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Franco Battiato, il ricordo di Cristiano Godano

«La svolta de 'L'era del cinghiale bianco' è uno dei voltafaccia più eclatanti e sfacciati della storia della musica italiana. Nessuno ha saputo reinterpretare la tua grandezza», scrive il frontman dei Marlene Kuntz

Foto: Guido Harari

Se dico che non sono mai stato un fan acceso di Battiato per semplici questioni di gusti musicali (il nostro Luca lo è, accesissimo), cerco di dire il vero ammettendo la mia ignoranza della sua opera completa. Ma ho sempre percepito e ammirato appieno la sua intelligenza fulgida manifestatasi nelle più disparate occasioni, e il talento inarrivabile nel creare canzoni molto popolari sbeffeggiando la banalità delle soluzioni a buon mercato (mi riferisco ai testi in particolare).

Una cosa di lui ho sempre adorato e forse, per certi versi, invidiato: quel momento topico della sua carriera in cui, da una serie importante di dischi di musica impegnativa, elitaria, fruibile da un solo pubblico di cultori in grado di capire, decide di uscirsene con una raccolta di canzoni pop (giustappunto) per uno dei voltafaccia più eclatanti e sfacciati della storia della musica italiana (ovviamente alludo a L’era del cinghiale bianco). Roba che se ci fosse stato Internet lo avrebbero massacrato (e chissà se avrebbe saputo essere del tutto superiore sogghignando dall’alto del successo raggiunto… Non ne ho davvero idea).

Fra i vari post che ho letto ieri sui social, poi, Vanity Fair ha riportato una sua affermazione estremamente intelligente (ancora la sua intelligenza…): «Non voglio sentirmi intelligente guardando dei cretini, voglio sentirmi cretino guardando delle persone intelligenti». Non posso non dire, infine, di quella volta che ci capitò di andare a casa sua a fargli visita (io, Luca Bergia e Davide Arneodo): fu una chiacchierata assai piacevole, da lui condotta magistralmente in qualità di anfitrione decisamente abile e affabile (Il ricordo prevederebbe aneddoti e curiosità varie, ma sono cose che stanno bene nella loro intima dimensione privata). Addio, Franco Battiato! Non mi pare ci siano in Italia significativi “allievi” di cui si possa dire che hanno saputo reinterpretare la tua grandezza mutuando da essa qualcosa di influente per il loro percorso artistico, e questo la dice lunga sulla singolarità e inimitabilità del tuo gran talento.

(Non sarò stato suo fan acceso, e l’ho ammesso, ma la volta che lo vidi in concerto assistetti a una infilzata di pezzi suoi bellissimi. Come si suol dire… uno più bello dell’altro. Sempre, al successivo, dicevo fra me e me: “Ah, giusto, ha fatto anche questa! Ma quante canzoni fighe ha fatto?”).

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