La psichedelia italiana anni ’60 in dieci album (e tre singoli) | Rolling Stone Italia
Trip all'amatriciana

La psichedelia italiana anni ’60 in dieci album (e tre singoli)

Imitando i vinili che arrivano (a fatica) da Stati Uniti e Inghilterra, il nostro rock si fa un bel viaggio. Nascono dischi pieni d'immaginazione e l'underground come incubatore di movimenti e tendenze

La psichedelia italiana anni ’60 in dieci album (e tre singoli)

Le Orme a fine anni '60, a Venezia

Foto: Mondadori via Getty Images

Dopo il botto nel Regno Unito e negli Stati Uniti, la psichedelia attecchisce anche in Italia. Dal 1966 al 1971 molti musicisti arricchiscono la canzone pop con l’ausilio delle nuove tecnologie presenti negli studi di registrazione, nonché dall’effettistica applicata agli strumenti. È un vorticare di suoni che non fanno effetto solo sul corpo, ma anche sulla mente, del resto è idea diffusa nella seconda metà dei ’60 quella di allargare le coscienze tramite le droghe sintetiche e la musica. Meglio ancora unendo le due cose.

Certo, non è facile per un musicista italiano dell’epoca accorgersi di quello che sta succedendo oltre i confini. Internet non esiste, di stazioni radio dedicate alla musica rock manco a parlarne e i dischi stranieri non godono di una capillare diffusione. L’unica strada è cercare di sintonizzarsi su Radio Luxembourg, che trasmette in AM. Il suono è tutt’altro che limpido e per captarlo si utilizzano spesso piccole radio a transistor, ma quello che giunge dai paradisi del rock viene subito “coverizzato”. Messa a punto la musica, ci si sbatte sopra un testo in italiano che spesso nulla ha a che fare con l’originale, vedi la Light My Fire dei Doors che nella versione de Gli Innominati diventa Prendi un fiammifero. Per fortuna col passare del tempo molti imboccano una strada autonoma e, pur influenzati dai gruppi stranieri, cominciano a scrivere brani originali i cui testi hanno un’importanza relativa rispetto alle invenzioni musicali.

All’interno del calderone psichedelico italiano trovano posto band che pur avendo vita breve sono in grado di lasciare un segno importante e altre più blasonate che abbracceranno le successive evoluzioni del genere. La psichedelia favorisce inoltre il distacco dagli schemi della commercialità a tutti i costi. Forse per la prima volta i musicisti italiani possono sperimentare senza preoccuparsi eccessivamente dei riscontri di classifica suscitando comunque un vivo interesse tra i giovani con proposte che vanno di pari passo con la rivoluzione culturale pre e post ’68. Si comincia a parlare sempre più spesso di un pubblico alternativo a quello della musica leggera e dell’underground come incubatore di movimenti artistici e tendenze.

La psichedelia italiana ha lasciato spesso 45 giri, con band come i già citati Innominati, oppure i Jaguars, i Funamboli, i Bit-Nik, Le Bisce, i Mr. Anima o i Gems, ma non mancano gli album. Con l’inizio dei ’70 la psichedelia confluisce nel nascente movimento progressive facendo in tempo a consegnare ai posteri alcune gemme visionarie come le dieci qui sotto. Come bonus, tre singoli di gruppi che non sono arrivati a incidere un album, ma che non devono assolutamente sfuggire agli appassionati.

Viaggio allucinogeno

Gli Astrali

1967-1968

Gli Astrali da Torino non hanno mai inciso un 33 giri. Le loro registrazioni sono state fortunatamente raccolte in questo album pubblicato a metà anni ’90. Dentro ci sono cover belle acide di Byrds, Yardbirds e Standells, ma a stupire sono i brani originali, di sovente sulla stessa linea dei Pink Floyd di Syd Barrett. La suite Un altro viaggio allucinogeno è ispirata non poco a Interstellar Overdrive, ma ha diversi spunti originali e anticipazioni di certe cavalcate cosmiche destinate a grande fortuna in ambito kraut rock.

Dedicato a...

Le Stelle di Mario Schifano

1967

Uno dei capisaldi del rock italiano tutto. Sono i nostri Velvet Underground con al posto di Andy Warhol il famoso pittore e regista d’avanguardia Mario Schifano che raduna cinque musicisti di area romana e li chiude in studio a improvvisare in maniera libera, senza schemi e paletti, al fine di sonorizzare le sue opere pittoriche astratte. I risultato è Dedicato a…, con la strepitosa suite che copre la prima facciata: Le ultime parole di Brandimante, dall’Orlando Furioso, ospite Peter Hartman e fine (da ascoltarsi con tv accesa, senza volume) che parte medievaleggiante e affonda nei tortuosi abissi del delirio.

Stereoequipe

Equipe 84

1968

Nel 1968 l’Equipe 84 si mette in testa di creare il suo Sgt. Pepper, o meglio, il suo Days of Future Passed dei Moody Blues, con i brani uniti da una serie di intermezzi classicheggianti registrati dall’Orchestra Sinfonica della Scala di Milano. Avvalendosi, per la prima volta in Italia, di un registratore a otto piste, i musicisti si sbizzarriscono con suoni ed effetti variegati per vestire una serie di brani che vanno dalle celebri 29 settembre e Nel cuore, nell’anima a cover e a creazioni originali nelle quali il senso di piacevole stordimento psych non viene mai a mancare.

Ad Gloriam

Le Orme

1969

Destinati a grandi consensi in ambito prog, i ragazzi delle Orme (all’epoca un quintetto) tirano fuori nel 1968 un disco da molti considerato l’apice della psichedelia italiana. Ad Gloriam in realtà non è massivamente “lisergico”, è più un aromatico tè alla cannabis con 11 canzoni una più bella dell’altra, con tutti i colori della Summer of Love, che a tratti già lasciano presagire le acrobazie del progressive.

Dies Irae

Formula 3

1970

Dies Irae è inquieto e lancinante dall’inizio alla fine, con la chitarra di Alberto Radius e la batteria di Tony Cicco lanciate a bomba come un treno verso lo spazio. Nel mezzo Gabriele Lorenzi sevizia il suo Hammond e tutti e tre psichdelizzano quelle che erano (apparentemente) semplici canzoni battistiane come Non è Francesca e Questo folle sentimento. Quando poi parte la title track siamo inghiottiti da un buco nero.

Sirio 2222

Il Balletto di Bronzo

1970

Il gruppo è lo stesso di YS, ma non c’è Gianni Leone, quindi via tutta la parte dark-prog. In Sirio 2222 ci sono cinque giovani napoletani decisi a spaccare con una calda mistura di psycho hard rock zeppeliniano, a tratti funkeggiante. Ci sono profumi cosmici nella suite che titola l’album, con i controlli ben diretti verso il centro del sole. Ti risveglierai con me ha un tiro pazzesco e viene inserita nei titoli di coda dell’horror di Mario Bava 5 bambole per la luna d’agosto.

Gleemen

Gleemen

1970

All’epoca il chitarrista genovese Bambi Fossati era considerato il Jimi Hendrix italiano, con ragione. Messi in piedi i suoi Experience (ma con l’aggiunta di un organista), Fossati spara a mille le sue cartucce in un pacchetto di canzoni tra reminiscenze beat e un’attitudine psichedelica agevolata dalle sue straordinarie evoluzioni sostenute da una ritmica incandescente e dalle atmosfere oniriche suggerite dalle tastiere. Dopo questo album i Gleemen muteranno in Garybaldi e si faranno un nome in ambito progressive.

The Trip

The Trip

1970

Un nome, una garanzia. I Trip si propongono come autori delle perfette colonne sonore per acide incursioni nel proprio inconscio, veri excursus allucinogeni nei quali perdere le coordinate spazio-temporali. Qua e là permane qualche tocco melodico tipicamente italiano (nonostante la presenza di due inglesi in formazione) che riescono però a convivere in armonia con i deragliamenti psych. Dopo questo album si butteranno anima e corpo nel prog.

Circus 2000

Circus 2000

1970

I Jefferson Airplane nostrani, con Silvana Aliotta sorta di Grace Slick la cui voce spazia dal sussurro alla grinta sensuale. Per la prima volta in Italia una voce femminile si sgancia dalla convenzionalità pop ed esplode in dieci brani che a volte rinunciano alle atmosfere visionarie care al genere e propongono un rock tosto, ma pieno di inventiva strumentale.

Psychedelic and Undergound music

The Psycheground Group

1971

Questo gruppo dal nome perfetto per il genere in realtà non è mai esistito. Era nato dalla mente del produttore/compositore Gianfranco Reverberi che aveva radunato una serie di musicisti provenienti dalla band La Nuova Idea a eseguire una serie di jam e suoi brani, scopo l’utilizzo in colonne sonore e sonorizzazioni. Il tutto funziona alla grande, a tratti pare di ascoltare dei Grateful Dead più incazzati presi a sconvolgersi tra fiammate chitarristiche rock-blues-jazz.

BONUS: tre 45 giri

I torinesi Fantom’s sono i veri precursori della psichedelia italiana, visto che già nel 1966 riescono a pubblicare un singolo con tre brani (Le insegne pubblicitarie, Nadia, Il treno) a base di chitarre garage e voci effettate che sortiscono un devastante effetto ipnotico. Il tutto amplificato da alcuni cambi di scenario realmente avventurosi per un gruppo italiano dell’epoca.

Danze della sera (Suite in modo psichedelico) / Le pietre numerate del 1968 (dalla bellissima copertina apribile) è la punta di diamante della psichedelia italiana. I Chetro & Co. sono assistiti addirittura da Pier Paolo Pasolini che mette a disposizione la sua poesia Notturno, musicata per dare vita a Danze della sera, cangiante tourbillon di suoni in libertà riportati all’ordine da uno straniante costrutto melodico che scaturisce come per magia da una realtà mistica e colorata. Stesso discorso per il retro parimenti riuscito, pur senza testo pasoliniano. Un grandissimo peccato non siano arrivati all’album.

In Fin che le braccia diventino ali / E il mondo cade giù del 1970 i Krel ci danno dentro belli tosti e con grande maestria traggono il meglio dai loro strumenti, reinventandosi versione nostrana dei primi Deep Purple e risultando perfettamente credibili. Occhio soprattutto all’organo Hammond. Del resto non sono dei novellini, poco tempo prima con il nome I Quelli erano diventati tra i più richiesti session men italiani. Poco dopo questo singolo cambieranno di nuovo nome in Premiata Forneria Marconi. Non credo serva aggiungere altro.