Tutte le cose che ci hanno insegnato quegli irresistibili idioti dei Blink-182 | Rolling Stone Italia
Toilet humour e altre raffinatezze

Tutte le cose che ci hanno insegnato quegli irresistibili idioti dei Blink-182

Vent’anni fa usciva il quinto album, quello di ‘Feeling This’ e ‘I Miss You’. Oggi Mark, Tom e Travis sono tornati a parlarci come un tempo, ma è le loro (ehm) lezioni di vita le portiamo dietro da un pezzo

Tutte le cose che ci hanno insegnato quegli irresistibili idioti dei Blink-182

Blink-182

Foto: Mick Hutson/Redferns

Allerta: questo articolo può contenere argomenti sensibili ai più bacchettoni e alle inesauribili fan di boy band. Se arrossite a leggere di masturbazione; se per voi i ragazzini sono solo, per l’appunto, dei ragazzini; se pensate che Tom DeLonge sia uno stronzo, Mark Hoppus un vecchio che si atteggia da giovane, e Travis Barker solo l’ennesimo prodotto Kardashian, sul serio: credo ci risentiremo per parlare d’altro. Ma se invece siete cresciuti ridendo delle volgarità di American Pie; se quando avete compiuto ventitré anni avete scritto sui social (o anche solo pensato) a quella frase di quella canzone; se da adolescenti vi siete sentiti capiti ascoltando Dammit o Stay Together for the Kids, e ora, ormai adulti (e forse genitori) vi siete commossi per Home Is Such a Lonely Place e One More Time, allora ci siamo: siete nel posto giusto.

Perché da quando il 18 novembre 2003 è uscito il quinto album (senza titolo) dei Blink-182, e pezzi come Feeling This, Down, I Miss You e Always hanno iniziato a suonare ovunque, alcuni di noi avevano già consumato la cassetta di Enema of the State (1999) e il CD di Take Off Your Pants and Jacket (2001); altri pure quelle di Cheshire Cat (1995) e Dude Ranch (1997). Fino all’ottobre scorso, quando con l’ultimo album dal titolo (non a caso) One More Time – e dopo una pausa che aveva visto la voce e la chitarra di Matt Skiba sostituire quelle di Tom DeLonge – i tre sono tornati a parlarci. Ma noi, certi loro insegnamenti, ce li eravamo già messi in saccoccia.

Fare gli idioti è bello

Se ascolti i Blink-182, sei un po’ idiota. Non è un insulto, anzi: fanne pure un vanto. Perché quando si sposa il way of life dei Blink-182, fare gli idioti rimane una delle cose più soddisfacenti (e gratis) che ci possiamo concedere; e indipendentemente dall’età che c’è scritta sulla nostra carta d’identità. Così succede che a volte cerchiamo di cuccare coi nostri dumb jokes (vedi: Josie); a volte vogliamo solo non prenderci sul serio, fare scherzi telefonici e non comportarci come i nostri coetanei (What’s My Age Again?); altre volte sentiamo che la nostra missione su questa terra sia quella di perculare il prossimo (bonariamente, s’intende), magari ingegnandoci con parrucche e quant’altro (All the Small Things). Fatevene una ragione: fare gli idioti è bello.

Il toilet humour ci farà sempre ridere

È vero: i tempi sono cambiati. Quando Mark Hoppus, Tom DeLonge e Travis Barker correvano nudi per le strade di Los Angeles, si era alla fine degli anni ’90 e noialtri (grandi o piccoli che fossimo) trovavamo esilarante tutto ciò che avesse a che fare con tette, culi, scoregge, cacca e via dicendo. In poche parole: quel toilet humour che è stato gran parte del successo di film come Vacanze di Natale (qui) e American Pie (là), in cui peraltro i Blink-182 compaiono nella soundtrack, oltre che in un cameo. Forse la Gen Z di oggi inorridirà, ma a noi Millennial fa ancora sorridere sentire Mark Hoppus cantare qualcosa come “ci sono molti modi in cui posso far l’amore con la mia mano” (M+M’s). Ed è del tutto normale che a 47 anni suonati, Tom DeLonge incoraggi i suoi (presunti) studenti nel corso di masturbazione a “have fun with it” (Dance with Me). Dal canto nostro, noi ci siamo già tolti (più volte) giacca e pantaloni.

I ragazzini vanno ascoltati

Va bene fare gli idioti e ridere delle volgarità, ma su una cosa i Blink-182 sono sempre stati serissimi: i ragazzini vanno ascoltati. È facile fare la parte degli adulti e puntare il dito verso i comportamenti di quei “giovani e ostili” (ma di certo non stupidi) adolescenti, quando non ci si prende la briga di capirci di più. Come il fatto che se quei ragazzini sono fottuti, spesso la colpa è di chi non ha saputo fargli da guida; votare i provvedimenti più giusti per la loro istruzione e il loro bene (Anthem pt. 2). Spesso, dietro la rabbia e gli urli che dicono “non è giusto!”, si nasconde il peso di subire “una casa infestata” dall’odio tra due genitori che non si amano più (Stay Together for the Kids). Spesso c’è la depressione che inghiotte, e la sensazione di essere soli nell’universo mondo (Adam’s Song). Spesso c’è solo l’essere stronzi; il più delle volte il non essere ascoltati.

Invecchiare è roba tosta

Il tempo vola: un momento prima c’è l’intervallo, e noi che facciamo gli idioti nei corridoi della scuola; quello dopo il mutuo, e sempre noi che traffichiamo alla macchinetta del caffè dell’ufficio. Prima ci sono le valigie per l’università in un’altra città, e le promesse e i timori per un nuovo inizio (Going Away to College); poi il sentirsi bloccati al lavoro, proprio come un qualunque “tipico coglione” (When We Were Young). E com’è che ci sembra ieri che abbiamo trovato quell’amico che “capisce, vede oltre il grande piano” (Dammit), mentre oggi siamo già qui a desiderare, da genitori, di “poter rallentare il tempo”, ma non così tanto da rallentare i nostri figli (Home Is Such a Lonely Place)? I Blink-182 ce l’hanno sempre detto: crescere (e invecchiare) è roba tosta.

Comportati come se non ci fosse un domani

Forse un insegnamento così te lo ricordi dall’ora di catechismo; forse anche nel podcast di quel mental coach che segui è venuto fuori qualcosa del genere. Ma quel “non voglio comportarmi come se ci fosse un domani” lo canta invece un mortificato (no, di più) Tom DeLonge nell’ultimo singolo dei Blink-182 (One More Time). Il fatto è che a lui ci sono voluti il cancro (nel 2021) di Mark Hoppus e l’aereo caduto (nel 2008) di Travis Barker per capire che bisogna dire ai propri cari quanto gli si vuole bene; e prima che vadano tre metri sotto terra. A noi la loro esperienza e, permettete, una toccatina là sotto per darlo per assodato del tutto. Caro Tom: facciamo che ci fidiamo di te. Lezione imparata.

Quelli come Travis Barker possono fregarti la ragazza

 

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Kourtney Kardashian Barker (@kourtneykardash)

C’è chi si ricorda Travis Barker nel video di All the Small Things mentre si rotola nella sabbia con la modella Jessica Jackson. C’è chi associa il cartello “Travis I’m Pregnant!” al tizio vestito da banana che, nel 2000, lo tiene in mano nella copertina cartoon dell’album The Mark, Tom, and Travis Show (The Enema Strikes Back!). C’è chi sa che ci sono state Paris Hilton, Lindsay Lohan, (dicono) Rihanna, la modella della UFC Arianny Celeste, Rita Ora, le ex mogli Shanna Moakler e Melissa Kennedy, l’attuale Kourtney Kardashian. Da qualunque lato la si prenda, c’è un insegnamento che non è mai stato messo in musica (pop-punk), ma che da anni abbiamo ormai imparato tutti: il prodigio della batteria Travis Barker ha il 99,9% di probabilità di fregarti la ragazza. Con buona pace di Vincenzo De Luca.