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La classifica dei 10 dischi migliori dei Tangerine Dream

Spazio, ultima frontiera. Ecco i viaggi anni ’70 dell’astronave Kraut diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme sonore. Fino ad arrivare dove nessun musicista è mai giunto prima

Foto: Michael Putland/Getty Images

I krautrocker degli anni ’70 si ponevano l’obiettivo di scardinare molte regole del rock e spingere quella musica verso una sperimentazione estrema. La Germania occidentale usciva da anni tremendi, alle giovani generazioni toccava ricostruire sulle macerie, mostrare la nuova personalità della nazione, anche a livello musicale. Quindi ok lanciarsi a capofitto sul rock americano e inglese, ma c’era anche la necessità di dire la propria, esorcizzare il malessere e puntare verso il futuro. Da qui gli innesti jazz (più o meno free), di musica contemporanea, etnica ed elettronica fusi in maniera selvaggia e spontanea. Bisognava essere personali, dire quello che nessuno aveva mai detto, connettere mondi per dare vita al sound della giovane Germania.

In un clima del genere i Tangerine Dream vanno oltre. Il 2001 di Kubrick li segna nel profondo, così come le atmosfere più space dei Pink Floyd («Senza i Pink Floyd, i Tangerine Dream non avrebbero potuto esistere», ha detto Edgar Froese). Decidono così di abbandonare metaforicamente il pianeta e puntare dritti al cosmo. Evidentemente per loro non c’è nulla che valga la pena di raccontare della Terra sconquassata da atrocità; meglio evadere, esplorare l’infinito e cercare di riportare i suoni di quel vuoto assoluto per colmare lo spazio interiore. Il fondatore Edgar Froese e i musicisti che si avvicenderanno nel gruppo captano ciò che all’orecchio umano sfugge, sono in grado di esplorare gli anfratti dei più bui sistemi stellari e riportarne le vibrazioni. Mai nessuno come i Tangerine Dream ha saputo dare una descrizione sonora così attenta del mistero cosmico.

La band non compone in maniera standard. Si tratta piuttosto di accendere un parco di sintetizzatori che si fa sempre più tecnologico, drizzare le antenne e… sentire (nei credits scriveranno “This music was felt by Tangerine Dream”, al posto di “was composed by”).

Questo tipo di proposta va ad allacciarsi con quella di altri artisti tedeschi che passeranno alla storia con la denominazione di corrieri cosmici: Klaus Schulze, Popol Vuh, Ash Ra Tempel e altri. I Tangerine Dream sono però gli unici a piazzare diversi album in classifica, catturando un vasto pubblico affascinato da una musica impalpabile e visionaria. Aperta la porta del successo, la band cerca di ammaliare con proposte sempre più easy, fino a lambire quella new age che anche loro hanno contribuito a creare. Ecco le loro dieci opere indispensabili per lanciarsi in una orgia galattica.

10

Electronic Meditation

1970

L’esordio non ha quasi nulla di ciò che i Tangerine Dream diventeranno da lì a poco. Alla batteria c’è Klaus Schulze che poi andrà negli Ash Ra Tempel, prima di lanciarsi nella carriera solista. Ci sono i clangori più classicamente kraut (vedi alla voce primi Amon Düül, Guru Guru e simili), ma si capisce che la band è in procinto di lasciare la Terra. Soprattuto è evidente l’influenza dei Pink Floyd: Journey Through a Burning Brain è praticamente la cover di A Saucerful of Secrets. Nonostante ciò intriga e lascia sperare in future evoluzioni.

9

Force Majeure

1979

Verso la fine degli anni ’70 i Tangerine Dream decidono di ampliare le loro sonorità. Nel precedente Cyclone si erano spinti a toccare il prog con l’uso della batteria e addirittura di una voce, Force Majeure torna a una proposta strumentale, ma non fa a meno dello strumento ritmico e mantiene l’assetto prog-space-elettronico, con Froese a darci dentro con la sua chitarra gilmouriana e diversi cambi di prospettiva che rendono i pezzi più variegati rispetto al passato.

8

Ricochet

1975

È l’album nel quale la proposta dei Tangerine Dream si fa più melodica. Lunga suite registrata dal vivo e divisa nelle due facciate, Ricochet immette stimoli ritmici con batterie elettroniche che collegano la proposta a quella dei conterranei Kraftwerk, che in quel momento stanno esplodendo con Autobahn. In Ricochet non ci sono più solo agglomerati cosmici, si capisce che i Tangerine Dream intendono sfruttare il successo che stanno ottenendo e cercano ancora più consensi con una musica meno “irreale”. Nulla di male considerato l’eccellente risultato.

7

Encore

1978

Il gruppo ha la particolarità di suonare dal vivo quasi esclusivamente materiale inedito, frutto di improvvisazioni momentanee. A fermare uno di questi eventi ci pensa il doppio Encore, registrato durante un trionfale tour negli Stati Uniti. I quattro brani (uno per facciata) continuano sulla scia melodica di Ricochet e Stratosfear, appaiono moderni (per l’epoca) sequencer affiancati alle sonorità arcane del Mellotron e agli strali della drum machine per offrire oltre un’ora di magnetica beatitudine.

6

Alpha Centauri

1971

Un passo oltre le asperità dell’esordio, puntando in modo più deciso verso le stelle. La chitarra si sta adagiando sulle tessiture “astrali” che la band (lo si capisce dalla copertina) intende offrire. Appaiono percussioni, flauti, cori ultraterreni, immensi organi a canne e il glorioso EMS VCS3. La prima suite lunga un’intera facciata (la title track) fa collassare il suono dentro un immenso buco nero.

5

Stratosfear

1976

È come se avessimo completato l’esplorazione dello spazio e fossimo sbarcati su un pianeta carico di colori alieni ed esseri viventi che sfuggono a ogni catalogazione. Il VCS3 è usato in maniera più ritmica, intorno si muovono chitarre e tastiere in modalità Wish You Were Here (il primo amore non si scorda mai), ogni melodia è quella giusta e spalanca le porte dell’immaginazione.

4

Phaedra

1974

Un colpaccio. I Tangerine Dream si accasano con la Virgin e trovano grande successo in Inghilterra con Phaedra, che si affaccia ai piani alti della classifica. Cosa incredibile per un disco di elettronica astratta e suite senza alcuna concessione commerciale. In realtà Phaedra è meno introverso dei dischi recenti e con i primi lacerti melodici e le elettro-ritmiche del VCS3 colpisce e fa tendenza nelle discoteche più trendy, dove si balla al non-ritmo di questi aloni spaziali.

3

Rubycon

1975

Il successo è rinverdito da una sorta di gemello di Phaedra. Rubycon ne segue le scia con lo stesso tipo di ambientazione ma cerca, per l’ultima volta, agganci con opere più ambiziose come Zeit e Atem. La musica qui contenuta è null’altro che sogno, la vista è annebbiata, ma pian piano si intravede una luce che illumina la strada che troverà pieno compimento in Ricochet e Sratosfear. È come se la nave spaziale stesse lentamente allontanandosi dal buco nero, incontro a una rinascita.

2

Atem

1973

Atem è un rituale arcano. Il crescendo di percussioni iniziali – sottolineato dalle screziature del Mellotron – si spinge fino a un punto di tensione incredibile e arrivato al culmine si spezza. Oltre c’è il vuoto assoluto. Il prosieguo della suite che titola il disco, insieme ai dittico della seconda facciata Fauni-Gena / Circulation of Events, è la musica dell’immobilità cosmica. Il risveglio con le voci spettrali di Whan è quanto di più terrificante si possa immaginare.

1

Zeit

1972

Zeit è un doppio composto da quattro lunghi movimenti. È il disco nel quale l’influenza di 2001 Odissea nello spazio si fa più tangibile. Queste suite sonorizzano perfettamente il viaggio dell’astronauta David Bowman oltre i confini dell’universo, i luoghi fuori da ogni coordinata spaziotemporale, la mente che non riesce a concepire distanze tanto abissali. È un suono denso e cupo, nel quale solo ogni tanto si intravede il bagliore di una galassia in espansione, distante milioni di anni luce.

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