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Ecco come funzionano gli audio in 8D che girano su WhatsApp

Le canzoni vengono manipolate da un software per dare l’impressione d’essere immersi nel suono a 360 gradi. C'entra la nostra testa e il modo in cui interagisce con la musica

Foto: Blaz Erzetic/Unsplash

Un coro canta Hallelujah di Leonard Cohen. Le voci si muovono nello spazio sonoro passando dal canale di destra a quello di sinistra, come a volte accade nelle registrazioni stereo. Poi succede una cosa inattesa: il coro si materializza alle spalle di chi ascolta. È una piccola allucinazione sonora che dà l’impressione che la musica non provenga dalle cuffie, ma si muova liberamente nell’ambiente che ci circonda.

È uno dei tanti file audio che circolano in questi giorni su WhatsApp. Sono accompagnati dall’avvertenza di ascoltare le canzoni in cuffia e da una strana sigla: 8D, un richiamo al carattere multidimensionale dell’ascolto. L’8D sta al Surround come l’ascolto in cuffia dallo smartphone sta all’home entertainment. Se n’è cominciato a parlare un paio d’anni fa. In tempi di AMSR e piacere per il suono fine a sé stesso, giravano su YouTube canzoni più meno famose rielaborate con questa tecnica. Nei casi migliori la musica sembrava effettivamente girare attorno alla testa dell’ascoltatore, nei peggiori si avvertiva un semplice passaggio da un canale stereo all’altro.

Il cosiddetto audio 8D è solo il più recente di una serie di esperimenti sulla percezione sonora nati con la stereofonia. Le cose sono cambiate dai tempi i cui Beatles dividevano in modo arbitrario gli strumenti sui due canali stereo, per inesperienza e noncuranza. A partire dai tardi anni ’60, chi produce musica ha trovato modi sempre nuovi prima per sfruttare le possibilità dell’ascolto stereofonico, poi per forzarne i limiti. Un modo per farlo è stata l’introduzione delle registrazioni binaurali, che qualcuno chiama registrazioni in 3D. Al fine di riprodurre la sensazione che ognuno di noi prova ascoltando musica in una stanza, le registrazioni avvengono tramite due microfoni orientati in direzioni divergenti inseriti all’interno della testa di un manichino, all’altezza delle orecchie. In altre parole, i due registratori ‘sentono’ quel che sentirebbero le nostre orecchie se fossimo presenti. È la tecnica usata dal produttore Tchad Blake nell’album di Tony Levin, Steve Gorn e Jerry Marotta From the Caves of the Iron Mountain, registrato in una miniera abbondata sulle Catskill Mountains.

Negli anni ’80 un tecnico argentino che studiava a Milano di nome Hugo Zuccarelli ha sviluppato un tecnica detta olofonica. Microfoni a più capsule orientati a 360 gradi, a cui vengono applicati filtri particolari, registrano l’audio in maniera sferica. Chi ascolta ha la sensazione che i suoni provengano da un ambiente esterno ai propri padiglioni auricolari. Roger Waters ha utilizzato questa tecnica per gli effetti speciali dell’album dei Pink Floyd The Final Cut e di quello solista The Pros and Cons of Hitch Hiking. Esattamente come nelle registrazioni binaurali, lo scopo è dare l’illusione che esista una terza dimensione dell’ascolto.

Al contrario delle registrazioni olofoniche e binaurali, l’audio 8D non deve il proprio effetto a come viene registrato il suono, ma a come viene modificato dopo la registrazione. Canzoni già esistenti vengono manipolate digitalmente per dare la sensazione che provengano da uno spazio ampio – ecco perché i suoni sembrano meno ‘presenti’ dentro le nostre orecchie – e che si muovano a 360 gradi.

«L’8D si basa sui principi dell’ascolto binaurale», spiega Sabino Cannone. Ingegnere del suono e sound designer, Cannone ha lavorato a incisioni che hanno guadagnato complessivamente 25 dischi di platino. È un esperto del cosiddetto audio immersivo e ha sviluppato il suono surround dell’installazione del National Geographic a New York chiamata Encounter Ocean Odyssey. «L’8D sintetizza l’ascolto binaurale aggiungendo una componente evocativa tramite l’uso correlato dei riverberi».

L’audio 8D ci fa sentire la musica tenendo conto dell’effetto che la nostra testa ha su di essa. Quando ascoltiamo una canzone dal nostro stereo o in concerto, la nostra testa interagisce con il suono, filtrandolo e attuando una certa resistenza. Un suono che proviene dalla nostra sinistra, ad esempio, viene recepito in modo diverso dalle due orecchie. Quella di sinistra lo sente nella sua interezza. Quella di destra lo percepisce in modo differente a causa della maggiore distanza dalla fonte sonora, della presenza della testa stessa e di altri fattori. La musica sarà più scura, ci sarà un ritardo lieve ma percepibile dal cervello, il suono avrà un volume più basso. Allo stesso modo, a causa della loro conformazione le orecchie percepiscono un suono che proviene dalle nostre spalle come più cupo rispetto a uno che proviene da davanti.

«Questi fattori fisici sono stati sintetizzati in algoritmi che stanno alla base di software che replicano l’effetto della testa sulla percezione del suono», spiega Cannone. «Cambiando i parametri, si otterrà l’impressione che in un dato momento la musica provenga da un punto preciso nello spazio tridimensionale, ad esempio dietro di te, spostato sulla sinistra». Un altro effetto che viene applicato alle canzoni per ottenere gli audio 8D è il riverbero. «Serve a replicare la presenza di un ambiente d’ascolto, a dare la percezione che il suono si propaghi in uno spazio, che è poi una delle cose eccitanti quando si sente musica ad esempio in un teatro».

È possibile che qualche artista noto decida di pubblicare le prossime canzoni in 8D, sfruttando il momento di popolarità. «Più che alla musica registrata, però, queste tecnologie sono legate a videogame, advertisement, cinema, installazioni, tutti contesti in cui la musica pur non essendo al centro deve produrre un forte effetto evocativo. L’8D non è un gioco. Dà modo alle persone di sentire la musica da una nuova prospettiva».

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