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Giovedì 3 luglio 2025, Bruce Springsteen e la E Street Band tornano a San Siro per la seconda data milanese, tre giorni dopo il primo show. Concerto spettacolare, ma la vera star è il pubblico: coreografie mozzafiato, rese possibili dal crowdfunding di Our Love Is Real, già pronte per le date dello scorso anno, poi annullate a causa dei problemi alle corde vocali del Boss. Roba da finale di Champions. Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
Qualche modifica alla scaletta durante il soundcheck aveva fatto sperare in una serata diversa dal solito, magari in stile Asbury Park, 15 settembre 2024. Ma San Siro non è il New Jersey: ci si accontenta delle piccole novità rispetto alla serata precedente. Un attacco “settantottesco” con Prove It All Night e Darkness on the Edge of Town seconda e terza canzone e come ultimo bis il debutto della cover di ‘Rockin’ All Over the World’. Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
Qualcuno ha notato più telecamere del solito: sette, invece delle abituali quattro. Che bolla qualcosa in pentola? Forse un film-concerto per quella che è, a tutti gli effetti, l’ultima data del Land of Hope and Dreams Tour. Del resto, San Siro è da sempre il “tempio” europeo del musicista americano. Se si deve raccontare un finale, questo è il posto giusto. Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
Tra i tanti cartelli alzati durante ‘The Promised Land’, molti riescono ad attirare l’attenzione della regia dei maxischermi, ma uno strappa la risata più grande: «Incinta di nove mesi, balleresti con me e la piccola Adele?» – una richiesta davvero particolare, con riferimento al nome della madre del cantante. Cosa non si fa per ballare con il Jersey Devil. Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
Durante ‘My City of Ruins’, Springsteen si apre con il pubblico: «In tutte le case ci sono problemi, per cui grazie mille per ascoltare quello che succede a casa mia», riferendosi all’amministrazione di Donald Trump. Il sudore dell’impegno cola in quantità: dal gilet nero e dalla camicia bianca si riversa sui jeans neri e sul palco. «Grazie mille per avermi ascoltato», chiosa un fiero Boss stremato. Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
Quest’anno niente nostalgia e spiritualità come nei due tour precedenti: spazio a speech politici, coraggiosi visto i tempi che corrono, e pieni di dignità. Springsteen non le manda a dire e ci ricorda che un’altra America esiste, quella di cui ha cantato per cinquant’anni. Durante House of a Thousand Guitars, la chitarra acustica ispira un mare di accendini che si alzano sulle gradinate. Rapito, sussurra e ringrazia: «San Siro…». Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
Dopo una superba ‘Chimes of Freedom’ di Dylan, con Little Steven sul palco nonostante l’appendicite di dieci giorni fa (e una Rickenbacker viola in mano), arrivano i titoli di coda. «Key of B! Key of B», si sgola il Boss urlando ai suoi per la chiusura festosa con ‘Rockin’ All Over the World’ di John Fogerty, resa celebre dagli Status Quo. Testo: Lorenzo Barbieri. Foto: Stig Jakob
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