Rolling Stone Italia

I migliori dischi italiani del 2005

Muore Giovanni Paolo II e viene nominato Papa Ratzinger, cade il secondo governo Berlusconi solo per risorgere biblicamente tre giorni dopo, Francesco Renga vince Sanremo con 'Angelo': ma è successo anche qualcosa di buono nel 2005? Sì, questi dischi qui

Foto press

Fa quasi tenerezza guardare indietro di vent’anni. Se paragonato alla situazione attuale, il quinto anno del nuovo millennio sembra quasi una fonte alpina, pura e cristallina, rispetto alla pozzanghera stagnante in cui ci ritroviamo, almeno per ciò che concerne la situazione politica, economica e forse anche culturale.

È un anno bello intenso il 2005: il centrodestra prende una mazzata in piena fronte dopo le regionali, facendo cadere il secondo governo Berlusconi. Come in una vera parabola biblica, lo stesso esecutivo resusciterà tre giorni dopo con una maggioranza allargata e qualche scambio di poltrona nei vari ministeri. Muore anche Papa Giovanni Paolo II ma, a differenza del sopraccitato governo, non risorge. Al suo posto, la fumata bianca si porterà dietro uno dei papi meno popolari dell’ultimo secolo: Joseph Ratzinger, aka Benedetto XVI.

La musica mainstream – parliamo sempre del nostro Paese – se la cava meglio, ma solo per quanto riguarda la proposta alternativa. E per “alternativa” s’intende tutto ciò che non è Angelo di Francesco Renga, brano vincitore del festival dei fiori 2005. Il rock e l’hip hop se la passano dignitosamente, anche se il primo è ancora il genere di punta che dovrà aspettare ancora una decina d’anni per essere spodestato violentemente dal secondo.

Quella che segue è una piccola lista, non tanto una classifica perché viene ordinata in base alla data d’uscita, dei migliori dischi italiani del 2005. Una lista compilata nel 2025, quindi tenendo conto anche dell’importantissima prova del tempo. È insomma un best of il più imparziale possibile, anche se l’immagine di questo articolo tradisce, come dire, l’inclinazione a elevare un disco che su tutti si distingue nell’annata: Terrestre dei Subsonica.

The Swindle

Super Elastic Bubble Plastic

9 febbraio


The Swindle è il secondo album dei mantovani Super Elastic Bubble Plastic: un nome fantasioso per definire un power trio dietro la cui maschera punk rock si cela il nome di Gionata Mirai, già cofondatore e chitarrista del Teatro degli Orrori. Qui, ci mette anche la voce, in un inglese un po’ maccheronico ma che alla fine si mimettizza abbastanza con la scenografia sonora dell’album, dinamica, veloce e caotica. Una miscela ad alto contenuto di ottani che sfocia anche nel punk, senza però inoltrarsi nei territori hardcore. Tuttavia, i suoi dieci pezzi in meno di mezz’ora se li porta a casa.

Socialismo tascabile (Prove tecniche di trasmissione)

Offlaga Disco Pax

7 marzo


L’esordio degli Offlaga si consuma in un calderone ribollente di influenze estere, quindi tutta la scena newyorchese dei primi Duemila (Strokes ma soprattutto LCD Soundsystem), ma anche ingombranti tradizioni ereditate dalla terra emiliana, quindi il recitar cantato altamente politicizzato e magari anche in chiave new wave. Vedi CCCP – Fedeli Alla Linea o Massimo Volume. Essere di sinistra però nel nuovo millennio comporta una buona dose d’ironia, ed ecco che si spiega il titolo ossimorico, le lunghe digressioni nostalgiche su quanto fossero meglio le gomme da masticare negli anni ’70 e via così. Rimane comunque uno dei migliori esordi italiani da trent’anni a questa parte.

Bianco sporco

Marlena Kuntz

11 marzo


Se ci dobbiamo mettere lì a ragionare in termini sinestetici, di bianco qualcosa si trova nel sesto album dei Marlene Kuntz. Ma di sporco, davvero nulla. In un’epoca in cui (vedi disco più sopra) gli ossimori e i contrasti sembrano tirare parecchio, pochi album si distinguono, come questo, per la pulizia e la cura certosina del processo di produzione, dalla registrazione al master. Suggerimento terapeutico: quando il bombardamento quotidiano di musica virale sta per raggiungere il limite del breakdown, la grazia di un pezzo come Amen può essere salvifica. Musica non per tutti, nemmeno per tutti i giorni, ma che ogni tanto fa bene ritrovare.

Ballate per piccole iene

Afterhours

15 aprile


La piega che prendono Manuel Agnelli e compagnia nell’ottavo Ballate per piccole iene è oggettivamente più tetra dei precedenti dischi, ma non per questo meno fruibile. Al contrario, lungo le 10 tracce in tracklist si percepisce distintamente un ritrovato entusiasmo, una concentrazione energetica di joule che poi alla fine, anche dal punto di vista di accoglienza del pubblico, ha pagato. In Male in Polvere giocano a fare i Radiohead, mentre trovi molto del prog anni Settanta in È la fine la più importante. Insomma, si può essere più dark mantenendo pur sempre l’elemento di gioco. A tal proposito: il disco ha quattro copertine diverse. Ognuna raffigura un membro della band in atteggiamenti intimi (si vede solo la silhouette) con la propria partner.

Terrestre

Subsonica

22 aprile


Come un quasar nell’oscurità dello spazio più profondo, i Subsonica con Terrestre illuminano di una luce accecante la totale e pigra stagnazione di una musica pop ormai disillusa dall’hype del nuovo millennio. A mani basse il loro disco più punk rock e chitarroso, figlio pur sempre di un’epoca salvata a livello mondiale a sua volta dai sopracitati Strokes, è un’opera che meriterebbe una sala a parte se esistesse una National Gallery del songwriting. Il passato new wave ma anche reggae di Casacci, i testi di Samuel così sempre ben allineati alle frequenze cerebrali collettive, i synth di Boosta che possono esse piuma (Incantevole) ma anche fero (Ratto): tutto si allinea in un disco sostanzialmente da mettere bello in alto e a caratteri grossi nel CV dei cinque torinesi. Sì, questo è il migliore disco italiano del 2005.

Pocapocalisse

Laghetto

23 aprile


La regola per cui, se fai musica sufficientemente estrema, è difficile che possa invecchiare male si applica perfettamente ai bolognesi Laghetto. Post-hardcore alternato ad harcore, imbevuto di testi che vanno dall’ironico al demenziale, il tutto, magari, compresso in una traccia da 54 secondi. E come fai a schifarli?

Tornare sulla terra

Bachi da pietra

1 maggio


“Voglio scopare la vita nel sangue e sborrare sulla fine del mio essere di carne”: versi alquanto pittoreschi per il pezzo di apertura di un disco che è stato registrato, si legge su Bandcamp, “nelle cantine della sacrestia di S.Ippolito a Nizza Monferrato in provincia di Asti, dal 6 all’11 gennaio 2005”. È l’esordio di un duo che è anche uno dei progetti più allucinanti della musica sperimentale italiana: una messa nera di blues, chiaroscuri caravaggeschi e la più incondizionata, totale assenza di filtri nei contenuti.

Non dormire

Noyz Narcos

luglio


Il 2005, come stiamo notando, è un anno di esordi. Anche il rap non è da meno, con il primo disco del collettivo romano In The Panchine, che insieme ai Truceboys forma il TruceKlan, e appunto Non dormire di Noyz Narcos, affiliato ai Truceboys. Ora, siccome In The Panchine abbiamo già in programma di metterlo nei migliori dischi rap italiani di sempre, per non sovrapporre le cose la scelta è stata di dare un po’ di giustizia anche a Noyz. Esplicito, incazzato, forse ancora acerbo per quello che poi è diventato in termini di puncline, qui Noyz si prende il suo spazietto per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. E magari anche dalla tasca.

Small Stones

Bellini

9 settembre


L’unico disco di questa lista ad aver ricevuto non solo una recensione ma anche il plauso da Pitchfork è anche uno dei meno conosciuti. Di base, la coppia artistica e sentimentale Cacciola-Tilotta degli Uzeda si ritrova alle prese con un nuovo batterista, Alexis Fleisig (Girls Against Boys, Soulside), dopo che nel bel mezzo del tour statunitense del primo album Demon Che dei Don Caballero li sfancula senza preavviso. E così, sempre con l’aiuto del provvidenziale Steve Albini a manovrare sgangherati outboard dal mixer, viene fuori questo secondo Small Stones. Blues sporcato dal noise o noise pulito dal blues?

La malavita

Baustelle

21 ottobre


Non un esordio assoluto ma di certo il primo disco pubblicato dai Baustelle per una major, nello specifico Warner. Lo si sente benissimo dalle orchestre e da tutti quegli elementi che normalmente non senti su un disco indie per il semplicissimo assioma che chiamare tanti musicisti a suonare costa. Il titolo comunque non fa soltanto allusione al fascino dei film poliziotteschi anni ’70 (gli stessi che poi faranno nascere proprio in quegli ’00 i Calibro 35), ma anche il mal de vivre, lo spleen in cui tre romantici goth come Bianconi, Bastreghi e Brasini si sono sempre crogiolati con piacere. L’ultima Cuore di Tenebra, presa in prestito dal classico di Conrad, toglie ogni dubbio su un disco e più in generale un momento della discografia italiana in cui il rock preso male aveva un potere enorme. Forse troppo, visto come sono andate poi le cose.
Iscriviti
Exit mobile version