Sanremo 2021, le pagelle delle canzoni della finale | Rolling Stone Italia
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Sanremo 2021, le pagelle delle canzoni della finale

È stato un varietà lungo cinque sere, con finale a sorpresa e canzoni per tutti i gusti. Favole col lieto fine, artisti che meritavano di più, qualche delusione: ecco i nostri giudizi sulle ultime performance

Sanremo 2021, le pagelle delle canzoni della finale

I Måneskin vincono Sanremo 2021

Foto: Jacopo Raule / Daniele Venturelli/Getty Images)

Ghemon Momento perfetto

Non ha sfondato come meritava, Sanremo non è stato il suo Momento perfetto, ma ha fatto un bel Festival sia sul palco dell’Ariston, sia sui social, dove s’è mostrato (auto) ironico e intelligente. Forse il suo timbro vocale è sembrato un po’ “sporco” per una canzone così o forse è il suo bello.

Gaia Cuore amaro

La voce non sembra ancora tornata al 100%, ma Gaia porta a casa un’altra buona performance. Cuore amaro divide: per qualcuno è una potenziale hit con un suono internazionale (ovviamente si fa il nome di Rosalía), per noi una canzone non del tutto riuscita. Ok lo stile, ok l’estetica, ok tutto: ma che cosa ci vuoi dire, Gaia?

Irama La genesi del tuo colore

L’unico in grado di replicare sera dopo sera la stessa identica performance, ricreata nei minimi dettagli, meglio di Gus Van Sant con Hitchcock. No, scherziamo, è la registrazione delle prove generali, per i noti motivi. In un festival in cui hanno contato anche le performance, Irama è stato penalizzato.

Gio Evan Arnica

Capello alla Ghemon, espressione stralunata, finalmente senza quei maledetti pantaloncini. La canzone resta la solita ballatona zuccherosa, cantata anche bene. La cosa migliore del suo festival, comunque, restano i signori di The Voice Senior.

Ermal Meta Un milione di cose da dirti

Nel Sanremo del rinnovamento e dell’indie al potere, al pubblico sono piaciute anche canzoni come quelle del favorito Ermal Meta, le più tradizionali, quelle che reinterpretano bene ma senza scossoni il canone del Festival. Lui ha molti talenti, ma non quello di dirci qualcosa del presente, non quello di portarci nel futuro.

Fulminacci Santa Marinella

Santa Marinella è una canzone d’amore e una richiesta d’aiuto, un brano leggero che nasconde una vena quasi disperata. A fine Festival possiamo dire il pezzo funziona, “na na na” compresi. E anche se si è piazzato a metà classifica, Fulminacci porta a casa il premio tenerezza: su Twitter i commenti vanno da «viene voglia di adottarlo» a «sei un tato».

Francesco Renga Quando trovo te

Arriva sul palco apparentemente nervoso per i problemi tecnici (o per l’ammutinamento dei fonici, se credete a certe storiacce che girano sul web) di ieri sera. Per fortuna stavolta il microfono funziona, e Renga può cantare le sue vocali potentissime, maschissime e apertissime un’ultima volta. Almeno per quest’anno. Sanremo 2021 l’ha fatto sembrare un artista più vecchio di quello che era cinque giorni fa.

Extraliscio feat. Davide Toffolo Bianca luce nera

Arrivati a Sanremo da assoluti outsider, hanno conquistato un pubblico trasversale mostrando che anche in Italia si possono fare operazioni di recupero della tradizione senza sembrare vecchi tromboni. Ci hanno messo un po’ di spirito rock’n’roll. E poi il pezzo c’è.

Colapesce e Dimartino Musica leggerissima

È uno dei pezzi migliori e loro due la sorpresa più bella. Vuoi per i balletti sincronizzati, per quel video perfetto alla Wes Anderson, oppure per gli accordi stampati su poster in giro per l’Italia, alla fine hanno conquistato un po’ tutti, non solo la sala stampa. Non a caso Musica leggerissima ha già più di un milione di ascolti in streaming, ed è anche la canzone di Sanremo più passata in radio. Insomma, non finiremo certo di ascoltarla stasera.

Malika Ayane Ti piaci così

Malika Ayane ha raggiunto meritatamente il livello di (quasi) intoccabilità che poche cantanti italiane possono vantare. E perciò chi scrive che Ti piaci così non è un pezzone, si sente in dovere di premettere che «Malika è bravissima, ma». Ecco: Malika è bravissima, ma.

Francesca Michielin e Fedez Chiamami per nome

All’ultima serata sono arrivati vestiti lei da Biancaneve, lui da Principe Multicolor. Il festival dei Michielez è stato un po’ una favola. Hanno usato l’idea del duetto, un classico di Sanremo, per mettere in scena una storia di conforto reciproco. Non hanno vinto, ma il lieto fine c’è stato lo stesso: hanno fatto una gran rimonta e sono diventati il volto tenero di un Sanremo difficile, lui che faceva stadi e palasport emozionantissimo, lei più giocosa che mai, con lacrimuccia finale.

Willie Peyote Mai dire mai (La locura)

Doveva essere un corpo estraneo. Diceva che sarebbe salito sul palco «per fare il cazzone». Poi è finito al sesto posto e ha vinto il premio della critica con l’unica canzone che parla direttamente di pandemia, teatri chiusi, live in crisi. La sua reazione? «Mi chiedo dove ho sbagliato, quelli che volevo far incazzare l’hanno presa sul ridere».

Orietta Berti Quando ti sei innamorato

Quando arrivi al Festival come c’è arrivata Orietta Berti non hai bisogno di niente, né di vincere (non che avesse alcuna chance), né di piazzarti fra i primi. OB ha portato sul palco la storia sua e del Festival ed è stata trattata da tutti come una nonna a cui si vuol bene. Era lì per dirci: questo siamo stati.

Arisa Potevi fare di più

Si è parlato poco del festival di Arisa. Forse perché non c’è stato nessun passo falso, nessun guizzo. Forse perché canta (davvero benissimo) una canzone normale. A poche ore dalla finale, però, era terza e perché no, una possibile vincitrice. Chiude il festival al decimo posto, come una di quelle squadre che gioca troppo in difesa e si dimentica di buttarla dentro.

Bugo E invece sì

È arrivato a Sanremo con un obiettivo: far capire che lui non è solo quello dello scandalo del 2020, che ha fatto un bel disco chiamato Cristian Bugatti (ora riedito come Bugatti Cristian) e che ha una storia ventennale. Ha sofferto le continue battute e s’è sfogato sui social. E invece sì è cresciuta ascolto dopo ascolto, ma se fosse stata forte quanto Sincero il Festival di Bugo sarebbe stato più facile.

Måneskin Zitti e buoni

Incassato su Instagram l’endorsement di Vasco Rossi («Fantastici Måneskin») e consegnato per la settimana sanremese l’account Twitter a @Dio che s’è messo a dialogare con la Pausini, sono arrivati all’Ariston con l’arroganza della giovinezza e hanno vinto. Eppure in quel contesto sono sembrati animali strani, d’una razza in via di estinzione, giovani male intenzionati armati di chitarre. Qualcuno dice che sono poseur. La posa finale modello AC/DC, con Thomas Raggi/Angus Young sulle spalle di Damiano/Bon Scott non può che fare simpatia. Escono dal Festival meglio di come ci sono entrati, e non solo perché hanno vinto.

Madame Voce

Su Instagram ha achillelaureggiato: prima «quello su cui mi sono specchiata è stato fecondato con la mia natura creando la mia identità», poi «questa sera mi vesto da sposa della mia voce. Dopo aver partorito la mia voce oggi la sposerò. Ti amo, per sempre». Però questo Sanremo è stato anche suo. Ha portato un po’ di contemporaneità, forse anche un pezzetto di futuro. E ha dominato il palco pur avendo solo 19 anni: respect. È stata capita da molti e questo non era scontato.

La Rappresentante di Lista Amare

Ecco una queer pop band che con la forza di esibizioni forti e di una delle sue canzoni più immediate arriva a un pubblico vasto. Il pezzo fa un po’ Euro pop, magari non è audace, ma la loro è una delle storie belle del festival. Forse l’ultima sera Veronica s’è vestita da sposa per celebrare il matrimonio fra vecchio e nuovo pop (o forse MilanoSposi s’è spostato sulla Riviera dei Fiori, vedi Madame e ieri Lauro).

Annalisa Dieci

È stata involontaria protagonista di una delle poche polemichette del festival: i giornalisti della sala stampa si sono coalizzati per affossarla? È lei l’Ultimo del 2021? La verità: nel pop essere bravi non basta se poi canti una canzone incolore.

Coma_Cose Fiamme negli occhi

Il pezzo è decisamente meglio della performance, dicevamo di Fiamme negli occhi dopo la prima serata. Invece i Coma_Cose chiudono Sanremo in crescendo, con un’esibizione molto tenera (su Twitter c’è della commozione, e anche gli endorsement di Coez e Marracash) e una canzone che funzionerà, al diavolo la classifica.

Lo Stato Sociale Combat pop

Come Lauro, un genere al giorno: dopo il grunge, l’hard rock. “Ma che senso ha?”, chiedono. Non ha senso “perché le cose che non servono sono le uniche per cui vale la pena vivere”. Del loro Sanremo più della canzone o delle performance resterà l’esibizione per i locali in crisi e i lavoratori della musica.

Random Torno a te

Purtroppo prima di salire sul palco Random è inciampato in un ferramenta, quindi ce lo ritroviamo tutto glitterato e pasticciato. Canta meglio di ieri sera e alla fine vederlo sul palco è sempre un buon segno, vuol dire che la serata è quasi finita.

Max Gazzè Il farmacista

Dopo Leonardo e Dalí, arriva con occhiali da nerd e completo scuro. Dietro la schiena c’è scritto Gazzè, ma è Clark Kent. Quando svela il logo di Superman “vola” fra gli orchestrali fino in platea continuando a cantare. Com’è che nessun cantante in gara ha pensato prima ad occupare i posti vuoti (falloncini a parte)? E però la linea che separa la performance ironica e la scenetta sterile è sottile.

Noemi Glicine

La voce è bella, potente, sporca. Le performance sempre di alto livello. Noemi merita brani più avventurosi di questa Glicine, che la intrappola in un festival un po’ sottotono, da metà classifica. Ogni volta che la canta, però, ci viene da chiedere: perché Annalisa sì e lei no?

Fasma Parlami

Doppiopetto, collanina d’oro, capello alla Alex Turner, Auto-Tune a cannone, un sacco di energia per essere il penultimo in scaletta. Parlami, anche se avrà un suo pubblico, continua a non convincerci.

Aiello Ora

Aiello ci ha regalato il primo meme del festival e ormai ci siamo un po’ affezionati. Lui se n’è accorto, e ha cantato con sempre meno foga. Il pezzo però è quello che è. Alla fine dedica il suo festival «agli scomposti, i meridionali, quelli col cuore grande e le spalle larghe».