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Da Nico Fidenco a Paola & Chiara: storia del tormentone Made in Italy

Qualcuno si è inventato il concetto di tormentone o i grandi successi dell'estate sono davvero così simili tra di loro, pervasivi e accattivanti da aver costretto gli osservatori a coniare un termine apposito?

Foto: Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images

Esiste un assunto molto diffuso secondo cui l’ascoltatore casuale (colui che non cerca attivamente la musica, ma la recepisce passivamente, in genere dalla radio e dagli altri media) d’estate si trasformerebbe in una creatura ancora più semplice, ridanciana e disimpegnata.

All’improvviso, diciamo da fine maggio in poi, non tollererebbe più melodie tristi, accordi in minore, tempi men che ritmati; si rivelerebbe del tutto incapace di cogliere la sottigliezza delle metafore dei testi, i messaggi impegnati, qualunque strofa non contenga un riferimento al caldo e alla voglia di evadere dalla città. E allora via di atmosfere tropicali, titoli che citano località più o meno esotiche, canzonette costruite appositamente per dar vita a coreografie e balli di gruppo e via dicendo, per poi tornare alla “normalità” con il rientro a scuola.

Funziona così da talmente tanti anni che ormai ci siamo abituati, ma la domanda sorge spontanea: è nato prima l’uovo o la gallina? O traslata in termini più semplici: qualcuno si è inventato il concetto di tormentone estivo e tutti si sono adeguati, o viceversa i grandi successi dell’estate sono davvero così simili tra di loro, pervasivi e accattivanti da aver costretto gli osservatori a coniare un termine apposito per raggrupparli in un’unica categoria? Anche analizzando il problema da diverse angolazioni, è difficile arrivare a un responso definitivo. Perfino l’origine del vocabolo dà adito a dei dubbi perché, rullo di tamburi, il primo tormentone estivo della storia italiana non era nato come un brano per l’estate. Secondo la leggenda, infatti, la parola è stata usata per la prima volta dai critici musicali nel 1961, per descrivere il celebre lento Legata a un granello di sabbia di Nico Fidenco. La canzone era stata presentata alle selezioni per Sanremo e, quando la commissione artistica la scartò non ritenendola all’altezza, fu deciso di riconvertirla in un singolo stagionale, complice anche il testo, che si prestava molto: pubblicato nel giugno di quello stesso anno, fu il primo 45 giri italiano a raggiungere il milione di copie vendute. Il potenziale delle canzoni fatte apposta per essere ascoltate con 40 gradi all’ombra e i piedi a mollo era appena stato svelato.


Ovviamente, il rapporto tra l’Italia e i tormentoni estivi non passa solo attraverso qualche fortunata coincidenza (chissà se Legata a un granello di sabbia avrebbe avuto altrettanto successo a Sanremo?). A giocare un ruolo fondamentale è stato anche il boom economico e il turismo di massa: non a caso, le canzoni fatte apposta per ricordare le vacanze cominciano a sorgere e a diffondersi massicciamente proprio quando la maggior parte degli italiani comincia a potersi permettere di partire per le ferie, affollando i litorali della penisola e creando le condizioni per vendere alle masse una colonna sonora adeguata. E in effetti, a ben guardare, tutti i Paesi in cui esistono singoli di questo tipo sono posti in cui tradizionalmente la gente è abituata a trascorrere almeno una parte delle vacanze in villeggiatura: ad esempio la Francia, in cui il termine tubes de l’été, ovvero canzone dell’estate, è diventato una precisa categoria di marketing discografico fin dagli anni ’60. In Inghilterra e in America, dove invece storicamente si parte solo per gite di qualche giorno o addirittura non si parte affatto, c’è il concetto di summer hit, che però non è un sinonimo di tormentone: non è una canzone scritta apposta per l’estate, ma una canzone che fa successo d’estate. Il che fa tutta la differenza del mondo.

In Italia, invece, già dal dopoguerra l’estate abbiamo bisogno di sentirla forte e chiara, in tutte le sue sfumature e declinazioni. Se ne accorgono anche le case discografiche, seguite a ruota da radio e la tv, all’epoca rappresentate ovviamente dalla Rai. Nel 1964 si inaugurano le trasmissioni di ‘Un disco per l’estate’, una manifestazione canora che nelle intenzioni degli organizzatori doveva rappresentare l’alternativa estiva a Sanremo. Le eliminatorie venivano trasmesse in radio, le fasi finali in televisione e le canzoni venivano votate a furor di popolo dagli ascoltatori tramite cartolina. Tra i vincitori più celebri, Sei diventata nera de Los Macarellos Ferial o Luglio di Riccardo Del Turco, ma arriviamo anche fino a Vamos a bailar di Paola & Chiara e Vento d’estate di Niccolò Fabi e Max Gazzé, visto che il programma andò in onda fino al 2003.



In generale, in Italia la stagione calda è sempre stata una delle più gettonate per le manifestazioni canore, che si tratti delle sagre di paese o delle grandi kermesse televisive. Oltre a Un disco per l’estate, negli anni la Rai diede ampio spazio anche al Cantagiro – una specie di versione musicale del Giro d’Italia, con i cantanti al posto dei ciclisti – e successivamente al Festivalbar, che andò in onda sulla tv pubblica dal 1966 al 1982 prima di passare a Mediaset. Inizialmente a vincere la gara era la canzone più suonata dai juxe box di tutta la penisola, ma con il progredire della tecnologia il trofeo veniva assegnato alle canzoni che ottenevano più passaggi radiofonici e televisivi nel corso della stagione. Una sorta di gatto che si mordeva la coda, insomma: era una delle vetrine più importanti e prestigiose dell’anno, e trattandosi anche di un bagno di folla per artisti famosissimi o sconosciuti, i programmatori che dovevano decidere quanto spesso mandare in onda o suonare nei locali le varie canzoni potevano testare con mano le reazioni del pubblico durante le serate itineranti nelle principali piazze italiane. Per le discografiche diventò sempre più fondamentale riuscire a imbroccare un tormentone che sposasse in pieno la voglia di spensieratezza della gente, qualcosa che desse un riscontro visivo e immediato a chi aveva poi il potere di spingere i loro brani tramite altri canali. E anche qui, non a caso, tutti i vincitori rappresentano il trionfo del gusto nazionalpopolare: Un’estate al mare di Giuni Russo, Bollicine di Vasco Rossi, Sotto questo sole dei Ladri di Biciclette, Un raggio di sole di Jovanotti, Mare mare di Luca Carboni, Happy hour di Ligabue…

Il Festivalbar segnerà un’epoca, ma sembra quasi profetico che la sua lunga e onorata carriera si interrompa quando le condivisioni social e le views su YouTube diventano strumenti di misurazione molto più affidabili, rispetto a migliaia di ragazzini che urlano sotto il palco: l’edizione del 2008, seppure annunciata, non si tenne mai per mancanza di fondi. Da allora sono stati creati vari surrogati della stessa formula, rassegne che spesso vengono raccolte sotto il titolo più o meno generico di “Music Awards”, che premiano le canzoni più popolari dell’estate. Una tradizione che potrebbe sembrare ampiamente superata, considerando che le radio e le tv non contano più così tanto, che le vetrine nazionalpopolari non sono più le uniche in grado di spostare significativamente le vendite dei dischi e che la maggior parte dei consumatori di musica si affida più agli algoritmi o al passaparola che a tutto il resto. Eppure, nessuno sembra intenzionato a rinunciarci; così come pochi, almeno alle nostre latitudini, sembrano interessati a uscire dai cliché della canzonetta da spiaggia.

Provate un po’ a fare il conto di quanti brani italiani nella classifica dei singoli contengono nel testo la parola “estate”, citano uno a caso dei mesi caldi o fanno qualche riferimento al mare o alle vacanze. Se siete troppo pigri, lo abbiamo fatto noi per voi: nella prima settimana di agosto, la Top 20 include ben 16 canzoni made in Italy, di cui 13 hanno almeno una parola o un verso che risponde a uno di questi requisiti. Le uniche eccezioni sono costituite da M’ manc di Shablo, Geolier e Sfera Ebbasta, Superclassico di Ernia, 0ffline di tha Supreme e Spigoli di Carl Brave, Mara Sattei e tha Supreme. E dire che, a dar retta alle statistiche, quest’anno ad andare davvero in vacanza saremo in pochi: poteva essere la volta buona per sperimentare qualcosa di diverso. Difficilmente ci libereremo mai del concetto di tormentone estivo, perché è parte del nostro DNA: sarebbe bello però se – a questo punto per il 2021 – arrivassimo quantomeno a fruire di qualcosa di altrettanto rinfrescante, ma meno didascalico.

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