I 20 migliori album italiani del 2022 (fino a oggi) | Rolling Stone Italia
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I 20 migliori album italiani del 2022 (fino a oggi)

Ecco la nostra selezione dei dischi più interessanti usciti nei primi sei mesi dell’anno. Da Fibra ai Calibro, dal successo di Lazza all'underground di Whitemary, questi album hanno lasciato un segno

I 20 migliori album italiani del 2022 (fino a oggi)

Artwork Stefania Magli

“Specchio” Ariete

Ha qualcosa di tenero e assieme tosto il debutto di Ariete, che è partita dal racconto dei suoi 18 anni e ora fa musica in cui il suo pubblico può vedersi riflesso, allo Specchio appunto, anche grazie a un mix di melodie sbarazzine e testi sulla necessità di trovare un posto nel mondo. Le abbiamo dedicato una digital cover.

“Accade” Francesco Bianconi

Accade che durante il lockdown Bianconi faccia una cosa chiamata Storie inventate: ogni settimana interpreta un pezzi altrui con l’accompagnamento di Angelo Trabace al pianoforte. In Accade, che ci ha raccontato qui, interpreta cover, ma anche canzoni che ha scritto e dato ad altri e lo fa in parte con quello stesso spirito, anche se con arrangiamenti più elaborati. La più sorprendente: La playa con Baby K.

“Scacco al maestro” Calibro 35

Gli Avengers del rock italiano alle prese col repertorio di Morricone. I Calibro rifanno le sue (grandi) composizioni per il cinema in modo rispettoso, ma adattandole alla loro strumentazione, al loro modo di far musica. «Questo disco» ci hanno detto «non è un omaggio, non è una commemorazione anche perché l’avevamo pensato prima della sua morte, non è nemmeno un’agiografia. È una sfida».

“La ragazza del futuro” Cesare Cremonini

Un album vero in un mondo a forma di playlist. In un mondo che cambia, in cui molti cantautori dell’epoca d’oro sono morti o si sono ritirati, Cesare Cremonini è diventato il nuovo classico, uno dei pochi che in Italia ha capito come si può nel 2022 stare dentro al pop facendo canzone d’autore.

“Qonati” Deriansky

Non ci sono artisti come Deriansky in Italia, ve l’abbiamo detto. La sua musica è un match tra futurismo sonoro e rappato pseudo-classico, per un incesto di parole-suoni che lascia affascinati. Questo disco – come da titolo – è un’espulsione organica di malessere come atto terapeutico tra Death Grips e Salmo, tra Pufuleti e JPEGMafia. Un film horror sonoro dalla Gen Z.

“Camouflage” Ditonellapiaga

Ma chi è questa Ditonellapiaga? Se lo sono chiesti in molti quando la giovane artista romana ha iniziato a cantare la sua instant hit, Chimica, sul palco dell’Ariston al fianco di Donatella Rettore. A colpire era soprattutto la sensazione che la ragazza fosse a suo agio, quasi fosse abituata – o nata – per quel tipo di palcoscenico. Camouflage, il suo disco d’esordio, è forse meno smaccatamente spregiudicato, ma raccoglie intelligentemente le varie possibilità sonore di Margherita Carducci mischiando indie, pop, elettronica e rap in un modo tutto suo. Un esordio che promette qualcosa.

“Ritorno al futuro/Back to the Future” Elisa

Ha vinto Sanremo (non è vero, han vinto Blanco e Mahmood, ma la sua partecipazione è stata comunque un successo), è in tour con uno spettacolo in cui ha introdotto la sensibilità ambientale che un po’ latita nel pop italiano, ha fatto un album doppio con canzoni in italiano e in inglese, in cui queste ultime non sembrano neanche fatte da un’italiana (è un complimento). Il 2022 è anche il suo anno. Lei ne è l’eccezione.

“Caos” Fabri Fibra

Caos è un disco particolare perché è un disco rap di un uomo di 45 anni in un momento in cui il rap, o quello che è diventato ora, è in mano a teenager e ventenni. Come si affronta il pregiudizio che definisce il rap come giovanilistico? A risolvere la questione è la solidità stilistica di Fibra che, dal suo ruolo di capostipite del rap italiano, si ripropone come pioniere di territori inesplorati per il genere. Trascinato dalla marcetta italianissima di Propaganda, con la coppia Colapesce-Dimartino, l’album è pura essenza Fibra, un misto di ironia e malinconia che lo contraddistinguono sin dai tempi dello strepitoso Turbe giovanili. Noi gli abbiamo dedicato una digital cover e un numero cartaceo in edicola.

“Benevolent” Generic Animal

Luca Galizia è forse il miglior cantautore disperato della sua generazione e Benevolent è un disco di canzoni strambe e tenere come il mostro sbattuto in copertina. Un album fatto in famiglia, come ci ha raccontato, che allunga la discografia delle piccole perle emo-indie del cantautore e che si posiziona come il disco più classico e meno contemporaneo tra quelli che ha pubblicato finora. Un disco del 1995, composto da un ragazzo del 1995, oggi.

“Sirio” Lazza

Il primo candidato ad essere il Taxi Driver del 2022, vale a dire l’album che nel corso dell’anno sbanca un po’ a sorpresa la concorrenza, è Sirio: 12 settimane in classifica, di cui sette al primo posto. «È un album molto malinconico», ci ha detto Lazza.

“Kuni” LNDFK

L’album più internazionale della lista. L’esordio dell’artista italo-tunisina è R&B modernissimo, con sfrecciate jazzy e incursioni elettroniche ad allargare una palette sonora molto elegante. Un’evoluzione personale, non solo musicale, come ci ha raccontato. Un lavoro che non sfigurerebbe nella classifica degli internazionali.

“Virus” Noyz Narcos

Lo abbiamo definito il virus radicale del rap italiano. Pur avendo contribuito a porre le basi della musica che oggi va più forte, oppone ai sogni di ricchezza degli altri le leggi e l’estetica della strada. «Bisogna spingersi fino al limite, anche se costa caro».

“Salvatore” Paky

Rappa per dolore e per rabbia, rappa per i ragazzi che vogliono i soldi per mangiare, non per comprarsi le Balenciaga. «Mi nutro di esperienze», ci ha detto quando siamo andati a trovarlo a Rozzano. Il 2022 è anche il suo anno.

“Space Cowboy” Tommaso Paradiso

Tommaso Paradiso è spudorato. Non fa mistero né delle sue fonti d’ispirazione, né della sua idea di musica radicata un po’ nel presente e un po’ in un passato mitizzato. Sono spudorate anche le sue canzoni fatte apposta per piacere. «Sono un cantautore legato alla contingenza, che a volte fa un disco più intimista, perché a volte c’è meno da essere allegri, e altre volte fa un disco di hit che inneggiano alla libertà. Questo spero di restare e voglio restare», ci ha spiegato.

“Pornostalgia” Willie Peyote

Nel nuovo album Willie Peyote è antropologo dell’industria musicale, psicologo di coppia, giornalista di costume e stand-up comedian che osserva e racconta il mondo. È l’ufo del pop italiano, unico da far schifo, come abbiamo titolato la digital cover a lui dedicata. «Mi limito a guardarmi intorno, farmi delle domande e scriverle. Talvolta riesco a darmi anche qualche risposta».

“Entropia Padrepio” Post Nebbia

Tra Tame Impala e Battisti, tra psy rock e un certo indie elettronico, il nuovo album dei Post Nebbia nasce dalla crisi spirituale del suo factotum Carlo Corbellini. È il disco in cui i Post Nebbia scoprono la forma canzone, in modo egregio. Moderno, ma dal carattere vintage, Entropia Padrepio mette «più al centro l’interpretazione» per «ricercare una maggiore umanità, un certo tipo di profondità, di intimismo, di vulnerabilità» come ci ha raccontato Corbellini.

“Seven 7oo Mixtape” Seven 7oo

Uno dei fenomeni dell’anno è questo collettivo che viene dal Municipio 7 di Milano, quello di San Siro, e che mette assieme Rondo, Saky, Vale Pain, Neima Ezza, Keta e Kilimoney. “Senti che flow hanno le case popolari”.

“X2” Sick Luke

È un buon momento per gli album collaborativi dei producer, come ha dimostrato nell’ultima stagione Obe di Mace. X2 si muove circa sulla stessa falsariga, 17 brani per una trentina di ospiti, con un’attenzione intensa verso la trap che lo stesso Sick Luke ha codificato in questi anni di carriera, a partire dalla Dark Polo Gang. «Volevo che la gente sentisse cose molto diverse dallo stile classico che di solito associano a me, per dimostrare chi sono», ci ha raccontato. Tra gli ospiti, thasup, Sfera Ebbasta, Ariete, Cosmo, Madame, Fabri Fibra, Ghali, Tony Effe, Franco126, Coez.

“Ami pensi sogni senti” VV

È il disco pop più matto dell’anno. L’avevamo lasciata alle prese con canzoni piene d’immaginazione, ma tutto sommato tradizionali. La ritroviamo immersa in un universo parallelo e iperpop (e anche un po’ hyperpop) mentre canta e suona canzoni colorate, folli e fanciullesche, lanciata in un viaggio verso l’ignoto strutturato come un videogame.

“Radio Whitemary” Whitemary

«Bpm, cassa dritta e un certo modo di produrre per aiutare ad empatizzare sui testi» è un ottimo modo di spiegare il disco di una delle promesse dell’elettronica pop, Whitemary. Tra beat che attaccano al dancefloor e mantra vocali da cantare, la produttrice aquilana si posiziona su un percorso sonoro a metà tra Cosmo e Marie Davidson a colpi di sintetizzatore, uno spazio che in Italia rischiava di rimanere vuoto.