Eurovision 2023: quali sono i brani favoriti (e soprattutto perché) | Rolling Stone Italia
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Eurovision 2023: quali sono i brani favoriti (e soprattutto perché)

Abbiamo ascoltato i brani su cui stanno scommettendo i bookmaker. Cercando di capire se ci prenderanno o no

Eurovision 2023: quali sono i brani favoriti (e soprattutto perché)

Vesna. Foto: Peter Kneffel/picture alliance via Getty Images

Ieri è cominciato ufficialmente Eurovision 2023. È andata in onda la prima semifinale, che sarà seguita da quella di giovedì e dalla finale di sabato 13 maggio. E mentre le nazioni che partecipano cercano di ritagliarsi il loro spazio in finale (tranquilli, l’Italia c’è già perché rientriamo nei Big 5, circolino dei Paesi fondatori che qualsiasi cosa cantino arrivano di diritto in finale). Detto ciò, i bookmaker hanno scelto su chi puntare. Sono i nomi che vedrete qui sotto, più Marco Mengoni. Ma Due vite la conoscete già e non avete bisogno di ulteriori ripassi.

Loreen “Tattoo” (Svezia)

La Svezia porta in gara Loreen, cantante che ha già vinto l’Eurovision nel 2012 con il brano Euphoria. A distanza di 11 anni rieccola con Tattoo, favoritissima per la vittoria. È una power ballad che cresce e che culmina in un ritornello giusto giusto come solo i nostri amici nordici sanno fare. Qualcuna l’ha accusata di plagio, sul web girano news che il brano sarebbe troppo simile a Flying Free dei Pont Aeris. Non saprei dire se è vero, quando ho schiacciato play sul brano di Loreen un collega è entrato nella stanza dove lavoro dicendo: «Ma è Tango di Tananai!». Benone.

Käärijä “Cha Cha Cha” (Finlandia)

Potremmo definire questa Cha Cha Cha come un pezzo nato dall’incontro di Prodigy e Rammstein, seduti sugli autoscontri dell’Idroscalo e in diretta su TikTok. In più lui indossa maniche gonfiabili verdi di Hulk. Com’è che si dice? Open To Meraviglia.

La Zarra “Évidemment” (Francia)

Avevamo grandi aspettative da un’artista che sceglie il nome d’arte La Zarra (purtroppo si legge Là Zarrà). Insomma, confidavamo in qualcosa di più tamarro, ma la sua Évidemment si difende comunque bene. Chanson française, base dualiposa e faccia di Lady Gaga. Un bel mix.

Tvorchi “Heart of Steel” (Ucraina)

Anche quest’anno c’è chiaramente grande attenzione sull’Ucraina. I Tvorchi si presentano con Heart of Steel, brano ispirato che gli autori hanno iniziato a scrivere durante la battaglia di Mariupol, che ha visto come punto focale della resistenza ucraina l’acciaieria Azovstal. E infatti da qui il titolo. Certo, poi il testo è molto interpretabile, ma queste sono le regole dell’Eurovision, baby. Niente messaggi espliciti, manco se il tuo Paese è in guerra. Non è riconoscibile come Stefania, ma farà il suo.

Alessandra “Queen of Kings” (Norvegia)

Ci sentiamo di dire che qui è tutto giusto. Alessandra Mele è nata a Pietra Ligure, provincia di Savona, da madre norvegese e padre italiano. È cresciuta a Cisano sul Neva, comune di duemila persone, poi si è trasferita in Norvegia dove ha vinto The Voice. Partecipa all’ESC come si dovrebbe: impacchettata come un personaggio di Game of Thrones e cantando su una base da giostre. Vai e prenditi questo Eurovision, Ale. 12 points from Italy

Blanca Paloma “Ea Ea” (Spagna)

Da mettere nella categoria “i danni che ha fatto Rosalía”. Tutto bello ma già visto.

Noa Kirel “Unicorn” (Israle)

Lei è una popstar famosissima nelle sue zone, e partecipa all’ESC con Unicorn, canzone dance che parla di empowerment: «Qui fuori da sola, ho il potere di un unicorno». Un’immagine un po’ Sailor Moon, e nel video ufficiale la cantante appare anche in versione minotauro. Anche qui, pop denz con cassa dritta. Se vi piacciono le Blackpink, amerete il finale.

Teya & Salena “Who the Hell Is Edgar?” (Austria)

Anche qua siamo in zona simpatia: Teya e Salena hanno fatto un tormentone sull’essere posseduti dallo spirito di Edgar Allan Poe, in modo da scrivere un pezzo della madonna e finalmente fare i soldi con la musica. Siamo in quota «facciamo un pezzo baby dance, divertiamoci e piazziamoci un balletto». Siamo però anche in quota «povere illuse». I soldi con la musica non si fanno più.

Vesna “My Sister’s Crown” (Repubblica Ceca)

Femminismo multilanguage: il brano è cantato in bulgaro, ceco, inglese e ucraino e parla, appunto, di emancipazione. «La corona di mia sorella, non farla cadere, nessuno ha il diritto di farlo». Suoni tradizionali, coolness e pop industrial: le ragazze spaccano, le vorremmo vedere sul podio.