Sanremo 69, le pagelle dei preascolti delle canzoni in gara | Rolling Stone Italia
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Sanremo 69, le pagelle dei preascolti delle canzoni in gara

Ci sono più canzoni belle che canzoni brutte tra quelle scelte da Baglioni nel suo secondo anno alla guida delle kermesse canora.

Sanremo 69, le pagelle dei preascolti delle canzoni in gara

«Abbiamo cercato, nel panorama largo e vivace della musica italiana, un senso di bellezza, bizzarria, verità e sincerità». Queste le parole del simpaticissimo dirottatore artistico, Claudio Baglioni, dopo il preascolto dei brani che gareggeranno alla 69 edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, dal 5 al 9 febbraio. In conferenza stampa sono anche stati annunciati i nomi che condurranno il Prima Festival: Simone Montedoro e Anna Ferzetti. Una coppia fresca che, quest’anno, dovrà vedersela con la diretta dal red carpet dell’Ariston con l’obiettivo di portare nelle case degli italiani l’adrenalina della kermesse.

Ma veniamo alle pagelle. Per prima cosa mi tocca fare una precisazione: trattandosi di un primo ascolto i voti che leggerete sono da considerarsi provvisori. Le esibizioni dal vivo, potranno confermare o ribaltare i giudizi. No, non siamo in una puntata di 4 ristoranti, ma è meglio precisare subito.

“Mi farò trovare pronto” di Nek (Voto: 7)

Filippo Neviani è uno che, quando partecipa al festival, lo fa ragionando bene sul prodotto che porta. Anche questa edizione non è da meno. Prepariamoci psicologicamente, perché questa canzone la sentiremo per tutta la primavera. Nek, parafrasando il suo brano, si fa trovare pronto. E lo fa con un pezzo elettropop che funziona. Un bel po’. Nella serata di venerdì duetta con Neri Marcorè.

“Un’altra luce” di Nino D’Angelo e Livio Cori (Voto: 6)

Il pezzo ricorda, anche se vagamente, le atmosfere di O’ viento di Clementino. Ha solo un problema, non parte mai. Nino D’Angelo (anche con l’autotune) è bravissimo, non gli si può proprio dire niente. È lui che salva il brano, un po’ insipido, sull’incontro tra due generazioni, come tra padre e figlio. Vi ricordate l’operazione che Morandi fece con Barbara Cola per lanciarla? Ecco, siamo su quella lunghezza d’onda. Livio Cori è, probabilmente, ancora un po’ acerbo.

“I tuoi particolari” di Ultimo (Voto: 7)

La voce struggente di Ultimo è perfetta per raccontare la fine di un sentimento, di un amore, di un qualcosa che c’è stato. Nota dopo nota ci immergiamo nel dolore per qualcosa che non c’è più. L’amore cambia, i sentimenti cambiano. La canzone, in un crescendo ricco di pathos, mette in risalto tutta la bravura del cantautore made in San Basilio, uno dei quartieri più difficili di Roma. Nella serata di venerdì duetta con Fabrizio Moro.

“L’amore è una dittatura” di Zen Circus (Voto: 7 e ½)

Brano cadenzato da un ritmo che richiama, smaccatamente, il tic tac di un orologio. Gli Zen Circus vomitano tutto il male del mondo in questa canzone – praticamente senza ritornello, ma zeppa di ritmo – che è, soprattutto, un’accorata ricerca di speranza. Tra i pezzi migliori di questo festival. La serata di venerdì duettano con Brunori SAS.

“Senza farlo apposta” di Federica Carta e Shade (Voto: 3)

Rap ruffiano alla Fedez con rime che, a confronto, Tre parole di Valeria Rossi sembra avanguardista. Funzionerà (quasi sicuramente) in radio. A ogni modo, non credo ce ne ricorderemo. Onestamente non ne sentivamo neanche così tanto il bisogno.

“Mi sento bene” di Arisa (Voto: 7)

Il senso della vita secondo Rosalba. Più che una canzone uno show del sabato sera, con tanto di sigla (vale a dire un intro molto sanremese) che lascia spazio a una pop song super catchy puntellata di gorgheggi. Un ritmo movimentato che va in contrasto con il testo della canzone, che parla della ricerca di trovare una risposta a ciò che succede quando tutto finisce. Arisa resta nella top 3 delle più belle voci italiane. Brava!

“Abbi cura di me” di Simone Cristicchi (Voto: 6 e ½)

Molti di noi pensano che Cristicchi sia una perla rara. Il pezzo, nonostante sia molto poetico e ricco di sentimento, è troppo simile al mondo di Ti regalerò una rosa. Un senso di déjà vu aleggia per tutto l’ascolto della canzone dall’arrangiamento essenziale. C’è bisogno di gente come Cristicchi, ma forse ci si aspettava qualcosa di più.

“Rolls Royce” di Achille Lauro (Voto: 8)

Il pezzo più rock’n’roll degli ultimi dieci anni. Achille Lauro sta a Vasco come Rolls Royce sta a Vita spericolata. Un personaggio pronto a sparigliare le carte del festival tirando in ballo i Doors, Amy Winehouse, Elvis, i Rolling Stones e Axl Roses. E poi uno che accosta l’amore a un sexy shop merita solo tantissima stima.

“Aspetto che torni” di Francesco Renga (Voto: 2)

Renga che fa Renga. Sembra quasi che il buon Renga abbia paura a evolversi artisticamente. Resta in una comfort zone che non mi piace. La voce è bella (abbiamo capito!), ma non si può fare affidamento solo su quello. Soprattutto se il pezzo è la solita, terribile lagna. Nella serata di venerdì si esibisce con Bungaro (autore del brano) e la ballerina Eleonora Abbagnato.

“I ragazzi stanno bene” di Negrita (Voto: 5)

Un po’ spiace che i Negrita arranchino nel trovare un barlume di novità. Sembra un pezzo fatto su misura dei fan: le sonorità sono quelle dei Negrita. Come se copiassero loro stessi. Ma si può? È un vero peccato perché il testo non è affatto male: parla di speranza, di navi che non hanno porti in cui attraccare e mettono in ballo un “comandante” che ricorda tanto un certo “capitano”.

“Parole nuove” di Einar (Voto: 2)

Einar lo potremmo chiamare Renghino. Personalmente non vorrei stroncare Einar, ma la canzone è innovativa come può esserlo una puntata della Prova del cuoco del 2000. Le parole del titolo saranno pure nuove, ma giusto quelle. Innovazione pari a zero.

“Un po’ come nella vita” di Patty Pravo e Briga (Voto: 5)

Che dire? Uno non vorrebbe prendere di mira il brano di una signora della canzone come la Pravo, ma questo pezzo, nato sicuramente con le migliori intenzioni, non si capisce dove voglia andare a parare. L’idea penso fosse quella di un accostamento insolito ma vincente come, ad esempio, il prosciutto coi fichi. Il risultato – ahimè – sembra più il caffè col sale. Manca una spinta propulsiva che faccia volare il brano. Peccato, tutto ha il sapore di un’occasione mancata. C’è una nota positiva però: Briga ha una voce niente male, bella ruvida. Una rivelazione.

“Per un milione” di Boomdabash (Voto: 6-)

Senti ‘sto pezzo ed è subito Festivalbar. Ti aspetti che da un momento all’altro arrivino anche Alessia Marcuzzi, Corona. E che ci si sposti tutti a Lignano Sabbiadoro, con finale all’Arena di Verona inonda su Italia 1. In realtà i ragazzi non riescono a bissare la hit Non ti dico no. Per un milione è carina, per carità, con tutti i ritmi giamaicani a loro tanto cari. Ci hanno provato, hanno fatto bene, ma gli è andata così così. Nella serata di venerdì si esibiscono con Rocco Hunt.

“Le nostre anime di notte” di Anna Tatangelo (Voto: 4 e ½)

La Tatangelo ha una voce che spacca, l’intonazione è super, ma il brano è sba-glia-tis-si-mo. Anna io e te dobbiamo fare un discorsetto: sei un’icona gay, sei bona, basta co’ ‘ste lagne, divertiti! Fai la muchacha sexy, non Suor Cristina. E su! Ti voglio più baraccona, nel senso più positivo e divertente del termine.

“Soldi” di Mahmood (Voto: 8- )

Qui si fa sul serio ragazzi. Mahmood miscela sapientemente immagini nitide come il Ramadan, la tv, Jackie Chan, il narghilè. Il pezzo è fresco, l’inciso martellante e terribilmente cool. È un giovane uomo che ha stile, vive il suo tempo. E lo traduce in musica. Non dimentica il passato, ma è proiettato prepotentemente verso il futuro. Il sangue che gli scorre nelle vene è misto come le sonorità di cui è paladino. Oh, non voglio sentire paragoni con Mengoni, perché non c’entra nulla eh. Nella serata di venerdì si esibisce con Guè Pequeno.

“L’ultimo ostacolo” di Paola Turci (Voto: 7)

La Turci, con la sua voce sofferta, è una signora cantante. Un’artista coerente, fedele a sé stessa, ma senza auto-scimmiottarsi. È brava e, onestamente, la trovo pure parecchio sottovalutata. Un suo pezzo è sempre una boccata d’ossigeno e questo mantiene lo stesso trend. Nella serata di venerdì si esibisce con Beppe Fiorello.

“Argentovivo” di Daniele Silvestri (Voto: 9)

Il pezzo più tosto del festival, un pugno nello stomaco che lascia tramortiti, ma non indifferenti. Silvestri è un poeta che maneggia parole come fossero pietre. Pietre che vengono lanciate, con un sound ipnotico, contro i vetri della società, pietre che creano discussioni, che fanno pensare. Silvestri racconta in prima persone le problematiche adolescenziali, si mette in gioco. Se non ci fosse un cantautore come lui bisognerebbe inventarlo. È così, senza “se” e senza “ma”. Il pezzo ha anche una sorpresa svelata durante l’ascolto: il featuring con il rapper Rancore. Una canzone davvero sbalorditiva. Nella serata di venerdì si esibisce con Manuel Agnelli.

“Solo una canzone” di Ex-Otago (Voto: 5)

Ballad sull’amore a una certa età, che diventa un qualcosa di diverso e, a volte, il sentimento finisce. Testo interessante e veritiero, ma musicalmente qualcosa non torna. Un’occasione persa per la band genovese? Aspettiamo l’esibizione all’Ariston.

“Cosa ti aspetti da me” di Loredana Bertè (Voto: 6-)

Inizio figo, ritornello che non plana. La Bertè si ostina ad andare a Sanremo, anche se lì ha preso solo schiaffi. Sembra quasi che cambierebbe pelle per esibirsi all’Ariston. Lì dovrebbe tornarci, certo, ma solo per ritirare un (meritato) premio alla carriera. Nella serata di venerdì duetta con Irene Grandi.

“Nonno Hollywood” di Enrico Nigiotti (Voto: 4)

La classica canzone sanremese che si candida a vincerlo davvero, il festival. Il ricordo del nonno ha un sapore vagamente democristiano, pronto a fare breccia nei cuori delle nonnine abbonate a Rai1. E Nigiotti era quello dall’aria rock? Mah…del resto anche Britney cantava I love rock’n’roll. Nella serata di venerdì si esibisce con Paolo Jannacci.

“Dov’è l’Italia” di Motta (Voto: 8 e ½)

Un pezzo bellissimo sui migranti. Comincia con il mare e prosegue con un ritmo incalzante e un testo molto emozionante. Motta si conferma uno dei più talentuosi cantautori della nuova generazione.

“La ragazza col cuore di latta” di Irama (Voto: 5/6)

Il brano di Irama è un po’ un intruglione di tante cose. Una sorta di incontro tra i Gemelli Di Versi e gli Evanescence. Il risultato? Mary (dei GdV) 2.0 , perché di quello si tratta. Il cuore di latta della ragazza mi sa che è arrugginito.

“Rose viola” di Ghemon (Voto: 6-)

Il brano ricorda i Sottotono. E ha un riff magnetico…come quello dei Sottotono. Nulla di nuovo sul fronte occidentale, insomma. Il groove è too sexy, così come le sonorità smaccatamente R’n’B. Aspetto i live perché lui è molto bravo. Spero di ricredermi.

“Musica che resta” Il Volo (Voto: 5)

Sicuramente sono tra i papabili per la vittoria, ma Musica che resta non è un granché. Sembra, piuttosto, la scopiazzatura di Grande amore. Gli italiani all’estero fanno già la ola. W il bel canto, quindi.

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