22Simba non è il solito trapperino giovane di belle speranze che ordinatamente swagga nell’algoritmo tritatutto dello streaming. Lo avevamo già capito dal mondo cantato nei suoi pezzi: una provincia (in questo caso quella lombarda, Saronno) lontana dalle mode, quasi “tradizionale”, descritta con una rabbia fresca e uno spirito romantico. Ne ho conferma quando si collega per l’intervista via Zoom in canotta dalla cucina di casa, sullo sfondo una moka di caffè accesa e una bottiglia di vino con tappo della sera prima, tra le dita una sigaretta rollata o una canna, dettagli.
Forse è stata proprio questa sua identità consapevole e genuina ad aver convinto Marracash a partecipare con uno dei suoi rari featuring alla probabile hit Fanculo, uno dei nove pezzi dell’EP La cura. Il titolo battiatesco non va preso alla lettera, ma ogni tanto nel disco si sente l’eco del cantautorato italiano, come è impossibile non riconoscere l’influenza di Massimo Pericolo e l’energia di Blanco.
22Simba quando parla sembra molto più adulto dei suoi 23 anni, eppure le sue canzoni sono un inno, spesso doloroso, alla giovinezza e all’amore. La sua storia è appena cominciata e questo EP, ci spiega, è un vero e proprio racconto, dal primo all’ultimo pezzo, dall’inizio alla fine.
La cura…
È il progetto con più concept che abbia fatto, come fosse un piccolo libro, una storia che ognuno può fare propria e vivere come vuole. È una storia d’amore, vista da tantissimi punti differenti, con un finale che non voglio svelare a chi non ha ancora sentito il disco. Perché vorrei che la gente lo ascoltasse dall’inizio alla fine.
Il titolo dell’ultimo brano, Non moriremo qui , un po’ spoilera la storia. Quel “qui” è Saronno, la provincia?
Io spero di rimanere qui a Saronno, semplicemente con un sorriso diverso da quello che avevo cinque anni fa. Non sono uno che ti dirà mai che tra dieci anni mi trovi chissà dove… dove vuoi che vada?
Nel disco ci sono molti riferimenti all’amicizia, quella maschile, di un gruppo di ragazzi…
Gli amici fanno parte della mia vita, siamo cresciuti insieme: abbiamo dormito nello stesso posto, siamo scappati di casa, mi hanno insegnato a far da mangiare. C’è il video dei miei amici che mi fanno vedere come funziona una lavatrice… e non è un’accusa a mia madre.
Nessuno dei tuoi amici fa musica?
No, però una cosa figa che ti posso dire è che sono riuscito a creare una situazione, un lavoro, un intrattenimento pagato, a tutti i miei amici.
Ci sono molti passaggi sullo stadio e sulla curva nell’EP.
Seguo il calcio, non mi definirei uno della curva, ma l’ambiente dello stadio mi è sempre piaciuto, è un bel modo di vivere lo sport.
Nei tuoi testi ci sono riferimenti molto tradizionali come lo stadio, il bar, il vino, le sigarette. Non ci sono gli stereotipi della trap come la VVS e lean…
Forse a 23 anni sono solo più vecchio dentro rispetto ai miei coetanei. Da ragazzino, a 15 anni, ho provato insieme ai miei amici un po’ di tutto – psicofarmaci e diversi tipi di droghe – ma non ci siamo fatti fottere da nessuna di queste sostanze. Mi piace il vino, preferisco qualche calice e una cena che dura tutta la sera finendo col giro di amari, piuttosto che andare in discoteca a bere vodka Red Bull. Ecco vorrei fare un appello all’ambiente musicale: nei backstage, nei camerini, mettete vino rosso non vodka Red Bull!
Soprattutto in un pezzo con Fanculo si percepisce una rabbia “urlata” che sembra essere molto personale. È così?
La mia rabbia non è politica, non rappresenta una lotta sociale, è molto personale, ma credo che tanti ragazzi possano ritrovarsi in questa emozione. È una rabbia brutta, di frustrazione, la stessa che avevo a 16 anni quando non me ne fregava un cazzo della politica ed ero schiantato in un parcheggio di Saronno a dire minchiate tutto il giorno. Ma è la mia rabbia, ci sono affezionato e non me la voglio togliere. La cosa forse più figa della musica è che qualcuno mi ascolti e dica «questo bastardo per due minuti e mezzo è incazzato come me!».
Fanculo ha un featuring di Marracash. Ho visto dai social che avevate cenato insieme recentemente: che vi siete detti?
Siamo stati per quattro ore a parlare, non di musica o di cose scontate. Di solito non parlo mai di questioni personali con chi non conosco bene, ma con lui mi sono aperto. Abbiamo parlato di cose di cui non ho mai fatto parola con i miei amici di sempre. Sono felice che ci sia lui in Fanculo, perché è un pezzo a cui tengo molto, credo sia il mio brano più maturo, e grazie a lui sono riuscito a dargli l’importanza che merita.
Le basi dei tuoi pezzi sono molto poco trap, poco urban, a volte quasi acustiche. C’è qualcuno a cui ti sei ispirato per la produzione di questo EP?
Io sono un fan di XXXTentacion. Quello che mi è sempre piaciuto di lui è la varietà di emozioni che ti dava in un disco: prima sentivi una canzone introspettiva in cui dovevi semplicemente piangere e pensare alle cose più brutte della tua vita, poi arrivava una traccia rabbiosa in cui l’unica cosa che dovevi fare era cercare un muro da prendere a cazzotti. Dopo la sua scomparsa non c’è stato più nessuno all’altezza.
Con Marracash. Foto: press
L’EP è accompagnato da un bellissimo fumetto disegnato dall’artista Nina Zejjari. C’è tutto il tuo mondo: le case basse di provincia, gli amici sui tetti dei palazzi, le donne, le macchine, ci sono anche i gatti.
L’idea del fumetto è nata quasi prima del disco, è stato un modo per raccontare il mio viaggio artistico. Ho conosciuto la disegnatrice Nina Zejjari perché era una mia fan, aveva messo un mio ritratto su Instagram e mi sono innamorato del suo disegno. Lei stava studiando fumetto a Parigi e le ho chiesto di venire qui per lavorarci insieme.
Quali sono le Cornici di cui parli nel pezzo che ha questo titolo?
Le cornici sono tutto quello che gira attorno a Milano. Noi siamo qui, restiamo sulla cornice, e osserviamo quelli di Milano che vanno a destra e sinistra.
In una canzone dici di avere due cognomi…
Mi piacerebbe aggiungere il cognome di mia madre a quello che ho già, sto cercando di farlo ma il percorso burocratico è lunghissimo.
