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Il cambiamento climatico è un problema anche per i concerti estivi

Incide sulla salute del pubblico e degli artisti, ma anche sulle vendite del merchandise e sui costi di gestione. Adam Met degli AJR ci racconta la sua esperienza

Il cambiamento climatico è un problema anche per i concerti estivi

Lo staff di 'Les plages electroniques' rinfresca il pubblico del festival

Foto: Valery Hace/AFP via Getty Images

Fa caldo. Non è un’impressione: fa davvero caldissimo. Quest’estate, in 23 dei nostri 32 concerti all’aperto la temperatura è stata superiore alla media storica. Ne abbiamo sofferto noi, la nostra crew, i nostri fan e i guadagni. Negli Stati Uniti e in Europa, le ondate di calore causate dal cambiamento climatico stanno sortendo effetti negativi sull’industria della musica dal vivo.

A Little Rock, Arkansas, avremmo dovuto suonare 60 minuti, per contratto. Dopo 20 minuti abbiamo deciso di smettere: era pericoloso continuare. Con più di 32 gradi, sotto a una tettoia di alluminio, sul palco c’erano 40 gradi. Ma questo non è stato nulla rispetto al bagno di sudore di Phoenix, dove lo sforzo fisico di esibirci con 41 gradi e mezzo è stato quasi insopportabile (anche se si trattava di un caldo secco). Noi, come band, dobbiamo suonare poche ore ogni sera, ma la nostra crew si alza alle 7 del mattino e lavora sotto il sole cocente anche per 18 ore filate.

In occasione di 10 concerti degli AJR, quest’anno, la struttura dei locali in cui suonavamo ha imposto che i fan attendessero fuori, al caldo, per periodi che variavano da una a quattro ore prima di potere entrare. A Salt Lake City ho preso un golf cart e sono andato a distribuire bottiglie d’acqua alla folla assetata che attendeva in fila. Non è certo la soluzione più sostenibile, ma in quel momento era meglio che aspettare che le persone si sentissero male. Nonostante questo, ci sono stati almeno una decina di collassi fra in nostri fan, quest’estate, dovuti al calore eccessivo. E non è accaduto solo agli AJR.

Rosalía ha interrotto un concerto per assicurarsi che alcuni fan che erano svenuti fossero soccorsi. Eddie Vedder ha subìto danni alla gola per avere cantato nel corso di un’ondata anomala di calore e Carlos Santana, esausto, è collassato a metà di un concerto. Tutto questo richiede che ci siano più medici presenti, più security, più addetti alla distribuzione di bottiglie d’acqua. È una spesa aggiuntiva che ci accolliamo volentieri e sono orgoglioso di dire che noi AJR affrontiamo i nostri tour senza preoccuparci di eventuali perdite economiche.

Ma altri artisti (e promoter) potrebbero non essere dello stesso avviso. Per questo le problematiche sollevate dal cambiamento climatico stanno aumentando. Il merchandising può rappresentare una grossa fonte di profitti, ma anche questo settore soffre per effetto del caldo. Alcuni artisti vendono asciugamani su cui stendersi, ventole a batteria solare per rinfrescarsi e bottiglie d’acqua riutilizzabili, fedeli al tema della sostenibilità. Ma per molti gli oggetti più venduti sono le magliette e le felpe. Nel tour degli AJR (e in quelli di quasi tutti gli altri) c’è una forte differenza di prezzo fra i due oggetti, a causa dei costi diversi di produzione. Le felpe sono più costose e danno un margine maggiore.

Però, nel corso di tutti questi concerti più caldi, la percentuale di introiti derivanti dalle felpe è diminuita, mentre è cresciuta quella relativa alle t-shirt. Ed è perfettamente logico: un clima più caldo implica vestirsi di meno. Meno felpe vendute, però, significano meno soldi per la band, per il promoter e per il locale. Le vendite del nostro merchandising, durante il tour, sono scese di 7 punti percentuali rispetto alla media. E quasi tutta la perdita si è concentrata nelle città in cui faceva straordinariamente caldo.

Per noi la difficoltà a livello fisico è un deterrente per i tour, esattamente come le problematiche economiche. I promoter e i locali subiscono maggiormente gli effetti a livello finanziario che non fisico, ma questo fatto dovrebbe comunque spingerli a prendere dei provvedimenti per affrontare il cambiamento climatico. Per iniziare, significherebbe concentrarsi sulle energie rinnovabili per alimentare i locali, ridurre gli sprechi e vendere cibo e bevande a chilometro zero.

Questa potrebbe essere l’estate più fredda del resto delle nostre vite. E servono nuovi standard condivisi per l’industria, a meno che non si vogliano vedere i fan, le crew, le band e i loro profitti patire ancora di più per via del cambiamento climatico.

Adam Met è il bassista degli AJR, band con diversi dischi di platino; ha un dottorato in diritti umani e sviluppo sostenibile ed è il direttore esecutivo di Planet Reimagined, organizzazione che si occupa di ricerche e progetti legati al clima. Questo articolo è stato scritto grazie agli studi e alle analisi del ricercatore associato di Planet Reimagined Jack Dimmock.

Tradotto da Rolling Stone U.S.

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