«Impossibile non combattere»: parla il rocker più famoso d’Ucraina | Rolling Stone Italia
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«Impossibile non combattere»: parla il rocker più famoso d’Ucraina

Svyatoslav Vakarchuk gira il Paese invaso dalla Russia per portare aiuti e racconta di bambini mutilati, città distrutte, gente che vive nei vagoni della metro. E lancia un appello: non smettete di parlare di noi

«Impossibile non combattere»: parla il rocker più famoso d’Ucraina

Marzo 2022, Svyatoslav Vakarchuk canta fuori dalla stazione ferroviaria di Leopoli

Foto: Hesther Ng/SOPA Images/LightRocket via Getty Images

Svyatoslav Vakarchuk è uno dei rocker più famosi in Ucraina. È il frontman degli Okean Elzy, band attiva da metà anni ’90 a Leopoli. La loro storia è intrecciata indissolubilmente con quella del Paese. Quando c’è stato da schierarsi politicamente non si sono mai tirati indietro, erano dalla parte di chi chiedeva riforme ai tempi della rivoluzione arancione del 2004-2005, hanno appoggiato Euromaidan, si sono rifiutati di suonare in Russia dopo l’annessione della Crimea. Vakarchuk, noto come Slava, ha avuto anche una breve carriera politica. È stato eletto in parlamento quand’aveva poco già di 30 anni, ma ha poi deciso che l’attività di musicista gli offriva maggiori opportunità di cambiare le cose.

Poche ore dopo l’annuncio della «operazione speciale militare» da parte di Vladimir Putin, Vakarchuk era a casa sua a Kiev, dove ha udito le prime esplosioni. «Che incubo. Mi sono svegliato poco prima delle esplosioni. Ero in ansia, non so perché, forse sentivo qualcosa». Tempo per la paura non ce n’era. È entrato immediatamente in azione e facendo leva sui suoi contatti e sul suo status di personaggio pubblico ha cominciato ad aiutare i civili ad evacuare la città.

Nel giro di pochi giorni ha messo assieme una squadra e si è arruolato come tenente dell’esercito. Ha cominciato a viaggiare di città in città facendo visita alle truppe, portando rifornimenti alle prime linee, cercando di sollevare il morale della sua gente. Ha assistito a devastazione e sofferenze, ma è stato anche testimone di esempi di determinazione e coraggio. «Sono un patriota e ho sempre creduto in questo popolo, ma è stato comunque sorprendente», spiega. «Gli ucraini hanno dimostrato un livello incredibile di coraggio, abilità nel combattere, tempra».

Vakarchuk dice a Rolling Stone che cosa sta facendo e che cosa significa essere un artista al servizio del suo Paese in tempo di guerra, parla della musica che sta ascoltando in queste settimane e spiega quel che la comunità internazionale dovrebbe fare per aiutare l’Ucraina.

Prima che scoppiasse la guerra la mia famiglia s’era già trasferita nell’Ucraina occidentale, perciò ero rimasto solo coi miei due gatti. Si parlava di una riunione del consiglio di sicurezza e perciò controllavo telefono e Internet. A un certo punto è giunta la notizia che Putin avrebbe parlato. Erano le 4 del mattino, era chiaro che avrebbe dichiarato guerra. Aveva cominciato il suo discorso da una decina di minuti quand’ho sentito un’esplosione: era uno dei primi attacchi missilistici. Abbiamo preso donne e bambini della mia squadra e ci siamo diretti verso la parte occidentale del Paese, che era ancora relativamente tranquilla. Quando sono tornato ho cominciato a portare in giro la gente per il Paese e cercare di tirare su il morale delle persone. E ancora lo faccio.

Abbiamo iniziato ad aiutare parenti e amici, poi siano andati avanti con gente che non conoscevo. Hai un bel vantaggio quando il 90% della popolazione sa chi sei. Siamo in guerra, tutti gli uomini hanno un’aria sospetta oggi in Ucraina, tanto più se non hai con te un documento d’identità e non puoi provare chi sei. Per me le cose sono più facili: ai checkpoint mi riconoscono, sono contenti di vedermi, mi aiutano. Non ho mai pensato di andarmene. Anzi, è un onore restare qui a difendere il Paese. Mi sono ufficialmente arruolato con i miei amici e con mio fratello minore, che ora lavora con me. Pensano che quello che stiamo facendo sia importante e perciò ci hanno rilasciato un lasciapassare per girare liberamente. Non sono più solo una rockstar, adesso: sono un tenente dell’esercito.

Ho amici che hanno fatto la stessa cosa. Da noi, dopo l’addestramento militare che ricevi dopo la laurea diventi un tenente della riserva militare. Non è un titolo che valga qualcosa, a meno che non scoppi una guerra. Molti amici musicisti, anche famosi, hanno imbracciato le armi e difendono il Paese. Di fondo c’è una sorta di contraddizione: gli artisti sono per natura pacifisti, non è gente che ama combattere, non hanno un carattere bellicoso. Prima della guerra il mio manifesto era Imagine di John Lennon e ancora porto nel cuore quella canzone. E però cambia tutto quando arriva qualcuno che vuole uccidere i tuoi figli e la tua compagna, che vuole distruggere quel che hai creato in una vita intera, che vuole annientare le tue città. Sì che cambia. Nella testa, nell’anima, nel cuore s’insinua l’odio ed è tossico, non mi piace. Detesto provare quel sentimento e l’unico modo per liberamente è vincere la guerra, adesso. Ecco la contraddizione: un’artista che diventa combattente, e non può farne a meno.

Il giorno in cui è scoppiata la guerra Rob dei Massive Attack ha scritto una e-mail chiedendo come poteva aiutarci. Gli ho risposto di parlare dell’Ucraina, di diffondere consapevolezza ed è quel che stanno facendo. Finora il nostro studio a Kiev è stato risparmiato dalla guerra, ma una settimana dopo l’inizio del conflitto sono tornato e abbiamo messo al sicuro gli hard drive con la musica, i computer, le chitarre, gli amplificatori e tutto quanto – è roba preziosa per noi. Ora ci sono solo due stanze vuote. Abbiamo lasciato lì giusto gli altoparlanti, quelli grandi. Abbiamo trovato un altro studio nella mia città natale, dove stanno anche i miei collaboratori. Un sacco di produttori, manager e promoter hanno contattato noi e altri musicisti ucraini per organizzare eventi di beneficenza nel mondo. Non possiamo partecipare. Noi – parlo per me e per i miei amici – restiamo qui, a difendere il Paese. Abbiamo però registrato un paio di pezzi molto popolari, come You Are So Beautiful con un pianoforte a coda. L’ho dedicata alla mia terra.

Un giorno, quando tutto sarà finito e avremo vinto, gli ucraini e il mondo intero si fermeranno e ripenseranno a quel che è accaduto. Arriverà il tempo dei ricordi, dei libri, dei film. Le cose che vi ho detto saranno memoria. Ma sto diventando sentimentale. Sono stato in ospedali dove ho visto i feriti dall’esercito russo, bambini senza gambe o organi interni, gente che ha perso la famiglia. Ho visto il centro di Kharkiv, la seconda città più grande dell’Ucraina, completamente distrutto, sembrava Londra o Coventry nel 1941. Lo vedi, ne sei testimone, ne fai parte. Non puoi permetterti sentimentalismi, se ti lasci andare alle emozioni sei finito. Cerco di esser il più cinico possibile almeno finché non sono solo a letto, la notte. In quel momento scrivo poesie, chiamo la famiglia, ascolto la musica che amo. Sono cresciuto col classic rock, soprattutto Beatles e Led Zeppelin, ma ascolto di tutto. Quando viaggiamo ascoltiamo Marvin Gaye e Aretha Franklin. Amo il jazz. Ieri sera, prima di andare a dormire, ho messo su A Love Supreme di John Coltrane. In quel momento sono Slava, il musicista sensibile e felice di essere una persona creativa. Di giorno, però, sono la persona che il mio Paese ha bisogno che io sia, devo ispirare gli altri, essere forte, energico, positivo.

Oggi siamo stati a Kharkiv. Abbiamo portato aiuti, anche materiale militare, forniture mediche, cibo, di tutto. Abbiamo lasciato il camioncino ai reparti di difesa territoriale. Poi siamo andati sottoterra, nel rifugio antiaereo più affidabile che c’è ora a Kharkiv. Lì ci sono un sacco di persone che vivono nei vagoni della metropolitana, letteralmente. È difficile da immaginare. Insomma, era come Londra durante il Blitzkrieg. Ho cantato per loro. Erano seduti sulle scale, sottoterra. Era la prima volta che cantavo per 200 o 300 persone riunite lì, una o due canzoni con la chitarra. Poi abbiamo incontrato le truppe. È commovente passare da una città all’altra, torni in posti dov’eri stato solo un paio di mesi fa, posti dove ho fatto concerti o festeggiato il compleanno. Ora sembrano la scenografia di un disaster movie, c’è solo distruzione. Non ti capaciti che stia accadendo al tuo Paese. Ho parlato col direttore di un ospedale a Kharkiv: ha detto che hanno respinto fuori dalla città i soldati russi arrivati nei primi giorni della guerra.

Ci sono tre messaggi che voglio lanciare al pubblico internazionale. Il primo è di tipo militare: abbiamo bisogno del vostro aiuto per fermare i russi. Ci servono i sistemi di difesa antimissile, ci servono aerei, ci serve una no-fly zone sull’Ucraina,o  almeno le prime due cose se non siete pronti alla terza. In Occidente si pensa che se ci aiutate troppo, provocherete Putin e scoppierà la Terza guerra mondiale. La verità è che quella guerra Putin l’ha già cominciata, l’Ucraina non è che l’inizio.

Il secondo messaggio è economico: colpite la Russia più forte che potete con le sanzioni. Non perché vogliamo che i russi soffrano, ma per fermare Putin. È per questo che diciamo ai grandi gruppi americani e internazionali, ad aziende come Citigroup, di smettere di fare affari con la Russia. Li aiutate a fare soldi, pagate i loro carri armati e gli aerei che uccidono i nostri figli.

La terza cosa, ed è la più importante, è l’appoggio morale. Siamo felici che tutto il mondo intero sia con noi. Vogliamo che scriviate canzoni, che facciate arte e raccolte fondi, vogliamo che parliate dell’Ucraina a tutto il mondo.

In quanto a me, continuerò a fare quel che sto facendo. Ora mi sto occupando di portare rifornimenti e aiuti concreti, oltre che morali. Continuerò a farlo, anzi, raddoppierò gli sforzi e convincerò altre persone a fare lo stesso. Parteciperò ad alcuni concerti online e a raccolte fondi, ma ora la cosa più importante è fermare Putin e il suo esercito, è vincere la guerra.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.