Come cambierà l'industria musicale nel 2020? | Rolling Stone Italia
Musica

Come cambierà l’industria musicale nel 2020?

I big data diventeranno sempre più redditizi, muterà il rapporto tra fan e artista, lo streaming dovrà affrontare il problema dei falsi, i concerti diventeranno sempre più virtuali, fare musica sarà ancora più facile

Come cambierà l’industria musicale nel 2020?

Anno nuovo, nuove controversie

Foto di Andrew Walker/Shutterstock

Negli ultimi dieci anni, l’industria musicale ha vissuto stravolgimenti e rivoluzioni di ogni genere. L’anno che verrà non sarà diverso e, anzi, abbiamo già diversi indizi per capire che direzione sta prendendo. Se i giganti tecnologici, le etichette discografiche, gli artisti, i compositori e in genere gli addetti ai lavori aspettano delicate decisioni governative riguardo la violazione del diritto d’autore e la distribuzione delle royalties, sullo sfondo rimangono tuttavia questioni non meno scottanti.

I big data diventeranno redditizi, ma solo per pochi

Ultimamente, una delle parole preferite dall’industria musicale è “dati” – in tutta l’ampiezza del suo significato, spesso erroneamente inteso. Lo scorso anno, servizi streaming come Spotify, Apple o Pandora hanno migliorato l’analisi dei dati da offrire agli artisti, vantandosi di come il proprio servizio riesca a intercettare i gusti del pubblico come mai nessuno aveva fatto prima. Tuttavia non sono gli unici, dato che diverse società terze possono offrire agli artisti valide alternative per raccogliere informazioni di ogni genere sul pubblico.

I dati grezzi, se presi da soli, sono difficilmente interpretabili per la maggior parte delle persone ed è proprio per questa ragione che queste piattaforme sono diventate così importanti (anche perché sempre più etichette discografiche fanno affidamento a programmatori e studiosi di big data per implementare le strategie di marketing). Attualmente, il costo per questa tipologia di analisi può variare da un minimo di 0 a un massimo di 2000 dollari all’anno, ma questa ‘offerta’ non durerà a lungo. Man mano che i servizi di streaming inizieranno a valutare tipologie di ricavo diverse dai semplici abbonamenti o dalle inserzioni pubblicitarie, i pacchetti di dati che ora offrono gratuitamente agli artisti saranno la prima voce in cui guarderanno per gonfiare il portafoglio. Quando accadrà, vedremo chi spenderà e chi rimarrà in giro per vendere.

Il rapporto tra artisti e fan cambierà drasticamente

Cosa significa essere un fan sfegatato nel 2020? Stare in fila per giorni per accaparrarsi la prima fila? Comprare assurdi pacchetti VIP? E come fa oggi un artista a creare una fan base solida?

Mentre le grandi società che organizzano concerti si arrovellano su queste domande, affidandosi agli sviluppi della tecnologia tra sconti fedeltà e testi forniti in tempo reale durante gli show, gli artisti sembrano essere rimasti fermi al palo. Per la maggior parte di loro, infatti – parliamo sia degli artisti indipendenti, sia delle supernove mainstream – i metodi per comunicare con i fan sono principalmente i social media (gratuiti, ma limitanti) e i concerti (costosi, impersonali, altrettanto limitanti). Nell’era del web 3.0, tuttavia, sono previsti grandi cambiamenti. Alcuni stanno già iniziando a usare applicazioni che permettono la messaggistica diretta tra artista e fan; altri pianificano raccolte fondi su Kickstarter, inviando newsletter per soli abbonati tramite Patreon, o cercando di raccogliere engagement (e modeste somme di denaro) con altri mezzi. Ma cosa verrà dopo di questo? Il modello di business stile buffet dello streaming ha ormai abbattuto le barriere tra fan e musica. L’innovazione che finalmente porterà a più stretto contatto appassionati e musicisti sarà altrettanto epocale.

Lo streaming dovrà affrontare il problema dei falsi

Sono passate appena due settimane dall’inizio dell’anno e l’industria musicale già si trova coinvolta in un nuovo curioso scandalo: sembra che tantissimi fan si siano ritrovati con l’account streaming hackerato e con le canzoni di French Montana riprodotte in loop. Lo stesso French, tuttavia, avrebbe incolpato 50 Cent – che secondo il rapper starebbe acquistando falsi streaming, cercando di incastrarlo – ma la fonte non è stata ancora confermata in via ufficiale. Anche se si tratta di un tentativo di frode totalmente diverso, questa situazione ricorda un episodio capitato nel gennaio 2019, quando i fan di tutto il mondo scoprirono che alcuni inediti di SZA o Beyoncé erano stati caricati sotto il nome di “Sister Solana” e “Queen Carter”. Inoltre, lo strano caso di Montana ha qualche tratto in comune anche con una polemica che sta coinvolgendo in questo periodo la musica country, per cui centinaia di artisti hanno denunciato che la loro musica sta venendo ricaricata sulle piattaforme sotto falsi account, per di più senza il loro controllo.

Qual è l’effettiva portata di questi problemi? È sempre più evidente che i servizi di streaming sono vulnerabili in tantissimi modi, per cui sembra un gioco da ragazzi falsificare i dati per guadagnarci, o anche, più semplicemente, per attirare visibilità. I principali player dell’industria musicale hanno firmato un accordo per combattere i falsi stream, ma dovranno presto riconsiderare la dimensione del problema dato che gli illeciti in questo settore, ormai, sono sotto gli occhi di tutti.

Le major incasseranno una valanga di soldi

Il 31 dicembre 2019 un consorzio di aziende guidato da Tencent Holdings Ltd, che con un capitale di 480 miliardi di dollari è uno dei principali conglomerati tech cinesi, ha annunciato l’acquisto del 10% delle quote di Vivendi Universal Music Group. Dopo l’operazione, Universal vale 33,4 miliardi, una cifra pari a trenta volte circa il margine operativo lordo dell’azienda nel 2018. È probabile che i principali competitor di Universal, ovvero Sony Music Group e Warner Music Group, contrattacchino con mosse simili.

È una storia significativa del valore crescente della musica. Nel 2011 Len Blavatnik acquisì l’intero Warner Music Group per ‘soli’ 3,3 miliardi, meno di quanto Tencent ha speso per comprare il 10% di Universal. Nel 2019, l’utile operativo di Warner è stato pari a 625 milioni, per una valutazione pari a 18,8 miliardi. Significa che gli basterebbe vendere il 18% delle quote a un azionista di minoranza per recuperare l’investimento effettuato nel 2011.

Chi potrebbe comprare? Non Tencent, che ha già quote di altre imprese musicali tra cui Spotify e l’indiana Gaana e che si è mossa nel mondo del gaming acquisendo nel 2012 il 40% di Epic Games, proprietaria di Fortnite, per 330 milioni, oltre a possedere il 93% di Riot Games, la società che ha sviluppato League of Legends. All’inizio del 2020 Tencent ha acquisito una quota della giapponese Platinum Games.

I concerti diventeranno sempre più virtuali

Il 2019 è stato un anno spartiacque per la mixed reality ai concerti e il 2020 promette di non essere da meno. Billie Eilish, Post Malone e i Tenacious D hanno offerto concerti in realtà virtuale tramite Oculus Venues e altri show simili avranno luogo quest’anno. Il concerto su Fortnite di Marshmello ha attirato milioni di spettatori virtuali ed è stato uno degli eventi più popolari della piattaforma, nonché uno dei concerti più seguiti di sempre in un video game. Pochi mesi dopo, i pionieri del nu metal Korn hanno suonato tre pezzi all’interno di AdventureQuest.

Continueranno anche i controversi concerti con gli ologrammi. Dal 2012, anno del Tupac virtuale al Coachella, si è passati nel 2019 ai tour di Roy Orbison con Buddy Holly e di Ronnie James Dio. Nel febbraio 2020 partirà il tour dell’ologramma di Whitney Houston (che toccherà l’Italia in marzo).

Fare musica sarà ancora più facile

Le grandi rivoluzioni nella distribuzione e nel consumo di musica avvenute nell’ultimo decennio hanno offuscato innovazioni meno appariscenti, ma non meno radicali, sul lato della creazione di musica. Per la prima volta nella storia, gli artisti non sono più costretti a spendere migliaia di dollari per incidere una canzone. E non è finita, perché il processo di registrazione diventerà sempre più veloce, economico e semplice. Oltre a Garage Band della Apple, sono sul mercato i beat preconfezionati di Splice e Beatstars, ovvero il sito dove Lil Nas X ha comprato il beat della super hit Old Town Road per soli 30 dollari, e le innovazioni si susseguono in modo esponenziale.

Sul lato hardware, nuovi prodotti come Osmose, uno strumento che crea suoni acustici e sintetici col leggero tocco di un dito, stanno abbattendo altre barriere, sfidando i musicisti a superare i propri limiti. Che cosa significa? Beh, già oggi Spotify riceve 40 mila nuove canzoni al giorno. Difficile dire quale sarà cifra alla fine del 2020.