5 grandi storie della Motown raccontate da Smokey Robinson | Rolling Stone Italia
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5 grandi storie della Motown raccontate da Smokey Robinson


Canzoni ri-registrate dopo la pubblicazione, hit nate per compiacere le ragazze, il divieto di ballare: il cantante svela i segreti dell’etichetta simbolo del soul fondata da Berry Gordy il 12 gennaio 1959

5 grandi storie della Motown raccontate da Smokey Robinson


Smokey Robinson (a sinistra) con il fondatore della Motown, Berry Gordy

Foto: AP Photo

Smokey Robinson è uno dei musicisti più importanti della storia della Motown, l’etichetta simbolo del soul. In una recente intervista per la serie di podcast di Rolling Stone US, Robinson – che ha da poco pubblicato la sua biografia su Audible, Smokey Robinson: Grateful and Blessed – ha raccontato alcune storie dai suoi straordinari anni ’60. Eccole.

1Prima di Kanye West e Wolves, il fondatore di Motown ha ri-registrato un brano dopo l’uscita

«Il pezzo era fuori da due settimane», spiega Robinson. «Stava andando abbastanza bene. Poi, alle 3 del mattino, il telefono ha squillato. Era Berry Gordy. “Cosa stai facendo?”. “Che domande, sto dormendo”. “Beh, amico, Shop Around non mi fa chiudere occhio. Ci hai lavorato nel modo sbagliato. Voglio cambiare il ritmo. Voglio cambiare il sound. Voglio farti capire qual è l’atmosfera giusta. E andrà al primo posto”. Gli ho detto che andava bene e ne avremmo parlato il giorno dopo. “No, voglio farlo adesso. Vieni in studio”. Siamo andati tutti tranne il pianista. Berry era un discreto musicista e alla fine l’ha suonato lui. L’abbiamo registrata alle 3 del mattino, fatta in modo completamente diverso. E sì, sarà anche il nostro primo brano a vendere milioni di copie».

2Ooo Baby Baby è nata improvvisando

«Per me è la canzone del destino. È nata in modo casuale, spontaneamente. Nei nostri concerti, io e i Miracles facevamo un medley di canzoni d’amore di altri artisti. Lo cantavamo ovunque. Una sera eravamo all’Howard Theatre di Washington. C’era un gruppo doo-wop, gli Schoolboys, e il loro pezzo Please Say You Want Me era alla fine del nostro medley. Piaceva un sacco alle ragazze. Così alla fine, invece di chiudere, mi sono messo a cantare “ooo, baby baby”. Gli altri erano talmente connessi che si sono messi ad armonizzare. Il pubblico è andato fuori di testa. Così abbiamo iniziato a farla ogni sera. Poi ci siamo detti: “Ok, è chiaro che dobbiamo andare a casa e scriverla”. E l’abbiamo fatto».

3I Second That Emotion è nata da una storpiatura dell’autore Al Cleveland 



«Compravamo i regali di Natale in un grande magazzino. Lui stava prendendo qualcosa per sua moglie. Era al banco, parlava con la commessa e invece di dirle “I second that motion” (mi sembra un’ottima idea, appoggio quest’idea, ndt), ha detto “I second that emotion” (mi sembra un’ottima emozione, appoggio quest’emozione, ndt). Ci siamo messi a ridere tutti. Poi, uscendo dal negozio, gli ho detto: “Ehi, ma è un’idea grandiosa per una canzone!”».

4Il coreografo della Motown gli proibiva di ballare



«Cholly Atkins, che seguiva tutti i gruppi di Motown, spiegava i passi a me e ai Miracles. A un certo punto ha detto: “Va bene, tu mettiti qui fermo e limitati a cantare. Non ho nessuna intenzione di provare a spiegarti i passi, perché finiresti per rovinarli”».

5Il suo stile vocale nasceva da influenze maschili e femminili



«La prima voce che ricordo di aver ascoltato è quella di Sarah Vaughan. Per come la vedo io, lei ed Ella Fitzgerald erano strumenti. Strumenti vocali. Sarah Vaughan è la prima che mi ha influenzato. Ed era una donna. Poi, quando sono cresciuto, ho iniziato a comprare i dischi da solo. Avevo Jackie Wilson e Sam Cooke, Clyde McPhatter e Frankie Lymon, Nolan Strong (del gruppo doo-wop dei Diablos) e Ray Charles. Erano i miei eroi, e cantavano tutti davvero alto. Tutto qui».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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