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Adele, Foo Fighters, Kendrick Lamar, Sia: viaggio nel mondo di Greg Kurstin


L’autore e produttore ha vinto otto Grammy e scritto tantissime hit, ma preferisce vivere nell’ombra. Qui racconta come lavora, la storia dietro ‘Hello’, cosa pensa della vendita dei cataloghi

Foto: Randy Shropshire/WireImage

Magari non ne siete consapevoli, ma conoscete molte canzoni di Greg Kurstin. Anche se non è un produttore star come Rick Rubin o Nile Rodgers, è uno dei grandi hitmaker del secolo. Nel suo curriculum ci sono Hello di Adele, Chandelier e Cheap Thrills di Sia, Blow Me (One Last Kiss) di P!nk, Stronger di Kelly Clarkson, Burn di Ellie Goulding e Love di Kendrick Lamar, per non dire dei brani di Lady Gaga o Paul McCartney. Kurstin ha vinto otto Grammy e il 12 maggio è stato premiato con il Golden Note Award di ASCAP, un riconoscimento che in passato è andato ad artisti come Trent Reznor, Jay-Z e Alicia Keys.

Il produttore ha scelto una vita lontana da quella delle celebrità e dell’industria musicale. «A vederla da vicino, la fama è una cosa complicata», dice. «Io ho la libertà di andare in giro e fare una vita normale. Lavoro con gente che deve gestire le conseguenze del successo, quella vita non fa per me».

Kurstin ha raccontato a Rolling Stone come lavoro e ha parlato della corsa all’oro dei cataloghi e della natura cangiante della produzione musicale.

Hai lavorato sia nel pop che nel rock. Cambia il tuo approccio se collabori con i Foo Fighters o con Sia? 

Ricevo sempre qualche anticipazione e cerco di immaginare cosa andrò a fare in ogni situazione. Sia, per esempio, ha un talento enorme e scrive molto velocemente. So che tutti gli strumenti devono essere pronti quando arriva lei, è come un vortice. Dave, invece, arriva in studio con delle canzoni grandiose, quindi devo pensare ai suoni e all’arrangiamento. Nei dischi dei Foo Fighters ho un ruolo diverso, ma è per questo che amo scrivere musica.

E quando hai a che fare con artista sconosciuto? 

Stare in una stanza a scrivere con una persona è una questione di equilibrio. Cerco di ascoltare il più possibile. A volte devo prendere il comando e lanciare qualche idea, altre non posso e preferisco sentire quel che hanno da proporre.

Adele ha detto che hai avuto un ruolo decisivo nella scrittura di Hello. In quel caso hai ascoltato o preso il comando? 

Hello è il frutto di un processo molto lungo. Siamo partiti velocemente, io ero seduto al piano. Cercavo gli accordi e ho iniziato a suonare quella che sarebbe diventata la strofa. Quando Adele ha iniziato a cantare abbiamo capito che stava venendo fuori qualcosa, eppure non riuscivamo a trovare il ritornello. Il primo che abbiamo scritto si è trasformato nel bridge.

Siamo andati via dall’Inghilterra e siamo tornati con una canzone non finita, ci sono voluti mesi per riuscire a tornarci su. Sono stato molto paziente. Ero entusiasta, ma non sapevo cosa sarebbe successo. Pensavo che probabilmente sarebbe rimasta in qualche hard disk, una delle tante canzoni da finire.

Abbiamo provato varie versioni. Non volevo arrendermi. Sono testardo. Quando è arrivato il ritornello, eravamo felici e ci siamo detti: è per forza questo, non possiamo scriverne ancora, speriamo che alla gente piaccia.

È una canzone potente e drammatica. Pensavate che avrebbe avuto tutto quel successo? 

Ero troppo coinvolto per avere una prospettiva più ampia e immaginare cosa sarebbe accaduto. Non pensavo che sarebbe stata scelta come singolo. Per me era solo una ballata, ero convinto che avrebbero lanciato il disco con un brano più ritmato, non immaginavo che avrebbero scelto Hello.

Quando lavori con un artista della statura di Adele senti ancora la pressione di scrivere il singolo? Pensi mai di non aver fatto abbastanza? 

Non riesco a mettermi pressione da solo. Tutte le volte che ci ho provato, all’inizio della carriera, si è rivelato un boomerang. Si capiva dove volevo andare a parare. Mi è successo tante volte di avere un singolo perfetto sulla carta, ma alla fine è finito nella spazzatura.

Ho scritto tantissime canzoni e molte sono diventate hit. So quanto è difficile farlo, sono realistico. Dev’essere una tempesta perfetta, per funzionare va scritta nel momento giusto, con l’artista giusto e per la piattaforma giusta. Sto ancora cercando di capire come fare.

Alcuni gruppi di autori, come quelli che hanno scritto il documento The Pact, hanno raccontato di aver scritto per artisti che poi si sono presi tutto il merito. Tu cosa ne pensi? 

Quando inizi a fare questo lavoro è difficile trovare un equilibrio. Capita spesso di dover decidere di lasciare perdere qualcosa, anche cose a cui tieni molto, come una percentuale sui diritti di scrittura a qualcuno che non se lo merita. Ma è così che si finisce nei giri giusti. Credo che tutti gli autori abbiano vissuto esperienze simili.

All’inizio della mia carriera prendevo accordi poco vantaggiosi, ma col senno di poi sono felice di aver fatto quelle esperienze, di aver comunque fatto uscire musica. Se ripenso al mio primo contratto, probabilmente era appropriato per l’epoca, perché non avevo ancora fatto nulla. Devi soppesare le tue opzioni e assicurarti di non fare qualcosa di cui poi ti pentirai.

Credi che l’industria aiuti gli autori?
Io lavoro nel mondo creativo, penso agli accordi musicali, ai suoni, alla produzione. Mia moglie è il manager, è molto brava a capire i vantaggi e gli svantaggi dell’industria. Ma da quanto ho sentito, pare che le cose stiano cambiando profondamente. Il settore sta cercando di aggiornarsi e ne ha davvero bisogno. Con gli autori, però, è più difficile. C’è ancora tanto da fare. C’è poca chiarezza su cosa fanno e come vengono pagati. È difficile per chi ha appena iniziato e cerca di mantenersi con quello.

Hai un catalogo straordinario di hit. Hai mai pensato di venderlo, considerando quello che è successo di recente?
Non ci ho mai pensato, ma vedo che lo fanno tutti. È interessante osservare cosa sta accadendo, ma al momento non so ancora cosa pensare. Vedremo tra dieci o vent’anni.

Girano somme enormi. Cos’è che non ti convince? 

Ho una connessione emotiva con le mie canzoni, non voglio separarmene. Voglio tenerle vicine. So che lo fanno tutti e sono felice per chi riesce a vendere. Sono consapevole anche del vantaggio di non dover più pensare a certe cose, lo capisco, ma semplicemente non ho mai pensato di farlo.

Quali sono gli autori che ti interessano di più ultimamente? 

Ho avuto l’opportunità di lavorare con Kendrick Lamar e Sounwave. Mi ispira molto. I suoni e i beat su cui lavora sono diversi da qualsiasi cosa abbia sentito. Lo stesso vale per Wendy Wang, Troy Samuel e Jesse Shaktin che scrivono musica futuristica. Ci sono tantissime cose che potrebbero piacermi, soprattutto adesso che la tecnologia ha messo tutti nelle condizioni di scrivere. Trovo sempre nuovi suoni incredibili.

I tradizionalisti dicono che il crollo delle barriere d’accesso ha danneggiato la musica. Tu sei un polistrumentista. Sei d’accordo?
Tutti dovrebbero poter scrivere, se vogliono. È così che sono nati artisti incredibili che in passato non avrebbero avuto alcuna possibilità. Questa cosa alza l’asticella. Mi piace l’idea che tutti ce la possano fare.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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