessere spirituale e mentale. «Potremmo letteralmente morire domani», dice. «C’è gente che dice “Non è più sexy”, “L’anno scorso sì che era sexy”, “Questo è un bel look”, “Questo è un brutto look” e così via. Ma davvero, potremmo morire domani e a quel punto nulla avrà più importanza. Si dimenticheranno di te. La tua vita sarà finita, le loro continueranno. E tu avrai vissuto solo per rimanere nella mente e nei pensieri di queste persone, anche se a loro non importa niente».

Questi pensieri hanno generato alcuni cambiamenti importanti nella sua carriera. Nel marzo del 2023 si è sfogata su Twitter dicendo di voler rescindere il contratto con Warner Records: «Se ci fosse una penale da pagare, non m’importa quanto salata, avrei già messo all’asta i miei organi pur di andarmene». Ha rimproverato la casa discografica per aver usato una sua foto con Envolver in sottofondo per la Giornata Internazionale della Donna, affermando che i dirigenti le avevano detto che la canzone «non avrebbe mai sfondato senza un featuring, perché io non ero abbastanza importante».

Ha reagito così perché nient’altro funzionava. «Oggi lo trovo un comportamento un po’ immaturo e anche un po’ disperato. E in effetti ero disperata, ma è andata così. Oggi ho più esperienza e forse lo farei in un altro modo. Ma se avessi agito diversamente, forse, non sarei dove mi trovo ora».

Warner e Anitta hanno annunciato la fine del rapporto lavorativo ad aprile 2023. Poche settimane dopo, la cantante ha firmato con l’etichetta Republic del gruppo Universal e a giugno è arrivata la notizia della rottura col manager di lunga data Brandon Silverstein. È stato sostituito da Rebeca León, nota per aver lavorato con Rosalía, un cambiamento che ha rimesso ordine nella carriera della popstar. Ora Anitta vuole evitare ogni dramma. Quando le hanno mandato un video di Silverstein che urlava contro qualcuno su Zoom, non ha commentato. «Non è il tipo di cosa che voglio nella mia vita. Mi sono detta: onestamente non mi interessa partecipare a questa conversazione».

Si è concentrata invece sull’album, decisa ad andare fino in fondo nel funk brasiliano. «A volte il suono è ancora molto gringo», dice ridendo. Gorky ricorda la determinazione nell’ottenere suoni sorprendenti: «Diceva: “No, è troppo commerciale, è troppo pop, non ha niente di nuovo ed eccitante, datemi di più”. Quando iniziavamo a farle sentire cose davvero strane, diceva: “Ecco cosa sto cercando”».

Il risultato unisce il funk a tocchi reggaeton e pop, e secondo Anitta non è inquadrabile in alcuna categoria. «È una specie di album artistico-alternativo. Non rientra nel mainstream del genere latino perché è funk. E neppure nel mainstream anglofono». Si è lasciata alle spalle le aspettative legate alle classifiche. «Quando cerchi solo di battere qualcuno, di scalare la classifica, di superare certi numeri, non hai uno vero scopo, per me c’è molto di più. Voglio spalancare delle porte alla mia gente». È una battaglia in cui è aiutata da León, in cui ha trovato uno spirito affine. «Mi dà forza e fiducia. La guardo e capisco che capisce. È decisa e sicura delle sue scelte, sento questa forza e mi piace. Prima mi guardavo attorno e sentivo che erano gli altri a volere questa forza da me. Ora guardo lei e la sento».

Anitta ha passato l’inizio del 2024 a Rio, preparandosi per il Carnevale di febbraio e per l’uscita dell’album. Quando ci incontriamo, a gennaio, ammette che le cose sono più frenetiche di quanto desiderasse. «Quando il lavoro torna a essere febbrile, come in questo momento in Brasile, sento di avere fatto un passo indietro». Non rinuncia a fare yoga e meditazione tutti i giorni e va in ritiro spirituale ogni cinque mesi circa.

La cosa che preferisce fare, quando non lavora, è farsi maratone di film. «Ho visto tutto l’immaginabile», dice ridendo. La sera prima è andata al cinema, con la famiglia, a vedere Mamonas assassinas: O filme, biopic su un gruppo rock brasiliano che ha sfondato a inizio anni ’90, prima che un incidente aereo uccidesse tutti e cinque i membri. A quanto pare gli incidenti aerei sono un argomento ricorrente. Ha visto da poco anche La società della neve, oltre al making of di 36 minuti su YouTube. Vorrebbe dirigere un giorno un progetto tutto suo, che attinga dalla sua vita per ispirare gli altri. «Voglio girare una serie sulla mia vita, ma non deve essere una cosa egocentrica. Penso che tutto, al giorno d’oggi, sia una specie di trip egocentrico. Non mi interessa. Voglio mostrare le difficoltà e il modo in cui possiamo superarle. Voglio produrre e dirigere qualcosa che faccia pensare alla gente: ok, posso fare quel che voglio».

Ci sono cose che la preoccupano ancora. La turba l’ossessione di alcuni suoi fan per Internet e i social. Questo alimenta quel tipo di cultura, basata sui confronti costanti e le classifiche, da cui sta cercando di allontanarsi. Anitta è accessibile e cerca di organizzare di frequente degli incontri per parlare con i fan, ma è molto franca sugli effetti che una tale pressione può avere sulle star. «Dico loro: non potete desiderare che io stia bene e, allo stesso tempo, aspettarvi da me grandi risultati nelle classifiche e numeri uno in tutto il mondo, in America Latina, in Brasile. Una persona non può essere in salute, al numero uno e felice allo stesso tempo. E con questo torniamo al discorso di Internet, perché le persone non sono più abituate al fatto che la vita è regolata da cicli. Vogliono tutto nello stesso momento».

Dopo aver esercitato la sua influenza sulla vita politica brasiliana, spera di poter impartire qualche altra lezione sul lasciarsi andare e l’essere consapevoli. «Dobbiamo vivere apprezzando ogni singola cosa, senza stare a pensare “come posso trarre qualche vantaggio?”. Si devono fare le cose solo perché lo si vuole: questo è il messaggio che voglio trasmettere con l’album».

Da Rolling Stone US.

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