Sette dischi per cominciare a capire Ryūichi Sakamoto | Rolling Stone Italia
L'immaginazione al potere

Sette dischi per cominciare a capire Ryūichi Sakamoto

Dal debutto della Yellow Magic Orchestra alla colonna sonora di 'The Revenant', dagli album solisti alle collaborazioni con David Sylvian e Alva Noto, un viaggio nel repertorio del musicista

Sette dischi per cominciare a capire Ryūichi Sakamoto

Ryūichi Sakamoto

Foto: Lea Suzuki

Qualche anno fa decisi di iniziare a prendere lezioni di pianoforte. Dopo molteplici anni dedicati allo studio della chitarra sentivo il bisogno di ampliare il mio spazio armonico, confrontandomi con uno strumento che mi permetteva già ad occhio nudo di poter immaginare una melodia e una conseguente armonia. Nello scorrere delle lezioni, insieme al mio insegnante, ci perdemmo nel commentare in più episodi la bellezza di come si componevano le note sullo spartito di Forbidden Colors, in cui Ryūichi Sakamoto già “solo” dalla scelta della tonalità comunicava il suo scorrere tra molteplici culture e forme compositive. L’incastonarsi perfettamente delle note in una forma estetica unica raccontava molto del suo passato e della sua formazione artistica. Nella contemplazione di una Tokyo prima rivoluzionaria e successivamente culla della tecnologia, sino al romanticismo europeo di Erik Satie e Debussy, primi compositori a introdurre strumenti di matrice orientale nella musica colta mitteleuropea, fluttuava tra le giunture di questa sapiente costruzione: «La sua stessa malinconia, quella di un bambino di Tokyo nato nel dopoguerra, gettato nel bagno della rivoluzione di fine anni ’60».

Come ricordato questa mattina dalle bellissime parole del giornalista Olivier Lamm su Libération, Ryūichi Sakamoto fu pianista, direttore d’orchestra, insegnante, nato tra i due poli dell’Occidente, isolano, figlio di una guerra in cui tutta la sua nazione si era rivoltata contro tutto ciò che le era estraneo, diventato un alleato indispensabile ma anche un concorrente costretto a mettere in discussione il proprio posto al centro del mondo, con il suo vertiginoso arricchimento, in pochi decenni, e le sue digressioni elettroniche che hanno cambiato tutto, la vita e la cultura. Il musicista giapponese più famoso del suo tempo lo era profondamente, così come lo era il suo spirito, il suo carattere transiente.

Così come fu ideatore di un nuovo modo di concepire il ruolo di compositore; dapprima nella Yellow Magic Orchestra e successivamente nelle molteplici collaborazioni con David Sylvian ed Alva Noto, è stato uno dei padri fondatori della composizione contemporanea per immagini, andando ad eguagliare e superare uno dei più importanti compositori giapponesi per il cinema che lo aveva preceduto agli inizi degli anni ’60, Tōru Takemitsu. Le sue colonne sonore, se pur dapprima accessibili al pubblico, furono ampiamente sperimentali e allargarono i confini di ciò che gli spettatori si aspettavano di ascoltare, manipolando elettronicamente il processo di registrazione per creare un onirico flusso di suoni.

«In generale», diceva, «le persone compongono la loro musica dalla prima all’ultima nota seguendo un ordine cronologico, ma ora possiamo, per esempio, iniziare dalla parte centrale, memorizzarla, continuare un’altra parte e memorizzarla. La nozione di brano musicale è che possiamo mettere ogni parte memorizzata ovunque in modo che il tempo non sia più lineare, il tempo non si sviluppa in un modo, abbiamo un blocco di tempi divisi, possiamo comporre musica e metterla nell’ordine che vogliamo».

Yellow Magic Orchestra

Yellow Magic Orchestra

1978

Dopo aver frequentato la Tokyo National University of Fine Arts and Music nel 1970, Sakamoto sviluppa una predilezione per la composizione di musica minimalista, affascinato soprattutto dalla composizione in pattern di John Cage, data dalla ciclicità del tempo. È proprio attraverso il primo album realizzato con la Yellow Magic Orchestra, composto anche da Haruomi Hosono e Yukihiro Takahashi, che sviluppano quello che lui definirà come prima forma di techno pop contribuendo anche a quella che sarà la sonorizzazione per videogame che si svilupperà negli anni ’80, come dimostrato dai molteplici sample di Space Invaders che la stessa Yellow Magic Orchestra utilizzerà nelle due composizioni e nella composizione dello stesso Sakamoto nel 1989 per Tengai Makyou: Ziria, primo capitolo nella longeva serie Far East of Eden. Come ampiamente analizzato da Simon Reynolds, la Yellow Magic Orchestra anticipò di gran lunga quanto avverrà nella musica techno negli anni ’80 tanto quanto «i loro suoni di percussioni snaturati, i ritmi scricchiolanti, i timbri di synth sbavati e le tonalità al limite della dissonanza».

B-2 Unit

Ryūichi Sakamoto

1980

Dopo il suo debutto da solista con l’EP Thousand Knives of Ryūichi Sakamoto, nel suo primo lavoro da solista il compositore giapponese riassume le sue prime sperimentazioni ritmiche e atonali fondendo i risultati personalissimi e incisivi della musica etnica giapponese, dell’afrofuturismo sino alla poetica musicale dei film di Kurosawa. Con B-2 Unit, Sakamoto definisce le sonorità che saranno le fondamenta dei suoi primi lavori in campo cinematografico così come il nascente idillio artistico con David Sylvian.

Bamboo Houses

Sakamoto/Sylvian

1983

Le sonorità dei Japan di David Sylvian corrispondevano perfettamente a quanto Sakamoto aveva iniziato ad esplorare nei suoi primi lavori da solista, tanto che in Gentlemen Take Polaroids, album dei Japan del 1980, lo stesso compositore ne prese parte per la realizzazione del brano Taking Islands in Africa. In Bamboo Houses, che si compone di due sezioni, Bamboo Houses e Bamboo Music, Sakamoto si interroga sulla funzione di un tipico strumento giapponese, lo shakuhachi, soprattutto attraverso la snaturazione del suo fine armonico e timbrico, concependo un suono unico così come la rivisitazione dello strumento indiano, il gamelan, per Satie, completando il suo processo che lo porterà nello stesso anno a cambiare per sempre la musica per immagini.

Furyo – Merry Christmas, Mr. Lawrence

Ryūichi Sakamoto

1983

Sakamoto arriva al mondo del cinema con un ispirato senso di rinnovamento. Negli anni ’80, anche nel cinema l’elettronica e soprattutto il minimalismo sta prendendo possesso di Hollywood tralasciando le grandi orchestrazioni che ne avevano determinato il timbro fin dagli albori del sonoro. Gran parte di ciò che viene comunicato musicalmente in Furyo di Nagisa Ōshima (1983) non viene verbalmente esposto. Il film è ambientato in un campo di prigionieri di guerra giapponese a Giava, in Indonesia, durante la Seconda guerra mondiale, ed è stato ispirato dai libri di un ex prigioniero che aveva sopportato la vita in un tale campo. L’aspirante evaso è il maggiore Jack Celliers, un ufficiale sudafricano dell’esercito britannico interpretato da David Bowie. Il campo di prigionia è gestito dal capitano Yonoi, un ufficiale dell’esercito imperiale giapponese interpretato da Sakamoto nel suo ruolo di debutto sia come attore che come compositore di musica da film. Il film dipende dai complessi modi in cui questi due uomini si vedono, mostrati unicamente attraverso la musica nelle molteplici modalità in cui due corpi dialogano tra loro, vedendo la loro perfetta raffigurazione nella strutturazione di Forbidden Colors, basato su un motivo insistente che sa rendere il pericolo ma anche il fascino che domina la vicenda.

The Last Emperor

Ryūichi Sakamoto

1987

Dopo il grandioso successo di Furyo, Sakamoto definisce le sonorità del cinema contemporaneo avvicinandosi al regista Bernardo Bertolucci, con cui firma tre delle colonne sonore più intense ed emotive del regista italiano, vincendo l’Oscar nel 1987 con L’ultimo imperatore (le altre due collaborazioni sono per Il tè nel deserto Piccolo Buddha). Il neoclassico si fonde con l’emozione dell’animo umano, ritorna l’infanzia formativa così come l’appartenenza occidentale della sua musica. Il pianoforte non basta più, l’orchestra diventa manifestazione del suo pensiero, l’apicità delle corde, i temi sempre più intensi, la malinconia e l’estasi contemporanea. Non è casuale che solamente Luca Guadagnino, considerato un erede diretto di Bertolucci, sappia oggi realmente valorizzare la musica di Sakamoto. Come non ricordare lo strutturarsi musicale di M.A.Y In the Backyard in Chiamami col tuo nome? Una musica sospesa nel tempo.

Vrioon

Ryūichi Sakamoto-Alva Noto

2002

Il compositore giapponese continua a sperimentare nell’ambito di una nuova concezione musicale data dell’introduzione di materiali sinestetici come il glitch o il sound design nel cinema. Con Alva Noto, uno dei massimi esponenti della glitch music, struttura una trilogia ambient (Vrioon, Insen, Summvs) in cui il pianoforte di Sakamoto rappresenta la base del circuito soffermandosi pesantemente sui suoi sentimenti, inzuppando la musica nel melodramma, alterando il tono predominante della solennità. Così l’elettronica di Noto assume un nuovo scopo, aggiungendo intraprendenza a composizioni altrimenti introverse. Simbiosi in azione. Questi sono elementi che ritroveremo anche nell’ultimo periodo compositivo di Sakamoto, soprattutto in lavori come Async, dove la meditazione verso uno stato di vita alterata diventa sempre più centrale.

The Revenant

Ryūichi Sakamoto-Alva Noto

2015

A pensarci oggi, non sorprende come l’ultima e imponente colonna sonora composta da Sakamoto per Revenant – Redivivo di Alejandro González Iñárritu sia stata realizzata per un film che si manifestava come una meditazione sulla perseveranza dell’animo umano, sul concetto di vita e di morte. Così come il tema centrale si riempie per svuotarsi inavvertitamente lasciando una sensazione di spaesamento nei confronti di chi ascolta, Sakamoto e Alva Noto contemplano il suono dell’esaurimento mentale che sceglie la vita sulla morte, non importa quanto tortuosa e spietata possa essere.

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