Le 10 migliori produzioni di Dr. Dre | Rolling Stone Italia
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Le 10 migliori produzioni di Dr. Dre

Da Snoop Dogg a Eminem, passando per Gwen Stefani e Mary J. Blige, Dre ha plasmato il suono della musica rap di ieri e di oggi. Ecco gli album più rappresentativi del suo gigantesco catalogo

Le 10 migliori produzioni di Dr. Dre

Dr. Dre

Foto: Martyn Goodacre/Getty Images

Dr. Dre è uno di quei personaggi che, nella cultura hip hop americana, è assurto già da tempo allo status di leggenda vivente. Oltre ad aver firmato alcune delle produzioni più iconiche della storia della musica rap di sempre, infatti, nell’ordine ha contribuito a fondare a) uno dei più importanti gruppi rap di ogni epoca e luogo, gli N.W.A.; b) uno dei sottogeneri che ha influenzato maggiormente l’estetica e il suono della West Coast, il G-Funk; c) due delle etichette discografiche più importanti per l’intera storia della musica urban, la Death Row e la Aftermath Records; d) l’ormai diffusissima linea di cuffie e speaker Beats by Dre, che nel 2014 ha venduto alla Apple per la modica cifra di tre miliardi di dollari. Tutto questo, mentre rivoluzionava e plasmava il sound della musica rap di ieri e di oggi. Per chi volesse conoscere meglio l’attività di questo incredibile artista, visionario e imprenditore, ecco dieci tra le sue creazioni più significative, in ordine cronologico.

“Straight Outta Compton” N.W.A. (1988)

Uno dei brani-manifesto per un gruppo che, insieme a Dr. Dre, comprendeva Ice Cube, Eazy-E, MC Ren e DJ Yella: oltre ad essere la title track dell’omonimo album che li ha resi famosi in tutta l’America e nel resto del mondo, ha poi dato il titolo anche al biopic del 2015 sulla storia del gruppo. Ai tempi il brano, come d’altronde tutto l’album, fece scandalo per i contenuti altamente minacciosi nei confronti della polizia (l’FBI diffidò addirittura il distributore dal far pervenire le copie dei dischi nei negozi) e per la narrazione cruda e senza filtri della vita nei quartieri poveri di Los Angeles, come Compton, dove la piaga del crack aveva costretto centinaia di migliaia di abitanti a sopravvivere grazie a espedienti e traffici illeciti. Il piglio potentissimo e senza compromessi del beat fu un ingrediente fondamentale per il suo successo.

“Nuthin’ But a ‘G’ Thang” Dr. Dre. Feat. Snoop Doggy Dogg (1992)

A distanza di quattro anni dal dirompente esordio con gli N.W.A, Dre cambia totalmente tiro e atmosfere, inventandosi un sottogenere tutto suo che diventerà famoso con il nome di G-Funk. È un palese omaggio al P-Funk di George Clinton e dei Parliament/Funkadelic, il collettivo che più di tutti lo ha influenzato nella scelta dei campioni e delle linee melodiche, fatte da morbidi synth ideali per ballare e rilassarsi al sole di un barbecue californiano (dove, non a caso, è ambientato il videoclip del brano in questione). Con Nuthin’ But a ‘G’ Thang, Dr. Dre scioccò l’America una seconda volta: com’era possibile che il gangster che tutti avevano imparato a conoscere si fosse trasformato all’improvviso in un innocuo animale da party?, si chiedevano tutti. Ci misero poco, però, ad abituarsi a questa sua nuova versione, grati anche del fatto che avesse presentato al mondo un nuovo, straordinario rapper esordiente: Snoop Doggy Dogg.

“Who Am I? (What’s My Name?)” Snoop Doggy Dogg (1993)

Per il debutto da solista del suo nuovo protetto Snoop Dogg, Dr. Dre sfoderò le carte migliori che aveva e portò il G-Funk alla sua massima espressione artistica, grazie a singoli rimasti nella storia come Gin and Juice e soprattutto l’ormai classico Who Am I? (What’s My Name?), che ancora oggi riempie le piste se viene suonato nei club hip hop. Anche in questo caso saccheggiò ampiamente il repertorio di George Clinton e dei Parliament, campionando sia Atomic Dog che Give Up the Funk (Tear the Roof Off the Sucker), già amatissimi dai fan della musica nera americana.

“California Love” 2Pac feat. Dr. Dre (1995)

Leggenda narra che inizialmente California Love dovesse essere una canzone del solo Dr. Dre, che voleva usarla per il suo album solista. Un bel giorno Tupac Shakur, fresco di firma con l’etichetta da lui fondata, la Death Row, si presentò a sorpresa a casa sua, sentì il beat a cui stava lavorando e se ne innamorò al punto da implorarlo di poter partecipare. Andò a finire che si prese tutto il brano, lasciando a Dre solo il contentino di una strofa, e diventò una delle canzoni simbolo della rivalità tra la East e la West Coast, oltre che del repertorio di Tupac. Anche perché non fece in tempo a pubblicarne molte altre, almeno in vita: morì meno di un anno dopo, in un agguato rimasto ancora senza colpevoli.

“My Name Is” Eminem (1999)

Dopo la morte di Tupac, Dre visse un periodo abbastanza buio: il suo artista di maggior talento se n’era andato tragicamente, la faida tra East e West Coast era terminata in un bagno di sangue con l’omicidio del rapper Notorious B.I.G. e oltretutto aveva anche dovuto abbandonare la Death Row Records per i litigi sempre più violenti con l’altro co-fondatore, il bodyguard/gangster Suge Knight. Non essendo tipo da arrendersi fondò una nuova etichetta, la Aftermath, che ben presto avrebbe trovato la sua nuova punta di diamante in un rapper rivoluzionario, in primis per la sua etnia: Eminem. Non si era mai visto un bianco in grado di sfornare delle strofe rap così intricate, complesse, dissacranti e geniali, e soprattutto non si era mai visto un artista così fieramente legato alla comunità nera che avesse il coraggio di produrne uno. My Name Is, uscita a gennaio del 1999, divenne un inno per un’intera generazione.

“Still D.R.E.” Dr. Dre feat. Snoop Dogg (1999)

Sul finire del 1999 arrivò anche il secondo album solista di Dr. Dre, 2001, che come è evidente anche dal titolo suonava così avanti per i tempi che sembrava arrivato direttamente dal futuro. Il singolo di punta, Still D.R.E., lo vedeva al fianco del suo amico e discepolo Snoop Dogg, ma vantava anche la partecipazione occulta di Jay-Z come ghostwriter per le strofe di Dre (che è un produttore monumentale, ma col rap non se la cava molto bene). Diventerà uno dei suoi brani più noti e apprezzati, non solo perché oggettivamente è impossibile levarsi dalla testa quel beat minimale e ossessivo, ma anche perché ci vorranno altri sedici anni perché il nostro eroe torni a pubblicare un album a suo nome.

“Family Affair” Mary J. Blige (2001)

L’R&B non è mai stato il pane quotidiano di Dr. Dre (anche se negli anni ’90 aveva prodotto svariati singoli per la sua fidanzata, la cantante Michel’le). Nel 2001, però, fa un’eccezione più che rilevante per quella che ai tempi è nota come “the Queen of hip hop-soul”: Mary J. Blige. Un’artista straordinaria, dalla vita molto difficile, che si era fatta conoscere per canzoni tristissime e struggenti basate sulle sue esperienze personali. Uscita da una lunga depressione, Mary decide di festeggiare la guarigione con un album che è un inno alla gioia e al disimpegno fin dal titolo, No More Drama. E Dre, con i suoi beat allegri e pieni di energia, è perfetto per accompagnarla nel primo singolo estratto, Family Affair, in cui invita gli ascoltatori a lasciare guai e problemi fuori dalla porta del club, scendere in pista e ballare.

“In Da Club” 50 Cent (2003)

Nel 2003 Eminem è ormai una superstar del rap, e può permettersi di lanciare a sua volta nuovi artisti: la sua prima scoperta è 50 Cent, un rapper di New York che sta facendo parlare molto di sé nella Grande Mela, ma è ancora sconosciuto a livello nazionale. Per lui vuole solo il meglio, così gli presenta l’uomo che ha cambiato per sempre la sua carriera, Dr. Dre, che accetta di produrre il suo primo singolo ufficiale, conferendogli un sound quasi epico, nonostante sia pensato per essere ballato nei locali. In Da Club fu una hit planetaria e paracadutò l’album d’esordio di 50, Get Rich or Die Tryin’, direttamente al n° 1 il giorno stesso dell’uscita, aiutandolo a vendere quasi due milioni di copie nelle prime due settimane.

“Rich Girl” Gwen Stefani feat. Eve (2004)

A differenza di molti altri suoi colleghi, Dr. Dre non ha mai fatto vere e proprie incursioni nel pop, nonostante nei primi anni ’00 fosse sempre più influenzato dalla musica urban. Fece però un’eccezione per una coppia d’assi come Gwen Stefani e Eve, che curiosamente aveva già prodotto, ma a parti rovesciate (in un brano di Eve con il featuring di Gwen Stefani, Let Me Blow Ya Mind, del 2001). Dopo essersi presa una pausa dai No Doubt, Gwen si è lanciata nell’avventura di Love. Angel. Music. Baby, un album solista ricco di produttori provenienti dalla musica hip hop e R&B, da Pharrell Williams a Andre 3000 e Jimmy Jam & Terry Lewis. Naturalmente non poteva mancare il vero gigante della categoria, Dre, che non a caso firma una delle canzoni più importanti del disco, Rich Girl, con la partecipazione di Eve.

“All In a Day’s Work” Dr. Dre, Anderson .Paak, Marsha Ambrosius (2015)

Per oltre dieci anni, a tutti coloro che glielo chiedono, Dr. Dre dichiara di essere impegnato nella registrazione di un nuovo album solista, il famigerato Detox. Il disco, però, non uscirà mai: la data di pubblicazione viene rimandata continuamente perché Dre non è pronto, e alla fine decide di abbandonare il progetto, perché non si ritiene soddisfatto del materiale prodotto. Impiega il suo tempo a gestire la sua etichetta, a fare il talent scout e soprattutto a gestire la sua nuova società, Beats by Dre, che si occupa di produrre casse, speaker bluetooth e cuffie progettate specificamente per implementare e valorizzare i bassi e le batterie dei brani hip hop. Quasi tutti pensano che non tornerà mai più a fare musica; e invece, del tutto a sorpresa, nel 2015 pubblica l’album solista Compton, ispirato a tutti i ricordi e le suggestioni risvegliati dalle riprese di Straight Outta Compton, il film sulla storia degli N.W.A. All in a Day’s Work è il primo brano della tracklist in cui compare un giovane emergente scoperto da Dre: Anderson .Paak, che oggi è considerato uno degli artisti black e urban più innovativi e talentuosi del nuovo millennio. La saga continua.

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