Angus Young sul tour di fianco ad Axl Rose e del futuro dopo gli AC/DC | Rolling Stone Italia
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Angus Young sul tour di fianco ad Axl Rose e del futuro dopo gli AC/DC

Il chitarrista parla della vita con Axl, dell’uscita di scena di Brian Johnson, di suo fratello Malcolm e del perché questo tour potrebbe essere l’ultimo

Angus Young durante il Rock or Bust Tour, foto di Michele Aldeghi

Angus Young durante il Rock or Bust Tour, foto di Michele Aldeghi

«Può sembrare un po’ strano. “Chi è questo vecchio vestito in uniforme scolastica?”», dice il 61enne chitarrista degli AC/DC, Angus Young. «Una volta qualcuno ha detto, “Da lontano, sembra abbastanza giovanile”. È solo quando ti avvicini che vedi il look stagionato». I segni del tempo sono tutti tangibili per Young, mentre guida gli AC/DC nel loro tour mondiale, il più duro e probabilmente l’ultimo, che si chiude il 20 settembre a Philadelphia. Ma parla con sincerità e il più tranquillamente possibile dei gravi problemi d’udito che hanno recentemente costretto il cantante Brian Johnson ad abbandonare il tour, dell’immediata proposta di prendere il suo posto da parte della voce dei Guns N’ Roses, Axl Rose, dell’annuncio recente del bassista Cliff Williams di voler smettere dopo questi concerti e dello stato di salute dell’ex chitarrista e fratello maggiore, Malcolm, che soffre di demenza. «È difficile comunicare», ammette Angus. «Gli passo dei messaggi. Non posso essere sicuro al 100% che gli arrivino. Ma gli faccio sapere che molte persone sentono la sua mancanza».

Axl è uno che ha da sempre i suoi ritmi. Gli hai parlato delle vostre abitudini, tipo arrivare sempre in orario?
È stato davvero bravo. Si è preparato ed è stato pronto a partire. Ci siamo seduti a fare una chiacchierata prima di iniziare, abbiamo capito che canzoni avremmo voluto fare. È divertente per lui e per noi. All’inizio, è stato costretto su quella sedia che ha chiesto in prestito a Dave Grohl (a causa dell’infortunio al piede, ndr). Ma appena ha potuto, è tornato a muoversi sul palco.

Come avete fatto ad avere Axl al posto di Brian?
Axl ha contattato un ragazzo della produzione che ha fatto cose per noi. Gli ha detto, «Conosco i ragazzi. Hanno un’etica del lavoro, vogliono finire le date». E lui si è offerto. È venuto dove stavamo provando ad Atlanta, e ha fatto il suo dovere. Aveva delle proposte tipo Touch Too Much (da Highway to Hell, 1979). «Possiamo fare questa?» «No, non l’abbiamo mai imparata». Non avevamo mai provato a farla dal vivo.

Axl sembra più Brian o Bon Scott?
Ricorda lo stile di Bon, un po’ rock & roll. E ha il suo umorismo genuino. Capisce le cose in fretta. Axl ha diversi range vocali. Lo puoi sentire cantare in un modo per le canzoni di Bon. Poi può cambiare e fare Brian, nel registro più alto.

Brian aveva problemi di udito prima di iniziare il tour?
Ha avuto dei problemi durante le prove per il Coachella (nel 2015). Aveva già un orecchio messo male. Se l’era danneggiato in un incidente stradale. Quello buono ha perso colpi in fretta. Eravamo in Australia, ed è andato da uno specialista. Dopo ogni show, veniva visitato e curato. Ma stava diventando troppo dura per lui.

Pensi che la decisione di Cliff di ritirarsi sia collegata al fatto che Brian ha lasciato il gruppo?
Cliff ce l’aveva detto ancora prima del tour, che sarebbe stato il suo ultimo. Oltre a me, Cliff è quello che è a bordo da più tempo, dal 1977. Cliff e Brian hanno più o meno la stessa età. A tutt’e due piace uscire, girare per pub. Avevano un legame.

Vorrei sedermi al fianco di Keith Richards, fare qualcosa.

 

Com’è girare senza Malcolm alla chitarra? Tuo nipote Stevie riesce a riempire il buco che ha lasciato?
A volte devo controllare due volte. Sento il suono dietro di me e mi dico, «Questo sembra proprio Malcolm». Quando Stevie era più giovane, si è concentrato molto su quello che faceva Mal. Non è facile. Devi avere fiducia in te stesso. Sembra facile, ma non lo è assolutamente.

Il suono della chitarra di Malcolm suonava molto come la sua personalità, molto determinato.
È più vecchio di me, l’ho sempre seguito. In studio trafficavo con i suoni della mia chitarra e andavo sempre un po’ fuori strada. Malcolm metteva tutto a puntino, un suono grosso, corposo e io restavo a bocca aperta.

Ti chiedi mai se quando Malcolm non riuscì più a continuare, non fosse il momento giusto di ritirarsi? Magari hai spinto la band troppo in là?
Potrebbe essere stato così. Ma Malcolm era sempre uno con cui scontrarsi. Mi guardava nei momenti difficili e diceva, «Andiamo e facciamo il nostro lavoro. Ci sediamo e scriviamo dei pezzi». Aveva quella spinta e mi sentivo obbligato ad andare avanti, forse perché ero lì all’inizio, insieme a lui.

Hai pensato al tuo futuro dopo la fine del tour? Non hai mai suonato con nessuna altra band.
È vero. In questo momento, non ho idea. Siamo impegnati a finire il tour. Chissà cosa mi sentirò di fare dopo. Quando decidi che farai una serie di cose, è sempre bello dire alla fine «Ho fatto tutto quello che avevo detto». È stata sempre quella l’idea, specialmente quando eravamo giovani, io Malcolm e Bon. Dovevo arrivare in orario. Suonavi al pub nel pomeriggio. Poi durante la notte, suonavi nei club. Entravi in quell’ordine mentale: «Se non suoniamo, non mangiamo».

Con chi altro vorresti suonare se avessi la possibilità di scegliere?
Dovresti far risorgere un po’ di persone, penso (ride). Vorrei sedermi al fianco di Keith Richards, fare qualcosa. È un tipo che ha ritmo, come Malcolm.

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