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I Kinks, un travestito e una melodia micidiale: ‘Lola’ compie 50 anni

Il 12 giugno 1970 usciva il 45 giri della band dei fratelli Davies, un atto culturalmente sovversivo e ironico. C’entrano un’avventura in club di Soho, un appartamento parigino e la Coca Cola

Foto press

Nel 1970 Ray Davies è un giovane uomo di successo, sotto pressione e, come sempre, in guerra con il mondo. È in guerra con il fratello minore Dave, che lo affianca nei Kinks come chitarra solista e seconda voce (i loro furibondi litigi non hanno nulla da invidiare a quelli tra Noel e Liam Gallagher), con i discografici e con gli editori musicali, con i manager e con i promoter che lo riempiono di scartoffie da firmare, che lo fanno girare come una trottola tra tour, uffici legali e studi di registrazione e che a fine anno diventeranno il bersaglio esplicito di un concept album, Lola Versus Powerman and the Moneygoround, in cui Ray – «un outsider incapace di integrarsi nella società», secondo una sua stessa definizione – esprimerà tutto il suo disgusto per il music business.

Prima, però – e dopo avere esordito come attore in una commedia televisiva che lo vedeva, guarda caso, calarsi nei panni di un pianista soggetto al giogo dei “padroni della musica” – vuole togliersi qualche altro sassolino dalla scarpa e dare un colpo d’acceleratore alla carriera della band: i successi con cui lui e Dave hanno praticamente inventato l’hard rock con cinque anni di anticipo, You Really Got Me e All Day and All of the Night, sono ormai un lontano ricordo, ed è dai tempi delle nostalgiche meraviglie di Waterloo Sunset, di Death of a Clown e di Autumn Almanac che i Kinks non si affacciano nella Top Ten. È ora di tornare in classifica, rimugina Ray, che per arrivarci anche stavolta non sceglie la strada più diretta e convenzionale. Opta invece per la mossa a sorpresa, per l’atto culturalmente sovversivo condito di beffarda ironia.

Non tanto nella scelta musicale – una semplice ballata in equilibrio tra folk acustico e rock elettrico che ha nel sound ruvido e compresso e nell’accoppiamento inusuale tra una chitarra Martin e un dobro del 1938 comprati in un negozio di Shaftesbury Avenue, a Londra, il suo elemento stilistico più caratteristico – quanto per il testo. Nel momento in cui i Mungo Jerry impazzano nelle charts con lo skiffle rétro e spensierato di In the Summertime e gli Hotlegs divertivano con il nonsense e il beat primitivo di Neanderthal Man, e mentre a dominare la scena è il rock inequivocabilmente macho di Stones, Zeppelin e Deep Purple, Ray predilige l’estetica camp e tiene fede alla sua fama di osservatore obliquo e pungente della British way of life, dei costumi che cambiano e dello spirito eccentrico dei suoi connazionali mettendo al centro del racconto un personaggio pittoresco e un tema ‘scabroso’ e inedito in una canzone pop da classifica.

La Lola che la intitola e che la voce narrante del brano incontra in un club di Soho, infatti, “cammina come una donna ma parla come un uomo”, ha una voce scura e profonda e lo stringe, durante un ballo appassionato, fin quasi a spezzargli la spina dorsale. È, insomma, inequivocabilmente un travestito, un personaggio di fantasia che Davies ricrea ripescando nella memoria alcuni episodi di cui era stato testimone oculare: le frequentazioni dei gay club della capitale a fianco del batterista della band, Mick Avory, e soprattutto un incontro ravvicinato e danzante, in un appartamento parigino, tra il manager del gruppo Robert Wace e una equivoca conquista afroamericana («Hai notato la barbetta?, gli chiesi. Mi rispose di sì, ma probabilmente era troppo ubriaco per preoccuparsene»).

Prima di allora, riferimenti più o meno obliqui al tema del travestitismo si trovavano in Madame George di Van Morrison, in I’m a Boy degli Who (protagonista un ragazzino costretto a vestirsi da donna dalla madre desiderosa di un’altra figlia femmina) e in Arnold Layne dei Pink Floyd, il cui “strano hobby” consisteva nel rubare biancheria intima femminile lasciata al sole ad asciugare. Erano ritratti di personaggi eccentrici, in qualche modo vittime dell’ambiente familiare o emarginati dalla società. Non affrontavano il tema con il candore e la nonchalance del pezzo scritto da Davies in cui la scoperta della ‘diversità’ del partner occasionale non provoca particolari traumi all’altro protagonista della vicenda: erano passati solo pochi anni, ma la rivoluzione sessuale della seconda metà degli anni ’60 stava lentamente modificando, nella società anglosassone,  il sentire comune riguardo ai modelli di comportamento ritenuti accettabili o ‘normali’.  

Non sarà tanto quella descrizione ironica e tutto sommato affettuosa di un’avventura sessuale basata sul fraintendimento a procurare grane a Davies e al gruppo (anche se in Australia le radio si rifiuteranno di trasmettere il pezzo giudicato troppo osé), quanto piuttosto la citazione nel testo originale della regina dei soft drink, la Coca Cola. «È product placement!», tuoneranno gli alti papaveri della BBC, bloccando la messa in onda per palese contravvenzione al regolamento interno che impedisce di fare pubblicità nelle canzoni a prodotti commerciali e costringendo per ben due volte il povero Ray, impegnato in un tour americano con i Kinks, a fare la spola tra i due continenti per sostituire la frase incriminata con un più generico “cherry cola” tanto nella registrazione destinata alla diffusione radiofonica che in quella da pubblicare sul mercato nel formato 45 giri.

A dispetto di questi intralci, e delle polemiche successive innescate dal fratellino Dave che rivendica una royalty sostenendo di essere l’autore non accreditato della musica, Lola sarà un grande successo: numero 2 nelle classifiche inglesi nel luglio del 1970 e numero 9 in quelle americane, primo in Olanda e Top 5 in Germania, Austria, Belgio e Svizzera. Potenza di una melodia azzeccatissima (Rolling Stone l’ha inclusa nella lista delle 500 migliori canzoni di sempre) e di quel ritornello che scandisce ripetutamente il nome della protagonista appiccandosi in testa dopo il primo ascolto.

Talmente accattivante, immediato e multiuso da non potersi sottrarre alla parodia di ‘Weird Al’ Yankovic che nel 1985 incide Yioda adattando il classico dei Kinks al personaggio e agli eventi del quinto episodio della saga di Guerre Stellari, mentre i tifosi del Chelsea lo intoneranno allo stadio, una decina d’anni dopo, per celebrare i gol, gli assist e i dribbling del fantasista italiano Gianfranco Zola e quelli del Newcastle faranno altrettanto in omaggio a David Ginola, pop star francese del pallone che trovò fortuna oltremanica. Quella, del resto, è la natura di Lola: una affascinante e ammiccante creatura che 30, 40, 50 anni dopo conserva la sua divertente ambiguità e la capacità di prestarsi a ogni tipo di travestimento.

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