I dischi da ascoltare a giugno | Rolling Stone Italia
Classifiche e Liste

I dischi da ascoltare a giugno

Il mondo a metà fra ghetto e Olimpo di Mahmood, il ritorno dei Sottotono, il secondo ‘Banzai’ di Frah Quintale, Sleater-Kinney, Garbage, Kings of Convenience: gli album che ascolteremo nelle prossime settimane

I dischi da ascoltare a giugno

“Banzai (lato arancio)” Frah Quintale (4 giugno)

Per annunciare Banzai (lato arancio), il suo terzo album in studio, Frah Quintale ha distribuito un centinaio di gerbere per le strade di Milano. Su ogni vaso c’era il titolo dell’album e un messaggio: “Nascerà un fiore col tuo nome / Trattami bene, portami a casa”. S tratta del disco gemello di Banzai (lato blu), di cui abbiamo già ascoltato il bell’inedito Sì può darsi.

“Originali” Sottotono (4 giugno)

Un ritorno e allo stesso tempo un omaggio della scena italiana a chi ha contribuito ad aprire la strada al rap nel nostro Paese. Ci sono fra gli altri Guè Pequeno, Marracash, Tiziano Ferro (che è stato loro corista), Mahmood, Elodie, Coez, Primo, Fabri Fibra, Emis Killa, Jake La Furia. «Più che di una scintilla che ha riacceso un fuoco, questa ripartenza è frutto di una linfa vitale che non ha mai smesso di scorrerci sotto pelle. È come se questi vent’anni non fossero mai passati».

“Untouchable” Tony Effe (4 giugno)

A due anni dal singolo Bassotto, Tony Effe è finalmente pronto al suo debutto solista, senza la DPG. L’album si intitola Untouchable – un omaggio al film di Brian De Palma del 1987 – e si presenta con la copertina di Anton Tammi, l’artista che di solito collabora con The Weeknd. E a giudicare da alcuni post su Instagram, pare che in scaletta ci sia anche una collaborazione con Side Baby.

“James Is Back” James Senese (4 giugno)

«Queste canzoni sono lo specchio della mia vita. Si sente il soffio del mio cuore», ha detto James Senese del suo nuovo album, il ventunesimo, registrato dopo più di cinquant’anni di carriera. «Per realizzarlo ho guardato un po’ dappertutto. Ho cercato un unico suono: quello della verità, il mio essere nero e bianco… per potermi ritrovare e rintracciare la mia identità».

“Soberish” Liz Phair (4 giugno)

Qualcuno ricorda Exile in Guyville, che nei primi anni ’90 attaccava fin dal titolo il patriarcato rock? La madre putativa di tante angry young women torna con un album inciso col produttore storico Brad Wood, ma senza alcuno effetto nostalgia. «La nostalgia va bene per chi non si cura del presente». Se va tutto bene, la vedremo in novembre al Forum di Assago prima di Alanis Morissette.

“Blue Weekend” Wolf Alice (4 giugno)

Dopo il successo e il lungo tour che ha seguito Visions of Life, i Wolf Alice si sono rinchiusi in un Airbnb del Somerset per «riconfigurare chi eravamo come gruppo» e trovare un nuovo suono. Poco dopo, si sono spostati in una chiesa sconsacrata con il produttore Markus Dravs. Ne è venuto fuori Blue Weekend, un disco «scritto per gli altri», come ha detto la cantante Ellie Rowsell. «A volte ascoltiamo una canzone per sentirci meglio, oppure per sentirci visti. Spesso, quando mi sento triste penso: chissà quale canzone racconta cosa provo in questo momento».

“Jubilee” Japanese Breakfast (4 giugno)

Insieme a Soccer Mommy, Frankie Cosmos e Snail Mail, Japanese Breakfast è uno dei nomi più affascinanti del nuovo indie americano. La musicista, che in realtà si chiama Michelle Zauner, ha scritto il nuovo album Jubilee insieme a un libro, Crying in H Mart, in cui elabora la perdita della madre attraverso una serie di ricette. In entrambe le opere, ci ha detto, ha cercato di «trovare la bellezza nelle piccole cose».

“Changefobia” Rostam (4 giugno)

Changephobia è il secondo album solista di Rostam, ex musicista dei Vampire Weekend e produttore di Haim e Clairo. L’album è stato scritto in tre anni, mentre Rostam lavorava a Women in Music Pt. III e Immunity, e parla di accettare se stessi e i cambiamenti. «Transfobia, omofobia, bifobia – ho capito che queste parole nascono dalla paura del cambiamento, dalla paura di ciò che è sconosciuto, di un futuro in cui cambieranno tradizioni, definizioni e la distribuzione del potere».

“Dreamers Are Waiting” Crowded House (4 giugno)

Undici anni dopo l’ultimo album, la band di Neil Finn torna incidere con Mitchell Froom e porta nella formazione i figli Liam ed Elroy. Non ci sono grandi aspettative, la copertina è francamente orrenda e i pezzi usciti finora non sono capolavori, ma Neil Finn è un songwriter capace di grandi cose.

“The Drake” Cleopatrick (4 giugno)

Si torna a parlare di rock fatto con le chitarre? Ecco i Cleopatrick, band canadese che sembra venire dagli anni ’90 e dal mondo terremotato dai Nirvana. «Niente ghostwriter di merda, zero A&R, nessun grande produttore, solo ragazzi con qualche pedale fuzz e qualcosa da dimostrare. Abbiamo scelto di fare questo album in uno scantinato per mostrare a chi viene ai nostri concerti che per farcela non c’è bisogno di firmare un contratto con una grande etichetta o di imitare le rockstar fasulle. Anzi, è esattamente il contrario».

“Man Made” Greentea Peng (4 giugno)

«Non in sintonia con l’industria e sintonizzata con l’universo». Si presenta così Man Made, l’album di debutto di Greentea Peng. Scritto insieme alla band Seng Seng Family, «un viaggio ultrasonico» registrato a una intonazione inferiore rispetto agli standard – la celebre 432 Hz, la “frequenza dell’universo” – e con un suono «che non sarà digerito da tutti». Aspettatevi una specie di soul psichedelico, quasi la versione R&B di Tierra Whack.

“Hardware” Billy F. Gibbons (4 giugno)

Presente gli ZZ Top? Ecco. Qui Gibbons è alle prese soprattutto con pezzi originali scritti con Matt Sorum (Guns N’ Roses, Velvet Revolver, Cult), il co-produttore Mike Fiorentino e il fonico Chad Shlosser. È stato registrato ai margini del deserto californiano. «Il paesaggio, il profilo mutevole delle sabbie, i cactus e i serpenti a sonagli sono uno scenario intrigante che si riflette nel sound dell’album», dice Gibbons.

“Big Colors” Ryan Adams (11 giugno)

Il secondo tentativo del rocker americano, dopo Wednesdays, di far ripartire la sua carriera dopo aver visto la sua vita andare in fumo (per colpa sua, chiaro). «Big Colors nasce come una colonna sonora anni ’80 per un film mai esistito.  Mentre Wednesdays era uno studio del declino e della moralità , Big Colors vuole essere un sogno ad occhi aperti. New York, dove è stato scritto, mi proietta sempre verso nuovi, inattesi spazi creativi, e in questo album mi è capitato esserci più che mi sia capitato di farlo».

“Path of Wellness” Sleater-Kinney (11 giugno)

Path of Wellness è il decimo album in studio delle Sleater-Kinney e il primo dopo l’abbandono della batterista Janet Weiss (ne abbiamo parlato qui). Anticipato dai due singoli Worry With You e High in the Grass, il disco è stato registrato a Portland nell’estate del 2020, «su uno sfondo di disordini sociali, incendi devastanti e una pandemia furiosa».

“No Gods No Masters” Garbage (11 giugno)

«È il nostro tentativo di trovare un senso al mondo caotico in cui viviamo. È l’album che sentivamo di dover incidere in questo momento», ha detto Shirley Manson di No Gods No Masters, il settimo album in studio dei Garbage. Prodotto dallo storico collaboratore Bill Brush, sarà «altamente influenzato dalla numerologia: le sette virtù, i sette dolori e i sette peccati capitali». Abbiamo già ascoltato due singoli: The Men Who Rule the World e la title track, ispirata alle proteste in Cile.

“Butterfly 3000” King Gizzard & The Lizard Wizard (11 giugno)

A pochi mesi da L.W., il disco ispirato alla «musica classica delle culture orientali», i King Gizzard & The Lizard Wizard tornano con Butterfly 3000, il loro diciottesimo album in studio. Al momento si sa pochissimo: conterrà dieci brani di musica «melodica e psichedelica», non verranno estratti singoli, e in copertina ci sarà un autostereogramma.

“The Night They Came Home” Mr. Bungle (11 giugno)

Lo scorso Halloween i Mr. Bungle hanno organizzato uno speciale evento in streaming a Eureka, la città natale di Mike Patton, per suonare The Raging Wrath of the Easter Bunny Demo, il loro ultimo album che non hanno mai portato in tour a causa della pandemia. Quella performance ora diventerà un disco, intitolato The Night They Came Home. Possiamo già ascoltare (e vedere) un brano, Bungle Grind.

“Mammoth WVH” Mammoth WVH (11 giugno)

È il debutto di Wolfgang Van Halen, il figlio del chitarrista scomparso a ottobre 2020. Anche se il progetto porta il nome della prima band di Eddie, nel disco dei Mammoth MVH suona tutto lui. È un album rock senza virtuosismi: «La canzone è la cosa più importante. Non è mai una cosa fine a se stessa, solo per il gusto di suonare in maniera esagerata», ci ha raccontato.

“Culture III” Migos (11 giugno)

A tre anni da Culture II – e dopo un’infinità di teaser e diversi album solisti – i Migos hanno finalmente confermato la data d’uscita di Culture III, l’ultimo capitolo della trilogia di album che li ha portati al successo. Vedremo se anche questa volta il trio tirerà fuori hit come Bad and Boujee o Walk It Talk It, e che effetto farà il disco sulla scena rap americana.

“Ancient Dreams in a Modern Land” Marina (11 giugno)

Il ritorno del pop colorato e combattivo di Marina Diamandis, da Man’s World, «istantanea su come la storia ha soggiogato e discriminato donne e individui LGBTQ+», a Purge the Poison, singolo con un ritornello cantato dal punto di vista della Madre Terra. Per lanciarlo ci sarà un livestream con band e sezione d’archi dal deserto della California il 12 e 13 giugno.

“Mother Nature” Angélique Kidjo (11 giugno)

Dopo avere reso omaggio a Celia Cruz e ai Talking Heads, una delle più grandi dive africane viventi torna con un album di pezzi originali pieno di messaggi di empowerment. Tra gli ospiti, Burna Boy e Sampa the Great.

“We” Laura Masotto (11 giugno)

Composizioni dell’altro mondo dove il suono di una violinista dalla formazione classica incontra la strumentazione elettronica. Non un crossover banale, ma un disco meravigliosamente lento e denso, basato anche sul concetto di collaborazione (Roger Goula, Hior Chronik, ATŌMI).

“Scuro Chiaro” Alessandro Cortini (11 giugno)

«È l’opposto del chiaroscuro, e in un certo senso mostra che non importa come ordini le cose, ci saranno sempre due elementi che tendono a essere uno l’opposto dell’altro, che compongono la verità o inventano tutto», ha detto Alessandro Cortini, del suo nuovo album Scuro Chiaro. Per comporlo ha rielaborato suoni raccolti nel tempo nel suo archivio personale: «Le cose che sono state create in tempi diversi possono stare insieme in un’unica opera d’arte»

“Ghettolimpo” Mahmood (11 giugno)

Con Soldi e Gioventù bruciata è diventato una delle popstar contemporanee più interessanti del nostro Paese. Con Ghettolimpo e il suo concept (uno spazio intermedio fra i cieli e il nostro quotidiano, un po’ ghetto e un po’ Olimpo appunto), gli tocca dimostrare di essere il numero uno. I singoli promettono bene.

“Post-Momentum EP” Calibro 35 (11 giugno)

«È come se ci fossimo ritrovati, dopo anni, a confrontarci con il nostro contemporaneo, con quello che succede nel presente», dicevano i Calibro 35 di Momentum, l’album uscito a gennaio 2020, poco prima che la pandemia fermasse il mondo. Ora, dopo un anno complicatissimo, la band torna con Post-Momentum, un EP che rappresenta «una ripartenza e il primo passo verso il futuro». Contiene quattro inediti e due versioni alternative del Stan Lee: una è la traccia strumentale, l’altra contiene i featuring di Ensi e Ghemon.

“Cuore libero” Bobo Rondelli (11 giugno)

«Ho registrato questo disco in casa ed è stata anche una scelta sonora», ha detto Bobo Rondelli di Cuore libero. È un album malinconico, che parla di dolore e libertà, con un suono che lui definisce «un po’ Piero Ciampi, un po’ Nick Drake». L’intervista.

“Peace or Love” Kings of Convenience (18 giugno)

A 12 anni da Declaration of Dependence, i Kings of Convenience tornano con un nuovo album. Conterrà 11 tracce inedite tra ballate intime, accenni bossa nova, suoni leggeri e la solita attenzione per la melodia. «È pop music, ma non come la conoscete», ha detto Erlend Øye del primo singolo Rocky Trail. Al disco seguirà un tour europeo con tre date in Italia.

“Broken Hearts & Beauty Sleep” Mykki Blanco (18 giugno)

Cinque anni dopo l’esordio Mykki, Mykki Blanco torna con un mini album che vuole rappresentare una nuova fase della sua carriera. A giudicare dai primi singoli Free Ride e Love Me, è hip hop liquido, sensuale e atmosferico. Tra gli ospiti ci sono Blood Orange, Big Freedia e Kari Faux.

“One Foot in Front of the Other” Griff (18 giugno)

La vincitrice del premio Rising Star agli ultimi Brit Awards è una popstar 2.0. Scrive le sue canzoni, produce i beat, si disegna i vestiti e per il suo secondo concerto a Londra si è esibita alla Tate Modern. One Foot In Front of the Other è il suo primo mixtape. Possiamo già ascoltare la title track e il singolo Black Hole.

“Home Video” Lucy Dacus (25 giugno)

Nel terzo album la cantautrice americana si interroga sugli anni formativi passati a Richmond, Virginia. «Non posso più nascondermi dietro alle generalizzazioni tipiche della fiction», ha detto. Per chi ama Phoebe Bridgers e Julien Baker.

“Boy From Michigan” John Grant (25 giugno)

«Racconto da dove vengo e da cosa sono passato», ha detto John Grant dell’album prodotto con Cate Le Bon. «Lo stress crescente delle elezioni negli Stati Uniti e la pandemia hanno iniziato ad arrivare a noi alla fine di luglio e agosto dello scorso anno. A volte è stato un processo molto stressante date le circostanze, ma anche pieno di molti momenti incredibili e gioiosi».

“Hope” Marc Ribot’s Ceramic Dog (25 giugno)

Inciso col trio formato con Shahzad Ismaily (Secret Chiefs 3, Will Oldham, Ben Frost) e Ches Smith (Xiu Xiu, Secret Chiefs 3, Trevor Dunn’s Trio Convulsant), più vari ospiti, riflette in parte l’atmosfera apocalittica in cui è stato prodotto, con la pandemia e Trump dittatore/presidente, come lo chiama Ribot. «Ho pensato che dovesse riflettere questi tempi, un messaggio nella bottiglia ai nostri compagni naufraghi e (immaginari) ascoltatori. Ma una volta che abbiamo iniziato, è stato così divertente improvvisare che abbiamo dimenticato i disastri che c’erano fuori».