«Hanno iniziato a sparare, e il tempo si è fermato»: 50 anni dal massacro di Kent State | Rolling Stone Italia
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«Hanno iniziato a sparare, e il tempo si è fermato»: 50 anni dal massacro di Kent State

Il 4 maggio 1970 la Guarda Nazionale americana uccise quattro studenti che protestavano contro l’invasione della Cambogia voluta da Nixon: il fondatore dei Devo era lì, e ha raccontato cosa ricorda di quella giornata terribile

«Hanno iniziato a sparare, e il tempo si è fermato»: 50 anni dal massacro di Kent State

Foto: Bettmann Archive/Getty Images

Sono arrivato nel campus della Kent State nellautunno del 1966 da matricola grazie a una borsa di studio. Già allora pensavo che la guerra del Vietnam fosse una stronzata. Non era come ai tempi di mio padre quand’era chiaro che Hitler era una minaccia reale. Era una guerra contro un nemico inventato, era una guerra imperialista, era una guerra di merda. Non c’era modo di vincerla e stavamo cagando su una nazione sovrana che non ci aveva attaccati. Non volevo andare a crepare per quella roba lì.

Mi hanno chiamo alle armi nel 1967. Pensavo che sarei morto laggiù e invece il medico che mi curava fin da piccolo compilò un rapporto falso trasformando un’ernia che avevo avuto in un’ernia inguinale sinistra, grazie alla quale ottenni un rinvio. Non avevo la stoffa del soldato. Comunque, la Kent State University era stata calata nella piccola città di Kent, nell’Ohio nordorientale. L’intera regione era saldamente repubblicana e all’epoca la popolazione era composta per lo più da colletti blu. Erano conservatori, c’era un sacco di fondamentalismo religioso. Gli abitanti di quella e delle città vicine odiavano l’università.

Io ero lì per studiare arte, c’era questa piccola cricca di studenti provenienti da posti come New York, Connecticut e Massachusetts. Ci vestivamo alla moda, portavamo i capelli lunghi, ci piacevano Andy Warhol e i Velvet Underground.

Eravamo un’anomalia nel campus e difatti venivo preso di mira. I ragazzi delle confraternite mi minacciavano ogni giorno, mentre andavo a lezione. Quando passavo davanti a loro iniziavano a canticchiare: “Sei un ragazzo o una ragazza?”. Mi facevano il dito medio, mi assicuravano che mi avrebbero fatto il culo. Non avendo alcun istinto di sopravvivenza rispondevo: “Ah, sì? Se pensi che io sia una ragazza, perché non vieni qui e mi succhi il cazzo?”. Poi scappavo. Li odiavo.

I miei genitori non sapevano che farsene dell’università. Erano operai. Erano conservatori. Non potevano permettersi di mandarmi all’università e pensavano che avrei dovuto trovarmi un lavoro. Non mi concedevano alcuna fiducia. Mio padre non era orgoglioso di me. D’estate lavoravo, era uno dei miei compiti in quanto borsista. Il mio lavoro consisteva nel guidare i nuovi studenti nel processo di iscrizione, aiutarli nel programma di studi, metterli in contatto coi professori. È così che ho conosciuto Jeffrey Miller e Allison Krause, due dei quattro studenti che sono stati ammazzati. Mi occupavo di loro.

Jeffrey e Allison erano entrambi intelligenti, già liberali. Immagino che oggi sarebbero considerati dei sinistrorsi. Di sicuro erano contro la guerra. Allison era molto sexy e i ragazzi le sbavavano dietro. Jeffrey era un grande fan degli Who, degli Steppenwolf, della musica che andava all’epoca.

Per tutto il tempo in cui ci sono restato, il movimento politico all’interno del campus è stato in crescita. È iniziato con alcuni incontri fuori dal campus a cui partecipavano 20 studenti a cui veniva dato il tormento. L’anno successivo gli studenti erano 200. La cosa ha dato vita a una protesta massiccia e Mark Rudd venne dalla Columbia per far iscrivere la gente alla Students for a Democratic Society (SDS). Tenne un discorso entusiasmante davanti a 2000 persone.

Dei giorni precedenti quel lunedì 4 maggio 1970 ricordo le notizie provenienti dalla TV che dicevano che la guerra ora era anche in Cambogia. Quella sera furono scontri anche violenti in città fra cittadini e studenti. Gli abitanti credevano a tutte quelli folli teorie cospirative, tipo che volevano mettere l’LSD nelle loro acque potabili. Ci odiavano. E francamente, gli studenti non cercavano di dissuaderli. Anche loro li odiavano.

E poi c’erano persone inquietanti che si univano agli attivisti politici intorbidendo le acque. Erano lì solo perché gli piaceva fare casino. Erano lì solo per gli scontri. In un contesto democratico è pressoché impossibile controllare quelle persone o separarle dalle altre.

È così che l’edificio del Reserve OfficersTraining Corps è stato dato alle fiamme. Non credo che siano stati i membri della SDS a farlo. Vorrei tanto pensare che siano stati agenti sotto copertura a farlo al fine di screditare la SDS e far sembrare gli studenti pericolosi e dare alla gente una scusa per darci la caccia. Io me ne sono tenuto alla larga. Sapevo che era una brutta faccenda. Quando è scoppiato l’incendio ho pensato: questa è una schifezza, me ne vado. Sono tornato a casa.

A quel punto il governatore è andato in TV e ci ha chiamati “camicie brune”. Era sempre a caccia di conflitti. Come Trump oggi, per il quale è tutto un incontro di wrestling. È stato il governatore Rhodes, a nostra insaputa, a cospirare con il preside della Kent State University per ospitare la Guardia Nazionale in alcuni edifici la domenica sera, in modo da essere pronti per la manifestazione di protesta che tutti sapevano stava arrivando. Gli studenti del resto non lo nascondevano. Il piano era di dichiarare la legge marziale poco prima della protesta e prendere gli studenti alla sprovvista, colpirli a tradimento.

La mattina delle sparatorie ero in una classe di disegno e progettazione. Da lì sono andato all’Unione Studentesca. Era il centro di tutte le cricche di noi studenti, dove i nerd, i ragazzi delle confraternite, i politicizzati e gli artisti avevano i loro piccoli spazi. Ci stavamo scambiando informazioni e ci preparavamo ad uscire a mezzogiorno, l’ora per la quale era stata convocata la manifestazione.

Ci siamo recati in una zona chiamata Commons, vicino all’Unione Studentesca. C’era un bel prato vede che si alzava in dolci colline che si congiungevano al resto del campus con un’estensione a 180 gradi. Era un posto molto, molto bello. Sembrava un campus della Ivy League con alberi e lampioni in stile art déco. Gli studenti si riunivano lì ogni giorno, se il tempo era buono gettavano i plaid e consumavano il pranzo e pomiciavano.

Ci ritrovammo tutti lì a mezzogiorno. Mentre parlava un ragazzo di nome Howie [Emmer], uno degli attivisti più importanti, abbiamo capito che cosa sarebbe successo. Era arrivata la Guardia Nazionale. Alcuni erano a piedi, altri a bordo di jeep, altri ancora su veicoli coperti da teli. Arrivavano da due o tre direzioni contemporaneamente, coordinati, in formazione d’attacco.

In sostanza, ci avevano in pugno. Non potevamo tornare indietro e uscire dal campus. Dovevamo salire sulla collina. L’unica via di fuga era su per la collina.

Cominciarono annunciando: “Questa è una riunione illegale. Dovete disperdervi. Il governatore Rhodes…”. Bla bla bla. E ovviamente che cosa fanno gli studenti? “Vaffanculo!”, rispondono. “Non vogliamo la vostra cazzo di guerra!”. Erano un rito dell’epoca. Era successo decine di volte.

La Guardia Nazionale indossava maschere antigas e aveva fucili M1 e baionette. Cominciarono a sparare gas lacrimogeni. Gli studenti più coraggiosi armati di fazzoletti cercavano di afferrarli e lanciarli verso di loro. Noialtri cominciammo a salire sulla collina: “Ok, cazzo. La situazione si è accesa, non va affatto bene”.

Ci affrettavamo a salire sulla collina perché da lì sarebbe stato possibile uscire per il parcheggio di studenti e insegnanti che si trovava dall’altra parte dell’edificio del giornalismo. Era situato su un bel posto in cima alla collina con un enorme terrazzo con i tavoli su cui gli studenti consumavano i pranzi e si rilassavano tra una lezione e l’altra.

Tutti erano all’esterno perché era una bella giornata di sole. Erano curiosi di sapere cosa sarebbe successo alla manifestazione. Si vedeva chiaramente la differenza fra gli studenti attivi nella protesta e quelli ai margini della collina che osservavano.

Ero salito sulla collina e intanto ci seguivano. Ci siamo resi conto che ci aspettavano dall’altra parte del parcheggio. Eravamo in trappola. Ho guardato su per la collina e li ho visti. Si erano ammassati lì e poi si sono fermati. Abbiamo pensato: “Ok, ora ci marciano addosso con le baionette per spaventarci a morte, ci spingono dall’altra parte del parcheggio e ci arrestano”. Pensavamo fosse una sorta di gioco di potere.

E invece non si muovevano. Ma che fanno?, pensai. Avevano addosso le maschere antigas e quindi non si sentiva niente di quel che dicevano, ma vidi qualcuno dei capi urlare a due file facendo un gesto con la mano. È stato allora che hanno iniziato a sparare.

Per un momento il tempo si è fermato. È stato come in un film di Scorsese, come Toro scatenato dove all’improvviso Jake LaMotta viene colpito in faccia e tutto va al rallentatore. E poi torna indietro come in un film hollywoodiano e, bang! Si torna al tempo reale. Ecco il sangue, le urla, i pianti, il caos…

Mi giro e vedo un tizio steso sulla pancia per strada. La gente comincia a radunarsi attorno. C’è del sangue che gli cola dalla testa e dalla zona del collo. Il sangue brilla al sole di mezzogiorno. Mi rendo conto che è Jeff Miller. Mi viene il vomito e sento che sto per svenire.

Mi siedo sull’erba. Circa 30 secondi dopo, mi rendo conto che ci sono persone che urlano: “Allison! Allison!”. Non riesco a vederla, ma vedo tutta questa gente che si agita attorno a una persona stesa immobile sulla schiena nel parcheggio. Quella persona era Allison Krause.

Nessuno sa che cosa accadrà, c’è gente che urla e piange, c’è il caos. C’era un servizio d’ordine studentesco, tipo poliziotti buoni. Indossavano fasce sul braccio e gridavano: “Non muovetevi! Non muovetevi! Sedetevi e basta! Non correte!”.

Non sapevamo se avrebbero continuato a spararci addosso. Non sapevamo cosa cazzo sarebbe successo. In quel momento sei come congelato a casa del trauma e della paura. Te la fai addosso. Gli studenti hanno 18, 19, forse 20 anni. Io ne avevo 20. Non sarei comunque riuscito a muovermi. Tremavo. Avevo visto cos’è la vera violenza e che cosa succede quando gli M1 sparano proiettili militari che trapassano gli esseri umani.

Dovete capire che i ragazzi che sparavano avevano la stessa età di quelle che uccidevano. Erano tutti lì in piedi, spaventati. Neanche loro si muovevano. Si erano resi conto di quel che avevano fatto.

Sembrarono ore. Non credo che siano passate davvero delle ore, ma quando le ambulanze sono arrivate e hanno attraverso il prato, gli studenti erano già morti.

Gli altri due studenti [Sandra Scheuer e William Knox Schroeder], che non conoscevo affatto, erano ancora più lontani. Erano vicini all’edificio di giornalismo. Non erano attivisti. Una stava cercando di andarsene via in auto e l’altro era uscito per vedere che diavolo stesse succedendo. Quei due sono stati un danno collaterale di questo spettacolo politico dell’orrore.

Non hanno colpito me o nessuno del mio gruppo perché sparavano sopra le nostre teste. È stata fortuna, tutto qui. Nove feriti. Uno paralizzato a vita. Quattro morti.

Per i 10 giorni successivi c’è stata una forma di legge marziale dove alle 19 c’era il coprifuoco e nessuno studente poteva stare in strada. C’erano jeep ed elicotteri militari che pattugliavano la città ad ogni ora. Hanno chiuso il campus fino all’autunno successivo. Non ho avuto una cerimonia di laurea. Mi sono laureato via posta.

Il giorno della sparatoria è stato come prendere la pillola rossa. Non che prima fossi disinteressato alla politica, ma ancora pensavo: ok, ci sono delle cose che non vanno nel nostro Paese, ci sono delle mele marce, ma possiamo rimediare. Credevo un po’ troppo nel brand America.

Una volta che imbocchi l’altra strada, ti rendi conto che quella americana è una storia di genocidio, razzismo, disuguaglianza, corruzione, violazione dei principi dello stato di diritto democratico, presa di potere, imperialismo, sporchi trucchi, dittatori amici, CIA … ti accorgi che ti hanno venduto un mucchio di fantasie di merda.

L’ho ripetuto spesso e ne sono convinto, non credo che ci sarebbero stati i Devo se non fosse stato per la Kent State. Senza quel trauma e la “pillola rossa”, avrei preso un’altra strada nella vita. Avevo una borsa di studio per la University of Ann Arbor Graduate School come artista, ma ero membro della SDS e dopo gli omicidi alla Kent State i governatori di quattro Stati, tra cui il Michigan, hanno fatto un patto per cui tutti gli studenti fuori dallo Stato che facevano parte di un gruppo radicale avrebbero perso le loro borse di studio e si sarebbero visti negare l’ammissione.

La loro teoria, alimentata da Nixon e dal vicepresidente Spiro Agnew, era che erano stati gli agitatori provenienti dall’esterno a corrompere i bravi studenti delle università del Midwest.

Sono stato costretto a tornare alla Kent State con la coda tra le gambe per cercare di prendere lì la specializzazione. Mi ero laureato con una media alta, perciò mi hanno accettato.

Ma ormai la protesta organizzata dagli studenti era finita. Uccidere gli studenti funziona davvero. Gli attivisti hanno lasciato la città, si sono nascosti o si sono uniti al Weather Underground. Altri ragazzi si sono tagliati i capelli e sono andati a lavorare per i papà che li avevano rotto le palle perché si rimettessero in riga. La Kent State ha distrutto il movimento.

Se ci ripenso adesso, credo che il nostro Paese sia peggiore di quello di allora. La gente aveva più informazioni non filtrate di adesso. Dicono che viviamo in una autostrada digitale dell’informazione aperta, ma sono tutte stronzate. È tutto controllato, è disinformazione. Ognuno crede a quel che vuole. Sono tutti nel loro Idaho privato. Sono tutti dentro la loro bolla.

Ci sono i cospiratori che credono che il clima sia controllato dai Rothschild. Poi ci sono i negazionisti del clima tipo Trump. E così via. Risultato: il caos. E a chi fa comodo il caos? A un governo autoritario e crudele. È una kakistocrazia plutocratica dove a capo dei dipartimenti governativi sono state messe persone senza alcuna qualifica che odiano la missione stessa di quel dipartimento. È come un film della Marvel Comic.

Che cosa è successo in questi 50 anni? La destra ha perso la guerra culturale perché non è cool e gli hippie pensano di aver vinto grazie ai festival come Woodstock. Tutti pensavano di essere fighi. Beh, gli uomini di destra hanno preso quel rifiuto culturale e l’hanno trasformato in rabbia e risentimento.

Le mele marce si sono impadronite del barile. È corrotta fino al midollo la kakistocrazia. Non c’è alcun bilanciamento fra poteri. I democratici sono compromessi perché sono in mano ai plutocrati e sono in debito con i loro finanziatori. I media hanno smesso di fare il loro lavoro. Sono venduti e compromessi. Gli studenti che escono dal sistema educativo non hanno alcuna capacità di pensiero critico. Gliel’hanno sottratta.

Quel che è successo è semplicemente orribile. E ora abbiamo il Covid-19 per finire il lavoro in un anno di elezioni. È un regalo alla destra 10 volte più grande del regalo dell’11 settembre a George W. Bush, quando dicevano: “Bene, ora possiamo davvero implementare uno stato di sorveglianza. Ora possiamo sul serio togliere il diritto al primo emendamento. Transportation Security Administration? Non c’è problema. Patriot Act? Sono tutti d’accordo!”.

Quello che sta succedendo è roba ancora più grossa. Assisteremo a un trasferimento di ricchezza a un minoranza più piccola dell’1% e in quanto ai diritti che pensate di avere, aspettate a vedere che cosa succederà l’anno prossimo. È finita per lo stato di diritto. È finita per i diritti delle donne. L’odio razziale ed etnico sarà pompato al di là di ogni immaginazione e nessuno prenderà le tue difese. Non ci sarà alcun Roe vs Wade. Gli Stati Uniti diventeranno un orrendo Paese di destra.

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