Alla fine è cresciuto anche Il Pagante | Rolling Stone Italia
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Alla fine è cresciuto anche Il Pagante

Non troppo però, state sereni. Il duo più ironico di tutti, dopo una vita nelle discoteche italiane, ci racconta il nuovo album, dove pare ci sia anche qualche pezzo più riflessivo. «Ma tranquilli, ci sono anche le nostre zarrate»

Alla fine è cresciuto anche Il Pagante

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Foto press

Siamo abbastanza sicuri che in pochi pensavano che Il Pagante, progetto nato da una pagina Facebook nel 2010 e diventato poi fucina di canzoni dance sui cui ballare (e ridere) avrebbe pubblicato musica fino a oggi. E invece siamo qui, nel 2025, e Eddy Veerus e Brancar, i due componenti (rimasti orfani di Federica Napoli, che qui ci spiegava perché ha voluto cambiare vita), stanno benissimo.

Una vita sui van, su e giù per l’Italia per cantare nelle discoteche, con l’estate alle porte e una media di 60 date nella bella stagione. In mezzo singoli, feat, un nuovo album che è uscito in questi giorni. Un caso abbastanza unico, perché non ci viene in mente nessuno che faccia la stessa cosa che fanno loro, e soprattutto non ci viene in mente nessuno che si prenda ancora così poco sul serio come loro. Son passati 15 anni dai primi post in cui sfottevano la nightlife milanese dai banchi di liceo, da quando giravano i video col telefonino, dal quando portavano al grande pubblico lessico come ‘sbocciare’, ‘pettine’ e ‘sbatti’. E alla fine è cresciuto anche il Pagante.

Non troppo, sia chiaro. Il duo continua a macinare canzoni dance prendendo in giro la moda del momento. Partiti da Milano, dai cumenda e dalle discoteche di Corso Como, è uscito FOMO, il loro quarto disco. In mezzo esperienze con le major, concerti e soprattutto tantissimi club, dove vanno ancora fortissimi. La classica operazione che poteva durare un’estate è durata invece molto di più, e i due si sono creati una fanbase che mette insieme vecchi ammiratori a quelli nuovi, arrivati da TikTok, dalle serate e dagli après-ski dove si esibiscono spesso. «Siamo stati fortunati», dice la biondissima Roberta Branchini in arte Brancar. «Cambiano le mode, le persone crescono, ma alla fine noi, facendo sempre le nostre cose, siamo rimasti dove eravamo».

Sanno anche loro di giocare un campionato a parte. Non sono popstar, sono liberi dai vincoli delle classifiche e dei numeri. Come direbbero loro: pensano a fatturare. Si sono creati uno spazio in cui non hanno praticamente rivali: «Se uno schiaccia play sul Pagante, sa quello che avrà, e stai certo che lo avrà. Quando si conoscono i propri limiti e si rimane in quello, le persone lo vedono e lo apprezzano», dice Brancar. «Noi facciamo dance, elettronica, pezzi su cui ballare. Forse siamo diventati una sicurezza per qualcuno. Non mi aspettavo manco io questo traguardo, figurati».
Lei aveva 16 anni quando ha iniziato ad andare a fare i primi set in discoteca. Poi faceva tardi la mattina a scuola, facendo incazzare gli insegnanti. Poi un giorno, qualcosa cambia. Le etichette si accorgono di loro, arriva una major discografica, «e anche chi ci prendeva in giro si è ricreduto».

Sempre a sfottere tutti. I radical chic, chi va in Sardegna, chi fa la settimana bianca, i DJ pulmino («che sono quelli che per suonare nei locali devono portare almeno venti, trenta persone. Un pulmino»). Un misto di ironia e tamarraggine da discoteca che non stona mai, soprattutto se hai un paio di negroni in circolo. Stavolta è il turno della FOMO, dicevamo, la fear of missing out, tanto cara ai milanesi presi dagli eventi. «La vedo molto, a Milano soprattutto, ma pure negli altri posti», continua Roberta. «Prima dell’arrivo dei social non sapevamo che cazzo faceva il nostro vicino di casa, e forse stavamo benissimo».

Un disco in cui hanno collaborato principalmente con i fidati produttori Merk&Kremont (con loro dagli esordi), e dove, promettono, ci sono anche canzoni più riflessive. Non aspettatevi ballad però: «ci sono anche le nostre solite zarrate».

«Ci piace ridere, ci piace l’ironia». Ma la capiscono tutti? «Speriamo di sì, amo», risponde lei. «C’è un botto di gente che non sa ridere». Datele torto. Intanto, dopo aver fatto due sold out al Fabrique un paio d’anni fa, quest’anno Il Pagante suonerà al Carroponte (il prossimo 14 settembre) per festeggiare questo compleanno tondo dei 15. «Ci saranno un sacco di ospiti, sarà bellissimo». La loro Milano, questa volta di giorno, fuori da un club: «In effetti per noi è una cosa nuova». Poco cambia perché tanto loro gli occhiali da sole se li mettono sempre. «Intanto ascoltate Fomo, che così imparate le canzoni nuove e a settembre le cantiamo». Un sogno come i colleghi delle classifiche pop però ce l’hanno: «Vorremmo fare Sanremo. Ci abbiamo provato già, una volta anche con Myss Keta. Nel 2026 no, sbatti, dobbiamo lavorare bene al disco. Ma l’anno dopo mi piacerebbe». Carlo Conti, se ci leggi vedi di far arrivare in riviera qualche cassa di Dompero.

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