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A M83 non piace più lo shoegaze

Il producer francese ci ha parlato del nuovo album, della sua infanzia e di quanto sia difficile vivere lontano da casa. Leggi L'intervista

Anthony Gonzales, in arte M83

Anthony Gonzales, in arte M83

Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con M83, fatica solista di Anthony Gonzalez da quasi 10 anni, saprà che non è un errore raggruppare l’opera del francese sotto l’insieme del “neo-shoegaze”. È la stessa cosa dello shoegaze, stessi laghi di riverberi e horror vacui per i momenti di silenzio, ma con i sintetizzatori al posto degli strati densi di chitarre.

Ecco, resettate completamente questa associazione perché, almeno nel nuovo album Junk, il tipico suono à la M83 (la hit Midnight City come esempio calza) ha lasciato spazio a qualcosa di più orientato alla dance, fortemente influenzato dalle sigle tv degli anni ’80. Un po’ come un tuffo nei ricordi dell’infanzia. «Ho mollato lo shoegaze. Ma sai cosa? Penso sia meglio così, che proporre album fotocopiati. Però sono sempre lo stesso musicista old shool. Per me la musica è un mezzo per ricordare i tempi andati», mi dice Anthony al telefono dalla Francia.

Si trova in patria per promuovere l’album, ma non rimarrà molto. Da anni infatti la sua casa è immersa nel caos di Los Angeles, dove vive, lavora e si fa venire nostalgia del cher pays de son enfance. «Nell’album ci sono due tracce in francese. È la prima volta che succede, ma mi sentivo così inutile nel mio studio, mentre i terroristi attaccavano Parigi! Volevo esprimere la vicinanza al mio Paese. Nell’ultimo anno mi sono mancati tutti, famiglia e amici».

Questo articolo è pubblicato su Rolling Stone di aprile.
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