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Adesso che M¥SS KETA canta dei rider, il capitalismo ha le ore contate

Nell'EP 'Il cielo non è un limite', la diva più mitomane d'Italia s'ispira all'accelerazionismo e agli scenari del videogame Wipeout 2097, in un mix and match di suoni e lingue. «Viviamo in un nuovo feudalesimo»

Foto: Dario Pigato

Come fa ad avere tutte queste energie nonostante indossi sempre la mascherina? Mentre noi sonnecchiano nel clima da fine del mondo appannandoci gli occhiali, M¥SS KETA pubblica un lavoro dopo l’altro, senza sosta; fatturare con stile.

Venerdì infatti esce Il cielo non è un limite, nuovo EP della M¥SS prodotto da Riva con featuring di Populous e Priestess. Anticipato dall’anthem hardcore di Giovanna Hardcore e da Due, rivisitazione della hit 90s Two Times di Ann Lee, la nuova fatica della diva più pazzeska d’Italia è il solito schiaffone in faccia, spudoratamente contro-culturale, uno squirting in faccia al capitale tra atmosfere da grattacielo di J. G. Ballard.

Per l’occasione raggiungo la M¥SS al telefono mentre la immagino muoversi tra la città apocalittica come dentro Cosmopolis di DeLillo.

A tutti i piloti all’ascolto
che bramano il cielo
quello che appare come un limite
dispiega invece l’infinito
siamo atomi

L’inizio di questo EP, la title track Il cielo non è un limite, è uno speech suggestivo che si differenzia dal linguaggio con cui siamo abituati a conoscere la M¥SS. Cosa mai l’idea di iniziare questo lavoro con un brano così particolare? Cosa significano per te questi versi?
È una piccola poesia musicale che voleva dare una chiave di lettura a tutto l’EP. È stata inserita perché volevo dire qualcosa che rimandasse subito al mondo che avevo immaginato. Il messaggio più forte da far passare era quello di non vedere il cielo come un limite, ma considerare i limiti come possibilità di espansione. L’EP si fonda su questo. La riflessione è partita guardando i cieli dalle finestre, come ricordano i quadri incorniciati. Sono spazi che da casa vengono percepiti come limitati, ma che raccontano un illimitato. È solo il nostro sguardo a limitarli.

Foto: Dario Pigato

Che mondo hai immaginato per Il cielo non è un limite?
Io e Riva, il mio producer, abbiamo scritto Giovanna Hardcore in un giorno, istintivamente, provando subito quel friccicorio che senti quando qualcosa ti esalta davvero. Nel brano è come se M¥SS KETA intrepretasse una sua doppelgänger, Giovanna Hardcore. Questo gioco di rimandi mi ha intrigato, ho visto che ne poteva uscire una scrittura differente, più tagliente. Nei brani di questo EP si trovano personaggi super caratteristici che parlano attraverso la vocalità e la testualità di M¥SS. Abbiamo deciso di giocare con due concetti chiave: istintività e teatralità.

L’EP è in faccia, molto diretto. Questa, è vero, è una caratteristica tipica dell’attitudine di M¥SS KETA, ma per questa occasione penso che sia il suono a spingere ancor di più in quella direzione, recuperando una certa schiettezza dei ’90 e proiettandola nel futuro. Immagino che tu e Riva abbiate avuto qualche riferimento estetico ben preciso.
Il nostro santino è stato Wipeout 2097, il celebre videogioco per Playstation 1. Quel mondo, quei suoni, quella spazialità, quei colori: è stato una guida. Volevamo immergerci in questa geografia di palazzi, astronavi, vetro-acciaio. Noi veniamo da quella roba lì, e abbiamo deciso di prendere quel mondo e portarlo in un nuovo futuro.

Un videogioco clamoroso! Colonna sonora con Prodigy, Underworld, Chemical Brothers, grafiche di The Designers Republic: un must. La scelta di optare per un EP, e non per un disco, è figlia di una voglia di sentirsi più liberi di sperimentare?
Mentre lavoravamo ai brani ci siamo costruiti quest’immaginario fatto di aria e cielo. Mi ha ricordato come avevamo scritto un nostro precedente EP, Carpaccio ghiacciato. Lì avevamo preso quest’immaginario da riviera: le cozze, la costa, il prosecco. Ora, come ti dicevo, palazzi, futuro, vetro-acciaio. Ci piace costruire opere con una coerenza estetica. Se Carpaccio ghiacciato era acqua, Il cielo non è un limite è aria.

Nel comunicato stampa allegato a questo uscita come ispirazione vengono citati autori di culto come J. G. Ballard e James Bridle, nonché il pensiero accelerazionista. È un bacino culturale che, in Italia, mi richiama subito la casa editrice Nero Edizioni. Come rientrano questo pensiero e questa estetica nell’universo di M¥SS KETA?
Le pubblicazioni di Nero sono sempre state vicino al mio universo culturale, di fatti ne sono un’avida lettrice. L’immaginario attorno all’album nasce da una conversazione avuta con Rocco Rampino (Congorock) in cui riflettevamo su come questo periodo storico assomigliasse a un nuovo medioevo. Questa riflessione si è depositata con calma nei miei pensieri. E da qui che mi si è spalancato il mondo di Giovanna Hardcore e la comprensione della nostra società come di un nuovo feudalesimo in cui esistono gerarchie sociali definite. Ne parlo esplicitamente in un brano, Rider Bitch, che chiude con questo verso: “you call it capitalism / I call it slavery”. Dentro questo EP ci sono tutta una serie di mie riflessioni che arrivano proprio da quei mondi culturali.

Foto: Dario Pigato

C’è però una cosa che non riesco ancora a spiegarmi: come mai la scelta di utilizzare il tedesco in GMBH e il greco in Diana?
Semplice: non mi sono posta limiti. Mi sono solo chiesta, perché no? Sono sempre stata molto rigida con M¥SS nell’utilizzo dell’italiano. Gli inglesismi sono entrati nel mio vocabolario solamente in un secondo momento. Penso che la svolta sia arrivata quando abbiamo fatto il tour in Europa lo scorso autunno-inverno – ne parlo come se fosse una stagione della moda. Questa esperienza mi ha lasciato in questo mood, un mood da esperanto. Perché basarci solamente sull’italiano se mi piacciono anche i suoni e le possibilità di altre lingue? Sia dal punto di vista musicale che musicale mi sembrava corretto. Fa tutto parte di questa entropia che ci divora e ci circonda. Il mondo contemporaneo è tanto confuso e tanto entropico, perché non sfruttarne i lati positivi, i mix & match di suoni e lingue? La cattiveria della mistress di GMBH era perfetta in tedesco. E per il bosco futuristico di Diana, perché non utilizzare il greco antico?

Hai avuto anche parecchi riconoscimenti in ambito internazionale. Penso ad esempio alla recente intervista per il New York Times. Com’è il rapporto di M¥SS con l’estero e come pensi si possa evolvere nel futuro?
Un tour mondiale negli stadi, non chiedo molto! È davvero bello poter esportare la mia musica. La differenza è che Italia c’è tutta una parte testuale, ironica, satirica che mi fa amare ed odiare dal pubblico, ma che viene persa quando esco dai nostri confini. All’estero percepiscono di più il mood, l’attitudine, la vocalità. L’emotività nel canto. E c’è più attenzione alla sonorità e alla produzione.

In effetti spesso non si rende giustamente onore alle produzioni di Riva che sono potentissime. E anche in questa occasione Populous ti ha dato un beat incredibile.
Lo ammetto, le produzioni sono molto fighe. Lo so bene. Anche se detta così sembro una che si entusiasma per i suoi stessi pezzi. Però è vero: io mi esalto per la mia musica!

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