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Le 50 canzoni più belle del millennio… finora (10-1)

Dal 2000 in poi la musica è cambiata tanto e in fretta. Abbiamo chiesto a una giuria speciale di elencare per noi i momenti più importanti.

10. “Last Nite” The Strokes (2001)

«La gente diceva, “Conosci quella canzone, American Girl di Tom Petty? Non credi ci assomigli?”», confessò Julian Casablancas degli Strokes. «E io rispondevo: “Sì, l’abbiamo copiata, che ti credi?”». Ironia della sorte, a 20 anni di distanza nessuno è mai riuscito a tirar fuori un brano come Last Nite, eccezion fatta per gli Strokes. Albert Hammond Jr. e Nick Valensi suonano questo riff tagliente – con un suono più pulito ma allo stesso tempo più sporco dell’originale, ed è questa la più grande caratteristica della band – e la voce strascicata e da ultima birra prima della chiusura del bar, è Julian Casablancas al 100%.

9. “Royals” Lorde (2013)

Quello che è forse il più grande inno alla determinazione dell’era moderna fu scritto in mezz’ora da una 15enne di Auckland, in Nuova Zelanda – perfettamente ragionevole, dato che nessuno vede le assurde ingiustizie del mondo come una 15enne, specialmente se vive a 8000 miglia da Wall Street e dal cuore dell’imperialismo della pop culture. Ella Yelich-O’Connor, a.k.a. Lorde, creò il titolo dopo aver visto una foto di George Brett con la divisa dei Kansas CityRoyals.«Tutti parlavano di alcol costoso, di bei vestiti e macchine splendide», raccontò Lorde. «Io pensavo “Tutto è così opulento, ma è anche una stronzata”».

8. “Rolling in the deep” Adele (2011)

Subito dopo la rottura che mise fine alla sua “prima vera relazione”, la ventenne Adele entrò in studio con il produttore Paul Epworth e incanalò il suo cuore spezzato dentro una potente canzone in stile Motown dei giorni nostri, costruita su un fervore gospel. «In quel brano ci sono io che dico, “Vattene via da casa mia”», raccontò la cantante. Potenziata dall’autorità della voce di Adele, Rolling in the Deep riportò in classifica la black music della vecchia scuola – e la riportò in tutte le classifiche, diventando una delle hit crossover più grandi di sempre.

7. “Runaway” Kanye West feat. Pusha T (2010)

Questo “brindisi agli stronzi”, pieno di rimpianti e sensi di colpa, è il centro nevralgico di My Beautiful Dark Twisted Fantasy, il grandioso album di West. «Credo avesse sentito il beat per quattro minuti e poco più. È entrato in sala d’incisione e ha registrato tutto», ha detto il produttore Emily Haynie, che ha scritto lo scheletro del brano. «Kanye aveva già in mente il senso, ed è in quei momenti che il suo genio da produttore si accende. Ha totalmente cambiato la canzone, e ha continuato a lavorarci con Jeff Bhasker. L’ha trasformata in qualcosa di epico, è un singolo bellissimo. Un capolavoro».

6. “Maps” Yeah Yeah Yeahs (2003)

Nei primi anni 2000, gli Yeah Yeah Yeahs erano una di quelle band punk newyorkesi fuori dal comune. Fever to Tell, il loro album di debutto del 2003 prodotto da Dave Sitek dei Tv on the Radio, vendette un milione di copie in tutto il mondo a causa, ironia della sorte, della canzone più tenera del disco. Karen O scrisse la ballad strappacuore Maps parlando del suo ragazzo, il frontman dei Liars Angus Andrew, e sperava che lui venisse a vederla durante le registrazioni del video. «Arrivò con tre ore di ritardo… Non credevo nemmeno arrivasse, e questa era la canzone che avevo scritto per lui…», disse. «Mi trovavo in un forte stato emotivo. Le lacrime nei miei occhi erano vere».

5. “99 Problems” Jay-Z (2003)

«Continuavo a provare arrangiamenti che suonassero come un disco di Jay», disse il guru Rick Rubin, «e dopo tre o quattro giorni mi disse: “Voglio che assomigli alle tue vecchie produzioni, nello stile dei Beastie Boys”». Tornando al suono della Def Jam e prima dei racconti incendiari di sopravvivenza di Kendrick, questa risposta hard rock ai critici, ai poliziotti corrotti e al sistema carcerario trovò il suo indelebile e provocatorio gancio – “I got 99 problems and a bitch ain’t one” – da un disco del 1993 di Ice-T e Brother Marquis dei 2 Live Crew. «Quel gancio in realtà è una presa in giro, è un’esca per i critici pigri. In un punto a caso della canzone mi metto a parlare di una ragazza», ha detto Jay.

4. “Hey Ya!” Outkast (2003)

Di sicuro nessuno si scatta più delle Polaroid. Ma Hey Ya! ancora suona come un funk rock proveniente dal futuro. «La scrissi quando i miei amici mi fecero sentire i Ramones, i Buzzcocks, gli Smiths», disse André 3000. «Sono arrivato tardi a quel genere di musica e pensavo “Dannazione, questa roba funziona. Dove sono stato tutto questo tempo?”».

3. “Seven Nation Army” The White Stripes (2003)

Il più grande riff del 21esimo secolo fu creato da Jack White durante un soundcheck a Melbourne, in Australia, con un titolo provvisorio. «Seven Nation Army era una parola che usavo da bambino per ricordarmi ciò di cui stai parlando, ma poi ha assunto un nuovo significato con il testo», raccontò White. Una volta scritto, il brano raccontava dei pettegolezzi tossici, probabilmente riferendosi al chiacchiericcio che circondava il suo rapporto con la batterista Meg White, sua ex moglie. Un brano che è una minaccia che si riavvolge su se stessa mentre continua ad aumentare di intensità, con un impatto immediato pronto per la battaglia, cantato durante le manifestazioni e negli eventi sportivi di tutto il mondo. Come disse White dei tifosi italiani che fecero della canzone il proprio inno: «Sono onorato che abbiano adottato questo brano… Amo che le persone lo stiano cantando senza avere un’idea di cosa significhi davvero».

2. “Paper Planes” M.I.A. (2007)

Il capolavoro hip-hop globalista di Maya Arulpragasam è stato uno dei pezzi più freschi trasmessi in radio durante questo millennio, costruito su un sample di spari preso dai Clash da Diplo, producer che poi diventerà il suo compagno. Ma la nascita di Paper Planes è dovuta a un colpo di fortuna. «Quel pezzo stava per non uscire», ricorda M.I.A.. «Subito dopo aver scritto la canzone, io e Diplo litigammo pesantemente, e io gli scaraventai addosso dall’ultimo piano l’hard disk che conteneva la demo». Fortunatamente l’hard disk atterrò nel baule del taxi su cui Diplo stava salendo, senza quindi sfracellarsi a terra. Due mesi dopo l’A&R di Interscope, Mark Williams, chiamò M.I.A. chiedendole di finire il brano. La cantante andò a Brixton, dove si riconciliò con Diplo e per le registrazioni i due vennero raggiunti anche dal produttore Switch. Paper Planes non fu scelto come primo singolo dall’album Kala. Ma quando Seth Rogen piazzò il singolo nel trailer della sua commedia Pineapple Express, divenne un successo. «Non smetterò mai di ringraziare Seth Rogen», ha commentato M.I.A., «ha cambiato la mia vita».

1. “Crazy in Love” Beyoncé feat. Jay-Z (2003)

«Ha questa esplosività, questo suono old school», diceva Beyoncé del suo singolo di debutto. «Non ero sicura che la gente l’avrebbe capita». In effetti, la cannonata funk di fiati con cui si apre Crazy in Love annunciò la sua entrata in scena come la superstar più sfacciata del secolo, la diva che ha fatto sembrare minuscolo qualsiasi gesto sensazionale degli altri. «Ha una voce così potente, con lei bisogna solo limitarsi a tener d’occhio che nessuna parte venga distorta», ricorda l’ingegnere del suono Jim Caruana. La decisione di aggiungere un verso di Jay-Z, con cui all’epoca la cantante stava iniziando a uscire, arrivò all’ultimo minuto. «Grazie a Dio, accettò. Per quanto potrò cantarlo, quel brano non invecchierà mai», dice Queen B.

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