Le 10 migliori sigle dei cartoni giapponesi d’avventura | Rolling Stone Italia
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Le 10 migliori sigle dei cartoni giapponesi d’avventura

Horror jazz, chitarre disco, Clavinet alla Stevie Wonder e stacchi alla Gerswhin: dopo il funk dei robottoni, ecco Lupin III, Lady Oscar, Capitan Harlock e tutte le sigle più belle dei cartoon avventurosi

Le 10 migliori sigle dei cartoni giapponesi d’avventura

In un vecchio articolo avevo sottolineato l’importanza di tutta una serie di sigle tv di cartoon giapponesi sbarcati in Italia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Tali sigle, al di là dei testi (focalizzati sulle vicende dell’eroe di turno), rivelavano un super-carattere musicale, basate come erano su intrecci funk-prog d’alta scuola, ritmiche irresistibili, grande uso di sezioni fiati e orchestra, Moog e altri apparati sintetici d’epoca.

Le sigle erano spesso opera di straordinari musicisti, arrangiatori e compositori. Veri campioni del miglior pop (e prog) italiano degli anni ’70 che decidevano di mettere le loro competenze a disposizione di quelli che solo apparentemente erano semplici cartoni animati per bambini, ma che a un più attento sguardo si rivelavano vere e proprie saghe epiche degne di essere accompagnate da musiche importanti.

Come dice Luigi Albertelli, uno dei più attivi fautori delle sigle in quegli anni, «si trattava di un impegno serio. La nostra idea non era di fare semplici sigle per bambini, ma qualcosa di più strutturato, sia nella musica che nel testo. Dirò di più, io mi incavolo se mi dicono che quelle che abbiamo composto sono sigle per bambini! Noi volevamo fare grandi canzoni per ragazzi. Non è quindi un caso che la maggior parte dei nostri fan siano proprio i quarantenni e i cinquantenni. Quello che abbiamo contribuito a creare è stato un momento irripetibile per la canzone italiana e sono molto orgoglioso di esserne stato parte».

Dopo avere affrontato una ridda di robottoni, ecco 10 sigle di cartoon avventurosi; a volte fantascientifici, altre sportivi, horror, storici o polizieschi. Sono brani che i bambini dell’epoca riascolteranno oggi con la lacrimuccia, mentre chi le scoprirà ora (e magari a quei tempi non era nemmeno nato) probabilmente non riuscirà a credere alle proprie orecchie, soprattutto per il carattere innovativo di questo materiale.

10. “Bem il mostro umano” Nico Fidenco (1982)

Bem era un cartone decisamente sui generis. Andava in onda verso le 18 su Rete 4 ed era basato su atmosfere così orrorifiche da inquietare non poco i piccoli telespettatori. Malefici, arti e teste mozzate, scenari tetri e claustrofobici, mostri disumani e via andare. Una roba da fare accapponare la pelle che oggi verrebbe immediatamente censurata. In confronto la sigla era poca cosa, si apprezza però lo sforzo del buon Nico Fidenco (cantante molto in voga nei ’60, poi autore di svariate ottime colonne sonore; vogliamo parlare di quella essenziale per Porno Holocaust di Joe D’Amato o la mitica Emanuelle nera di Bitto Albertini?) nel calarsi nel mood minaccioso della serie, sfoderando un’inedita voce su toni bassi e un arrangiamento a base di tamburi sabbatici e spettrali cori fanciulleschi. Sul tutto sciabolate di synth come se gli Hawkwind si fossero smarriti in qualche maniero transilvano. Di Bem si ricorderà persino Caparezza, il quale piazzerà la copertina del 45 giri nel video della sua Goodbye malinconia. Occhio infine alla colonna sonora della serie (a cura di Masashiro Uno), caratterizzata da brani death jazz che rendono ancora più lugubre lo scenario.

9. “Starzinger” Superobots (1981)

Dei Superobots già si è detto nell’articolo precedente: sono una band di session men capitanata dall’inglese Douglas Meakin e autrice di decine di sigle, tutte di grande levatura. Starzinger non è però farina del sacco dei nostri, ma si basa sull’originale giapponese di Shunsuke Kikuchi alla quale viene aggiunto un testo italiano a cura di Giancarlo Balestra. La canzone è cantata dallo stesso Balestra insieme al fratelli Claudio e Mauro, gli stessi che interpretano un’altra celeberrima sigla, quella di Daitarn 3. L’odissea spaziale della principessa Aurora e dei suoi tre cyber-accompagnatori è sottolineata da un andamento glorioso e solare al punto giusto, con stacchi fiatistici degni di Gershwin e una chitarrina che più funk non si può.

8. “Falco il super bolide” Superobots (1979)

Ancora i Superobots alle prese con la sigla di uno dei tanti anime a sfondo fanta-automobilistico (Supercar gattiger, Grand Prix e il campionissimo, Superauto Mach 5…), interpretata da Douglas Meakin con un caratteristico accento simile a quello di un altro celebre inglese trapiantato in Italia (e interprete di sigle): Mal. Anche qui largo spiegamento di effetti tastieristici, chitarre disco e grande refrain corale.

7. “Galaxy Express 999” Oliver Onions (1982)

Degli Oliver Onions, duo formato dai cantanti/compositori/arrangiatori Guido e Maurizio De Angelis, si ricordano le centinaia di colone sonore per il cinema (Il cittadino si ribella, Per grazia ricevuta e diverse pellicole con Bud Spencer e Terence Hill, solo per citarne alcune). Nel 1981 i due recuperano la base già utilizzata per il brano Fantasy (parte della soundtrack del film Bomber) e ci costruiscono sopra la sigla di Galaxy Express 999, serie fantascientifica animata da Leiji Matsumoto, lo stesso che anni più tardi fornirà le immagini a Interstella 5555 dei Daft Punk. Con sequencer a tutto spiano su una veloce base ossessiva di batteria, Galaxy si apre su un ritornello arioso ed epico. Da notare alcune gustose variazioni armoniche che raramente saranno usate in tempi successivi da chi compone sigle per cartoni animati. Un altro segno distintivo del coraggio degli autori di questo materiale.

6. “Fantaman” Superband (1981)

Superband non sono altro che i Superobots sotto falso nome, la presenza di Douglas Meakin e del suo accento inglese si riconoscono all’istante. Fantaman è un altro di quei cartoni a tema fanta-horror (uno dei più vecchi rispetto alla messa in onda in Italia, risale infatti al 1967) che in questo periodo spopolano sulle tv private. La serie è dotata di una sigla al cardiopalma, con un serrato Clavinet alla Stevie Wonder e tanto di risatona che risuona implacabile dalle viscere dell’uomo con la testa a teschio. Ci pensa però il cambio di tempo del ritornello a distendere l’atmosfera, complice l’apporto ai cori di Roberta Petteruti, altra storica voce del periodo con sigle quali Chobin, Gordian, Babil Junior, Toriton, Lalabel.

5. “La spada di King Arthur” I Cavalieri del Re (1981)

Dallo spazio alla saga di Re Artù con una sigla confezionata ad hoc da Riccardo Zara & famiglia (la moglie Clara Maria Teresa Serina, il loro figlio Jonathan Samuel e Guiomar Serena Serina, sorella di Clara) con il nome I Cavalieri del Re. Quella de La spada di King Arthur è la sigla perfetta per questo tipo di cartone, con riferimenti sparsi alla musica antica, un tempo di marcetta che pare di visualizzare guerrieri in parata e le voci dei cavalieri, eroiche magiche al punto giusto. La melodia del brano era stata pensata per un altro anime giapponese, Vicky il vichingo, ma poi messa da parte e riadattata per King Arthur con grande fortuna, il singolo riuscì infatti a vendere la bellezza di oltre 300 mila copie. Da notare che Zara fu costretto a modificare il testo originario che conteneva il grido “Evviva il Re!”, avvertito come troppo monarchico dalla casa discografica.

4. “Ryu il ragazzo delle caverne” Fogus (1979)

Quella di Ryu è la seconda e ultima sigla, dopo quella per Jeeg robot d’acciaio, interpretata da Fogus (ovvero Roberto Fogu), il quale mette in campo la sua voce stentorea, spesso confusa con quella di Piero Pelù, per descrivere gli scenari primitivi tra i quali è ambientata la serie. Come già accadde per Jeeg, il brano è basato sulle musiche originali della versione giapponese, scritte da Jun Oshio e Takeo Watanabe, alle quali è stato aggiunto un testo in italiano a opera di Marcello Casco, Paolo Lepore e Paolo Moroni. Introdotto da una lunga parte orchestrale da kolossal hollywoodiano, la canzone si trasforma poi in una specie di soundtrack per un eroico spaghetti western. Kitsch, ma gustosissimo. In molti ricordano inoltre la dolce sigla finale del cartone, interpretata da Gorgia Lepore: Un milione di anni fa.

3. “Una spada per Lady Oscar” I Cavalieri del Re (1982)

Se King Arthur non fosse bastato, I Cavalieri del Re fanno definitivamente il botto. Trasferendosi dalla brughiera inglese alla corte di Francia, la famiglia Zara mette a segno una di quelle sigle che conosce anche chi a quei tempi era ben lungi dal venire al mondo. Realizzata in tre giorni da Riccardo Zara e soci, la canzone è la perfetta colonna sonora alle atmosfere sontuose narrate nel cartone, con una ridda di clavicembali, fanfare sintetizzate e la voce di Clara Maria Teresa Serina a intonare il testo col piglio di una fiaba d’altri tempi. Pubblicato nel 1982, il singolo arriva a vendere quasi un milione di copie, spingendosi fino al settimo posto in classifica e divenendo una delle sigle più famose e amate della televisione italiana.

2. “Capitan Harlock” La banda dei bucanieri (1979)

Nel 1979 Luigi Albertelli e Vince Tempera ripristinano il team messo insieme per Atlas Ufo Robot (Massimo Luca alla chitarra, Ellade Bandini alla batteria, Ares Tavolazzi al basso e una serie di coristi tra i quali spiccano Marco Ferradini, Fabio Concato e Maurizio Fabrizio) per la sigla dell’anime realizzato dal maestro Matsumoto e basato sulle avventure del pirata interstellare Harlock. Scritto da Luigi Albertelli su musiche e arrangiamenti di Vince Tempera, il brano è costruito sulla successione di accordi del Canone e giga in re maggiore del tedesco Johann Pachelbel e segue le orme di Ufo Robot con un’enfasi ancora più amplificata, sottolineata dalla big band della Rai ai fiati. Curiosità: nel momento del suo inserimento nel cartone animato la rete televisiva censurò i versi “Il suo teschio è una bandiera / che vuol dire libertà / vola all’arrembaggio / però un cuore grande ha” in quanto rischiavano di evocare scenari fascisti. La frase venne sostituita da una ripetizione di “Nel suo occhio c’è l’azzurro / nel suo braccio acciaio c’è / nero è il suo mantello / mentre il cuore bianco è”. Il brano fu poi pubblicato come singolo con il testo originario, raggiungendo la seconda posizione in classifica.

1. “Le avventure di Lupin III” Daisy Daze and the Bumble Bees (1979)

Incalzante, affascinante, sensualissima. E dire che non era nemmeno stata pensata per la prima serie delle avventure del discendente del famoso ladro gentiluomo. Planet O, questo è il nome del brano che funge da sigla (scritto da Norbert Cohen, Farouk Safi e Sharon Woods e cantato dalla fantomatica Daisy Daze), non ha nemmeno nulla a che fare con Lupin a livello di testi, questi infatti sono ispirati al famoso romanzo erotico Histoire D’O di Pauline Réage (pseudonimo di Dominique Aury). Nonostante tutto ciò la magia di queste musiche insieme alle scene iniziali del cartone animato sono un qualcosa di impareggiabile, nemmeno pensandolo appositamente sarebbe scaturito un binomio così azzeccato. Planet O è un una perla disco-elettronica con cori imperiosi, languidi archi, vocoder kaftwerkiani e una suadente voce femminile (in quanti hanno immaginato che a cantare ci fosse la procace Margot?). Insomma, la perfezione.

Bonus Track: “Guerre tra galassie” Superobots (1979)

L’assenza dalla lista di questa ottima sigla è presto spiegata: Guerre tra galassie non è un cartone animato bensì un telefilm con attori in carne e ossa a formare un curioso mix (spesso volutamente trash) tra le atmosfere dei classici anime e il più famoso Star Wars. La sua presenza come bonus è dettata però dalla presenza dei Superobots alle prese con una delle pochissime composizioni strumentali della loro carriera. Il brano, come sempre caratterizzato da un trascinante ritmo disco, vede la chitarra di Douglas Meakin alle prese con un intenso tema melodico mentre sullo sfondo i tipici sintetizzatori fantascientifici dicono la loro. Inutile dirlo: epicità come se piovesse.