I concerti di Nick Cave e Warren Ellis sono un’esperienza religiosa | Rolling Stone Italia
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I concerti di Nick Cave e Warren Ellis sono un’esperienza religiosa

I due hanno portato a New York le canzoni di ‘Ghosteen’, ‘Skeleton Tree’ e ‘Carnage’. Ascoltarli significa partecipare a un’estasi collettiva, a incredibili incantesimi di un musicista-guaritore

I concerti di Nick Cave e Warren Ellis sono un’esperienza religiosa

Nick Cave

Foto: Sacha Lecca per Rolling Stone US

I coristi si sporgono in avanti, gli abiti lunghi e scintillanti si muovono mentre cantano in unisono e staccato: “Hand-of-god! Hand-of-god! Hand-of-god!”. Warren Ellis è immobile ad eccezione delle mani, che passa sulla barba mentre chiude gli occhi e canta insieme a loro, estasiato.

Intanto Nick Cave, il leader di questa congrega religiosa, vaga da un lato all’altro del palco. S’accovaccia, apre le braccia come un Cristo crocifisso, celebra la grandezza e i misteri della fede manco fosse posseduto. Questi musicisti non sono una setta, ma sottomettersi alla loro estasi collettiva è meglio che andare in chiesa.

Lo scorso weekend, Cave ed Ellis – violinista dei Dirty Three e collaboratore di Cave da quasi trent’anni – hanno fatto quattro concerti al King’s Theatre di Brooklyn e al Beacon Theatre di Manhattan. I due show a cui ho assistito sembravano revival spirituali, esperienze trascendentali. Qualche anno fa, Cave è entrato in una straordinaria nuova fase della sua carriera con Skeleton Tree, l’album del 2016 con i Bad Seeds. A pezzi a causa della morte del figlio adolescente, avvenuta nel 2015, per superare il lutto il musicista ha registrato le sue elegie più tristi.

Tre anni dopo, qualche mese prima dell’inizio della pandemia globale, Cave e i Bad Seeds hanno pubblicato Ghosteen, una raccolta di canzoni maestosa che dimostrava per la prima volta la sua ricerca di una pace interiore e di un futuro dopo il lutto. E poi un anno fa, insieme ad Ellis, ha scritto Carnage, un trattato su come superare le avversità che dopo questi ultimi due anni chiunque può sentire suo, che si apre con il cantico Hand of God.

Nick Cave & Warren Ellis “Hand of God” Kings Theatre Brooklyn 3-24-22

È da questa trilogia di album che proviene il grosso del materiale della scaletta dei concerti di Cave ed Ellis. Le canzoni hanno parlato al pubblico di disperazione, speranza e gioia, quasi un ritorno a casa dopo tre anni di sofferenza universale. E mentre faceva il maestro di cerimonie di questo risveglio emotivo, Nick Cave ha raggiunto un nuovo picco.

La cosa più impressionante è la capacità di Cave e Ellis di metterci tanta intensità con l’accompagnamento di un gruppo di musicisti non troppo grosso. Sul palco dei concerti dei Bad Seeds ci sono spesso dodici persone, praticamente un’orchestra rock. In questo caso c’erano solo Cave, Ellis, i coristi (Janet Ramus, Wendi Rose, T. Jae Cole) e il polistrumentista Luis Alma (a quanto pare l’unico a non sapere che tutti i bravi Bad Seeds mettono l’abito scuro). Gran parte della musica del concerto proviene dai sintetizzatori di Ellis, un suono caldo e vaporoso in cui è facile perdersi (forse ho assistito al live di Nick Cave and the Badalamenti Seeds?), soprattutto quando è trasmesso dall’impianto di un teatro e ti avvolge in pezzi di Ghosteen come Night Raid e Galleon Ship. Oppure quando palpita ipnotico in Carnage, mentre Cave e i cantanti intonano che “è solo amore con un po’ di pioggia, spero di vederti ancora”.

Foto: Sacha Lecca per Rolling Stone US

E però sono i momenti di tenerezza a brillare di più durante i concerti. La voce di Cave si è spezzata, come se stesse piangendo di nascosto, mentre cantava e suonava il piano in Waiting for You, che si è sentita per la prima volta live in questo tour. È successo mentre recitava le parole: “Il tuo corpo è un’ancora, non ha mai chiesto di essere libero / Voglio solo continuare a lavorare per renderti felice”. E il fruscio di I Need You, un brano di Skeleton Tree, suonava straziante in un arrangiamento tanto scarno, mentre Cave cantava che “niente importa davvero se chi ami se n’è andato”. Suonate una dopo l’altra, queste due canzoni hanno generato un momento di vulnerabilità tra musicisti e pubblico.

I 15 incredibili minuti di Hollywood, da Ghosteen, hanno fatto a pezzi gli spettatori, con Cave che camminava lento sul fronte del palco stringendo mani e raccontando la leggenda buddista di Kisa Gotami, la donna dell’India settentrionale che implorava Buddha e gli abitanti del villaggio di aiutare il suo bimbo morto. Né sono mancati momenti d’intensa melodia intonata da Cave e dai coristi: “Tutti perdono qualcuno, la strada per trovare la pace è lunga”. Al King’s Theatre, Cave ha dedicato Girl in Amber alla sua ex e co-fondatrice dei Bad Seeds Anita Lane, morta quasi un anno fa. E ha invocato il compianto produttore Hal Willner prima di eseguire una lenta, riflessiva interpretazione di Cosmic Dancer dei T. Rex, con un bell’assolo di violino che Ellis ha suonato sdraiato su una sedia. «Questa roba la racconterete ai vostri nipoti», ha detto Cave.

Non c’è stata solo disperazione. In White Elephant, atto d’accusa contro la supremazia bianca contenuto in Carnage, la musica s’interrompe mentre Cave e le coriste cantano “a time is coming, a time is nigh for the kingdom in the sky”, e in quel momento Dio è davvero nella casa. Con la sua voce profonda e minacciosa, Ramus ha fatto la parte di PJ Harvey in una rara esecuzione del duetto Henry Lee, dalle Murder Ballads del 1996, uno degli highlight della serata. Si è sentita anche God Is in the House, su una piccola città in cui il fervore religioso è tale che nulla di male può mai accadere. Cave l’ha interpretata invitando il pubblico a «gridare in silenzio» insieme a lui.

Foto: Sacha Lecca per Rolling Stone US

In entrambi i concerti Cave ha incoraggiato i fan delle balconate a urlare ad ogni “balcony” contenuto in Balcony Man, da Carnage, manco fosse la parola segreta di Pee-Wee’s Playhouse. Al Beacon il pubblico l’ha fatto in modo particolarmente chiassoso. La canzone contiene anche la variante di Cave del vecchio detto di Nietzsche sulla perseveranza nelle difficoltà: “Quel che non uccide ti rende più folle”.

È in passaggi come questo che ti viene voglia d’urlare e di piangere allo stesso tempo, perché capisci che è esattamente quel che stai vivendo ogni maledetto giorno della tua vita. Se questo nuovo Nick Cave è un guaritore pieno di fede, i suoi incantesimi funzionano, eccome. Impossibile uscire da un concerto del genere e non sentirsi cambiati.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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