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Turn Me On: 10 canzoni di amore e odio per la radio

Dai Queen di ‘Radio Ga Ga’ ai Public Enemy che criticano i programmatori delle radio di black music, passando per il classicissimo ‘The Nightfly’, omaggi e critiche al medium ucciso (cit) da video e internet

Foto: Nigel Wright/Mirrorpix/Getty Images

“Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente. E se una radio è libera, ma libera veramente, piace ancor di più perché libera la mente”, cantava Eugenio Finardi nel 1976, in quello che è diventato l’inno italiano al medium rock’n’roll per eccellenza. Chi non ha scoperto almeno qualcuna delle proprie canzoni o band preferite attraverso la radio? Ok, gli anni d’oro dei video musicali, o la reperibilità istantanea dello streaming, ma vuoi mettere con il fascino della manopola che gira alla ricerca della voce di un dj in grado di farci conoscere nuova musica e viaggiare con il pensiero e la fantasia?

Abbiamo scelto dieci canzoni tra le tantissime che, nel bene e nel male, celebrano le forti emozioni provocate dall’ascolto della radio. Sono quelle che ci piacciono di più, ma dalla lista sono rimasti esclusi artisti come Aretha Franklin e Donna Summer, Joe Jackson e i R.E.M., Elvis Costello e Roger Waters. Tutti, prima o poi, rapiti dalla magia delle onde radiofoniche.

Rock and Roll

The Velvet Underground

1970

«È una canzone su di me» scrive Lou Reed nelle note di Peel Slowly and See, box omnicomprensivo dei Velvet. «Se non avessi ascoltato il rock’n’roll alla radio, non avrei avuto idea del fatto che ci fosse vita su questo pianeta. Pensare che tutto fosse come nel posto in cui vivevo sarebbe stato devastante. Non sono stati i film a fare questo per me, e non è stata la tv. È stata la radio». Non c’è bisogno di aggiungere altro: ecco chi è la Jenny della canzone, che una bella mattina si sintonizza su una stazione di New York, non crede alle proprie orecchie e inizia a dimenarsi al suono di quella musica. “Lo sai, no? Il rock’n’roll le ha salvato la vita”.

Caravan

Van Morrison

1970

“Accendi la radio e fammi sentire la canzone”, canta il musicista irlandese, trasferitosi a Woodstock in un contesto rurale in cui la casa più vicina si trova a centinaia di metri di distanza. Van The Man dipinge il romantico ritratto di una vita libera, accompagnata dalla musica che esce da una radio accesa proprio in quella casa lontana. «Non so come spiegarlo» racconterà poi, «c’erano delle leggende su un passaggio sotterraneo che collegava quella casa con la mia, fatto sta che riuscivo a sentire la radio come se fosse nella stanza con me. Come si fa a sentire la radio di un altro, accesa a un miglio di distanza? Non potevo non metterla nella canzone». Nel suo 31 canzoni, Nick Hornby scriverà che la versione live contenuta in It’s Too Late to Stop Now (1974) è la canzone che vorrebbe fosse suonata al suo funerale.

You Turn Me On I’m a Radio

Joni Mitchell

1972

Sì, va bene Blue e tutto il resto, ma che ne diresti di scrivere anche una hit, magari un pezzo che possa passare alla radio? La musicista canadese risponde da par suo alla richiesta della Asylum e sfodera un testo in cui gioca sul doppio significato di “you turn me on”: mi accendi come una radio, ma mi accendi anche da un altro punto di vista. “Se stai guidando verso la città, con una nuvola nera sopra di te, gira la manopola che saprà amarti”. Il pezzo raggiunge la venticinquesima posizione nella classifiche di vendita americane, non certamente una hit ma il 45 giri più venduto della cantante fino a quel momento. Alle registrazioni partecipano anche David Crosby, Neil Young e Graham Nash, ma nella versione che finisce sul disco c’è solo l’armonica di quest’ultimo.

Roadrunner

The Modern Lovers

1976

“Sono innamorato della radio accesa, mi aiuta quando di notte sono da solo. In macchina non mi sento così male, perché ho la radio accesa”. Con un testo semplice ed efficace quasi quanto la musica che lo accompagna, Jonathan Richman e i suoi celebrano uno dei grandi tòpoi del rock’n’roll: i viaggi notturni in solitaria con la sola compagnia dell’autoradio.

Capital Radio

The Clash

1977

“È l’ora del programma del dottor Goebbels!”, grida Joe Strummer all’inizio di un’invettiva contro quella che, nella turbolenta Londra punk del 1977, è la principale radio dedicata a programmi di musica commerciale. Rea di snobbare i Clash, l’emittente viene sbertucciata anche durante gli ultimi secondi della canzone, in cui si ascolta la parodia di uno dei suoi jingle: da “sintonizzata con Londra” diventa “sintonizzata col nulla”. Notevolissima, all’interno della storia della band, anche l’autocelebrativa This Is Radio Clash (1981).

The Nightfly

Donald Fagen

1982

Tutto il primo album solista della metà degli Steely Dan è un omaggio alla radio, soprattutto a quella trasmessa e ascoltata di notte. A partire dalla splendida copertina, in cui lo stesso Fagen veste i panni un dj radiofonico a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Nella title track canta di una fantomatica stazione radio indipendente, la WJAZ, “con jazz e conversazione”. Cosa chiedere di più? “La notte è mia” conclude il cantante.

Mexican Radio

Wall of Voodoo

1982

Duranti i loro lunghi tragitti in auto per raggiungere gli Hit City West, studi di Los Angeles in cui sono intenti a registrare l’album Call of the West, Stan Ridgeway e Marc Moreland ascoltano con l’autoradio i gracchianti programmi in AM delle border blasters, radio pirata che trasmettono dalla frontiera tra Messico e Stati Uniti a beneficio dei numerosi concittadini emigrati in California. Non tutto gli è chiarissimo (“Sento il dj che parla, non capisco: cosa sta dicendo?”) ma ne rimangono affascinati, tanto da utilizzare la radio messicana come immagine di uno spaesamento universale.

Radio Ga Ga

Queen

1984

Video Killed the Radio Star avevano sentenziato i Buggles nel 1978. Eh no, risponde sei anni più tardi Roger Taylor per bocca di Freddie Mercury: “Radio, qualcuno ti ama ancora”. Il testo della canzone è una commovente ode a quella che per il batterista era stata «l’unica amica nelle sue notti da teenager». “Tutto quello che dovevo sapere l’avevo sentito dalla mia radio” canta Mercury, rammaricandosi del fatto che, nel 1984, “guardiamo gli show e le stelle sul video, per ore e ore, e non abbiamo quasi bisogno di usare le orecchie”. “Come cambia la musica negli anni” conclude. E internet non era ancora arrivato…

Panic

The Smiths

1986

26 aprile 1986, il primo canale radiofonico della BBC interrompe le trasmissioni per dare le prime, confuse notizie sull’incidente nucleare di Chernobyl. Quando gli viene restituita la linea, il conduttore Steve Right trasmette I’m Your Man degli Wham!. Morrissey ne approfitta per scrivere una canzone contro le radio che programmano costantemente musica che, a lui, non dice niente della sua vita. “Impicca il dj” ripete più e più volte, in quello che è divenuto il coro per antonomasia contro i disc jockey troppo commerciali.

How to Kill a Radio Consultant

Public Enemy

1991

“L’unica stazione radio nera della città, programmata da un cretino in abito elegante che nemmeno vive qui”. Chuck D e Flavor Flav dicono la loro su chi comanda nelle radio che trasmettono musica nera. Chi sono i proprietari? Chi decide quali pezzi mandare in onda? Conoscono la vita nel neighborhood? È gente che “schiaccia il bottone e parla senza dire niente”. E meritevole, secondo loro, di fare una bruttissima fine.

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