Il greatest hits dell’FBI: ecco perché i federali spiavano il pop | Rolling Stone Italia
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Il greatest hits dell’FBI: ecco perché i federali spiavano il pop

Aretha controllata per i legami con gli «estremisti di colore», Whitney perseguitata, l’omicidio di Notorious B.I.G. e altre storie, alcune inquietanti e altre ridicole, tratte dai dossier sui musicisti

Il greatest hits dell’FBI: ecco perché i federali spiavano il pop

Kurt Cobain, Whitney Houston, Notorious B.I.G

Foto: James Crump/WireImage (1); Luciano Viti/Getty Images (2); Chris Walter/WireImage (3)

La notizia secondo cui Micky Dolenz ha fatto causa al Dipartimento di Giustizia statunitense per ottenere tutti i file dell’FBI riguardanti la sua band ha qualcosa di stupefacente: possibile che i Monkees fossero dei pericolosi sovversivi?

S’è scoperto che i Monkees, band costruita a tavolino per la tv, erano fra i molti artisti pop sottoposti a sorveglianza e oggetto di indagini da parte dell’FBI, per diversi motivi, fin dai primi anni ’50. L’FBI apriva fascicoli riguardanti personaggi del mondo dello spettacolo «per ragioni molto specifiche», spiega Aaron Leonard, autore dell’imminente volume Whole World in an Uproar: Music, Rebellion and Repression 1955-1972. «In primo luogo se il soggtto era affiliato a organizzazioni o coinvolto in certe forme di attivismo politico. Anche solo fare un’affermazione contraria alla guerra poteva metterti nei guai. Nel caso di Micky Dolenz non è un’ipotesi azzardata pensare che quella specie di copia dei Beatles potesse essere considerata pericolosa» (nel periodo del folk-rock sono finiti nel mirino dell’FBI anche Pete Seeger, Phil Ochs e Dave Van Ronk).

Un altro motivo per tenere d’occhio un artista, spiega Leonard, era l’esistenza di un legame con un «criminale o un potenziale reato». Come dimostrano gli archivi dell’FBI, i casi di questo tipo sono aumentati a partire dai primi anni ’70. In tempi più recenti, però, la maggioranza delle popstar non sono state schedate per motivi politici, ma poiché coinvolte in casi di estorsione o minacce di morte.

Nel corso delle sue ricerche, Leonard ha scoperto che i file relativi ad artisti neri di primaria importanza come Sam Cooke, Richie Havens e Nina Simone sono andati distrutti. In compenso, nel corso del decennio passato il Bureau ha reso pubblicamente consultabili parecchi dossier. Alcuni (come quelli sui Monkees, i Grateful Dead e Marvin Gaye) sono brevi e pesantemente censurati. Altri, invece, dimostrano come l’FBI controllasse certi musicisti o fosse pronta a indagare su di loro (per esempio, ci sono una dozzina abbondante di pagine a proposito di certi disordini occorsi durante i concerti dei Kiss).

Ecco una selezione dei documenti, fra i più recenti e decifrabili, dell’FBI sul conto di artisti pop.

Whitney Houston
Nel 2013, il Bureau ha desecretato un file di 128 pagine sul conto di Houston che includeva i rapporti relativi a più indagini. Nel 1998 l’agenzia ha investigato su un fan ossessionato che le ha scritto molte lettere, una delle quali diceva che lui «avrebbe potuto far del male a qualcuno mettendo in atto un’idea folle». Le lettere sono state consegnate all’FBI alla quale il fan ha spiegato che il suo unico scopo era sollecitare una risposta dalla star. Nel 1992, Houston è stata vittima di un tentativo fallito di ricatto da parte di un avvocato che prima ha chiesto 100 mila dollari, poi 250 mila, minacciando di rivelare «certi dettagli molto privati a diverse pubblicazioni». Il caso però non era un crimine federale, per cui il Bureau ha deciso di non indagare. Nel 1999 un cittadino olandese è stato interrogato dall’agenzia per avere inviato a Houston un nastro con una canzone che sosteneva di avere scritto lui e lei gli avrebbe rubato; ha però negato di averle spedito lettere minatorie.

Marvin Gaye
C’è un file piuttosto enigmatico, di sei pagine, a proposito di due concerti tenuti nel 1977 da Gaye in Virginia, a Richmond e Norfolk. Al suo arrivo, Gaye ha iniziato a lamentarsi di non essere stato pagato e il promoter gli ha versato il cachet una seconda volta, andando in perdita. Secondo i rapporti, il Bureau indagava su un uomo d’affari (il nome è oscurato) il cui «assegno da 75 mila dollari avrebbe presumibilmente invogliato Gaye ad andare a esibirsi», cercando di stabilire se dietro a questa mossa ci fosse un piano per spostare da uno Stato all’altro della merce rubata. Non è dato sapere se siano mai venuti a capo della faccenda.

The Notorious B.I.G.
I tre dossier relativi a Biggie coprono 359 pagine e ovviamente si concentrano sul caso ancora irrisolto del suo omicidio avvenuto nel 1997 e, in particolare, sulle ipotetiche responsabilità della polizia locale. «Varie fonti hanno dichiarato di volere cooperare con l’FBI per stabilire se alcuni agenti del Los Angeles Police Department abbiano avuto un ruolo nell’omicidio», si legge in un rapporto. Ci sono anche vari mandati di comparizione (censurati) del 2004; una cronologia di 10 pagine della carriera di Biggie; un accenno a un “tempio” dedicato a Tupac (con tanto di pistole da 9 millimetri) trovato nel garage di un agente del LAPD che resta anonimo. Secondo l’indagine, la morte di Biggie è stata causata da proiettili perforanti speciali, capaci di trapassare giubbotti antiproiettile e blindature. Il caso è stato chiuso nel 2005.

Aretha Franklin
La reporter freelance Jenn Dize, a settembre dello scorso anno, ha diffuso via Twitter porzioni del dossier del Bureau sulla regina del soul. Lo ha ricevuto a distanza di anni a seguito della presentazione di una richiesta in base al Freedom of Information Act. I documenti, alcuni dei quali risalenti al 1966, dimostrano un interesse dei federali per i legami di Franklin col movimento per i diritti civili e i cosiddetti «estremisti di colore». Sebbene un documento del 1976 dichiari che «Franklin non è stata oggetti di indagini condotte da questo Bureau», i file svelano che per quasi due decenni l’FBI ha impiegato risorse per esaminare gli spostamenti e le relazioni sociali della cantante. Si è arrivati al punto di citare dettagli del suo contratto del 1971 con la Atlantic, con l’idea che gli agenti potessero trovare un legame fra gli affari di Franklin e le Pantere Nere.

Robin Gibb
Il suo file è stato reso consultabile nel 2012. Secondo i documenti, il Bee Gee sarebbe stato il mittente di «un telegramma potenzialmente minatorio inviato allo studio legale londinese che rappresentava sua moglie nel procedimento di divorzio in atto». Il telegramma, attribuito a Robin Gibb, diceva in un passo: «Quello che hai fatto ha superato il limite, ti ho avvertito più volte. Nessuno mi mette i piedi in testa… ne ho abbastanza. Ho pagato per far fuori [nome censurato]». Una fonte contattata dall’FBI ha detto che il telegramma era stato spedito dall’indirizzo di Gibb a Miami, dove viveva. Gibb, dal canto suo, ha dichiarato all’FBI che i legali della sua ex moglie potevano essere i responsabili di quel telegramma e stavano solo cercando di «spingere l’FBI a mettere Gibb in imbarazzo e fargli pressione per il divorzio». Il caso è stato abbandonato quando lo studio legale ha deciso di non indagare oltre sulla faccenda.

Jimi Hendrix
Resi pubblici solo nel 2011, i documenti su Hendrix includono un rapporto su un arresto per detenzione di hashish a Toronto, nel 1969. Si parla anche di un fermo del 1961 per avere «preso un veicolo a motore senza permesso». I file includono, poi, il rapporto dell’FBI sul festival di Woodstock del 1969, dove Hendrix ha suonato. Dopo un elenco degli artisti presenti, il documento dice: «Questi erano i nomi citati nel programma del festival; ma lo spettacolo (se si può usare questo termine) principale l’ha offerto la gente bizzarra che c’era».

John Denver
Probabilmente il cantante di Sunshine on My Shoulders è l’ultima persona che ci si aspetterebbe di trovare nel mirino dell’FBI. Ma il file relativo a Denver (reso pubblico nel 2011) include un documento sulla sua partecipazione, nel 1971 in Colorado, alla manifestazione pacifista Dump the War insieme al veterano della guerra del Vietnam John Kerry. Nel 1979 il file è stato integrato a un rapporto su una «donna che parla inglese e tedesco» che ha chiamato il musicista ogni giorno (per un totale di 17 telefonate minatorie) ripetendo che il compagno di sua madre «stava andando a Los Angeles per uccidere Denver». Un documento del 1990 contiene una testimonianza (da fonte anonima) secondo cui Denver sarebbe stato «decisamente fatto di cocaina» durante un concerto, ma l’affermazione «non è stata comprovata dal Bureau». Denver, peraltro, nella sua autobiografia Take Me Home ha raccontato di avere rafforzato le misure per la propria sicurezza in seguito a quelle telefonate minacciose, assumendo il capto di un’accademia di arti marziali del Colorado. Nello stesso libro ha anche ammesso di avere fatto uso di hashish e cocaina.

Kurt Cobain
Desecretato lo scorso anno, il breve file su Cobain (10 pagine appena), include alcune lettere che cercano di spingere l’FBI a indagare sulla sua morte che, secondo i mittenti, sarebbe avvenuta per omicidio. «Apprezziamo le vostre preoccupazioni sul caso di Mr. Cobain, che potrebbe essere stato vittima di un crimine», si legge nelle risposte del Bureau. «In ogni caso, la maggior parte delle indagini per omicidio solitamente cade sotto la giurisdizione dei singoli Stati o delle autorità locali». Fra i documenti c’è anche una lettera del 2000 indirizzata all’allora Procuratrice generale Janet Reno.

Miriam Makeba
A causa del suo attivismo anti-apartheid e del matrimonio con Stokely Carmichael, attivista del movimento rivoluzionario Black Power (e per l’FBI «estremista di colore»), la cantante sudafricana si è meritata un dossier da 292 pagine reso pubblico solo il mese scorso. I documenti mostrano come l’FBI abbia puntualmente seguito gli spostamenti di Carmichael e gli itinerari dei tour, oltre che ogni loro mossa, compreso l’acquisto nel 1968 di «un nuovo frigorifero, due lavatrici e una cucina a gas».

Tradotto da Rolling Stone US.