I dischi da ascoltare a maggio | Rolling Stone Italia
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I dischi da ascoltare a maggio

St. Vincent in versione anni '70, il post punk degli Squid, il ritorno di Iosonouncane, e poi Jorja Smith, black midi, Caparezza, Brondi, VV: ecco gli album che sentiremo nelle prossime settimane

I dischi da ascoltare a maggio

St. Vincent

Foto: Zackery Michael

“Exuvia” Caparezza (7 maggio)

Il primo album in studio da Prisoner 709 di quattro anni fa, anticipato dalla title track e da La scelta. «Sulla copertina c’è un simbolo che rappresenta il passaggio da una condizione attuale (cerchio grande) a una futura (cerchio piccolo) attraverso una serie di spirali (simbolo di morte e rinascita in gran parte delle culture). Un rito di passaggio in 14 brani, il percorso di un fuggiasco che evade dalla prigionia dei tempi andati per lasciarsi inghiottire dalla selva e far perdere le proprie tracce».

“Paesaggio dopo la battaglia” Vasco Brondi (7 maggio)

Il primo album solista da cui si sono ascoltate Chitarra nera e Ci abbracciamo. «Dopo un lungo periodo senza toccare una chitarra mi sono rimesso a scrivere mentre il mondo che conoscevamo cambiava radicalmente. Ne è uscito un disco di racconti per voce e cori, per orchestra e sintetizzatori. In ogni canzone c’è qualcuno che ricerca fiduciosamente anche in tempi difficili tra le leggi della città e quelle dell’universo. Dopo la battaglia c’è una pace incerta, piena di ferite e piena di sollievo. C’è qualcuno che chiama un nome tra le macerie, qualcuno che risponde».

“Reset” Bachi da Pietra (7 maggio)

«Album immaginato, composto e battezzato quando il 2020 non aveva ancora presentato il conto, Reset è la nostra settima cosa», dice la band di Bruno Dorella e Giovanni Succi. «Non azzera la nostra storia anzi la ingloba, la mastica, la digerisce e la risputa, trasformata in un’altra cosa ancora. Vogliamo portarti pietra e metamorfosi, ti serviranno. Sembrano opposti, non lo sono».

“Bright Green Field” Squid (7 maggio)

Si parlerà molto di questo disco strano e potentemente rock. Loro sono un quintetto di Brighton che nasce dalla passione per l’ambient e il jazz, ma suona un post punk contaminato e imprevedibile. Bright Green Field è l’album di debutto, esce per Warp ed è come «un paesaggio urbano immaginario. Le canzoni illustrano i luoghi, gli eventi e le architetture di questo luogo». 

“Seek Shelter” Iceage (7 maggio)

È il loro primo album con un produttore esterno e non uno qualsiasi, ma Sonic Boom. «Volevamo qualcuno in grado di portare il rumore che non avevamo, un mago più che un produttore, e lui è arrivato con un camion di strane attrezzature che non avevamo mai visto prima», racconta la band danese che Sonic Boom descrive come «dei cazzo di esibizionisti, come del resto chiunque sia emotivo e onesto».

“Van Weezer” Weezer (7 maggio)

È una specie di tributo all’hard rock anni ’80. Scomparso dai radar causa pandemia, è finalmente in uscita dopo le canzoni “sentimentali” di OK Human. Rivers Cuomo ha detto che è nato per essere suonato dal vivo e che si sono ispirati a Kiss, Black Sabbath, Metallica e Van Halen.

“Far Memory” Angel Olsen (7 maggio)

Far Memory è l’album inedito contenuto nel cofanetto Song of the Lark and Other Far Memories che raccoglie gli ultimi due dischi di Angel Olsen All Mirrors e Whole New Mess. Ci sono bonus track, versioni alternative, remix e la cover di More Than This dei Roxy Music anni ’80.

“There Is No End” Tony Allen (7 maggio)

Doveva uscire a un anno esatto dalla morte del batterista, ma There Is No End vedrà la luce solo a maggio. È un disco postumo e anche un tributo, con ospiti come Sampa The Great, Jeremiah, Skepta. «Allen era un maestro silenzioso, un batterista e un guardiano con una grande visione artistica», ha detto il produttore Vincent Taeger.

“Latest Record Project: Volume 1” Van Morrison (7 maggio)

A 75 anni d’età, con una cinquantina di album alle spalle e fresco di polemiche per le canzoni anti lockdown, Van Morrison pubblica altre 28 tracce. «Questo ragazzo qui ha scritto 500 canzoni, forse di più, quindi? Perché promuovere sempre le solite dieci? Sto cercando di uscire da questo schema».

“In Translation” Peter Hammill (7 maggio)

«È stato un modo per affrontare la pandemia», ci ha detto il leader dei Van Der Graaf Generator del suo album di cover che contiene anche pezzi di Fabrizio De André, Luigi Tenco e Piero Ciampi interpretati in lingua inglese.

“Incantations” Sufjan Stevens (7 maggio)

È l’ultimo tassello del progetto Convocations, disco in cinque volumi scritto come omaggio al padre biologico di Sufjan Stevens, scomparso lo scorso settembre. Ogni “capitolo” riflette un momento diverso del lutto.

“Build a Problem” Dodie (7 maggio)

Lei è una cantautrice inglese promettente, 26 anni, che canta con lo stile intimo e quasi ASMR che va di moda. Build a Problem è il suo primo vero album dopo tre EP. «Ero in crisi. Insicura di chi fossi, ho cercato di capirlo grazie alla musica. È venuto fuori un album piuttosto instabile, ma onesto».

“The Marfa Tapes” Jack Ingram, Miranda Lambert, Jon Randall (7 maggio)

Lei è una superstar del country, loro due songwriter con cui collabora, i pezzi sono stati incisi senza grande produzione a Marfa, Texas, da cui il titolo. «Sono grezzi», ha detto Lambert. «Senti il vento che soffia, le mucche che muggiscono… Volevamo farvi sentire lì con noi, seduti attorno al fuoco, lontani dal mondo, dentro la musica».

“Reunion” Anjimile (7 maggio)

Giver Taker è uno degli album di debutto più particolari e interessanti del 2020, uno strano mix tra le atmosfere di Sufjan Stevens, melodie ultrapop e ritmi africani. Alcune di quelle canzoni tornano in versione orchestrale grazie all’EP Reunion. Possiamo già ascoltarne due: 1978 e In Your Eyes. Qui, invece, la storia di Anjimile.

“Ira” Iosonouncane (14 maggio)

Die l’ha reso uno dei grandi cantautori di casa nostra, il singolo Novembre ha fatto immaginare il suo nuovo lavoro come più tradizionale. E invece in Ira Iosonouncane è quasi irriconoscibile, con testi in una lingua cangiante e musiche che tendono alla wave e all’industrial, con echi di Maghreb, elettronica e molto altro.

“Bingo” Margherita Vicario (14 maggio)

Dopo i singoli Orango tango e Come va, Margherita Vicario è pronta a pubblicare il secondo album. «Con Bingo sono riuscita a svelare tanti lati del mio carattere e del mio modo di concepire la musica, mi piace definirlo caleidoscopico».

“Verso” VV (14 maggio)

È l’EP d’esordio della cantautrice di cui abbiamo scritto qui, un po’ funk-pop rétro e un po’ ballatone lacrimone, come le definisce lei. «Verso non è una direzione, ma una dimensione dentro la quale tutto è in continua evoluzione. Verso è stampato sulla mia faccia: è la mia faccia, trasfigurata, come l’arte trasfigura la realtà. Ogni traccia è un viaggio nel mio mondo, quello di una ragazza cresciuta secondo regole che ormai le stanno strette, pronta a seguire le sue».

“Daddy’s Home” St. Vincent (14 maggio)

Un gran disco in cui la musicista evoca il sound della New York della prima metà degli anni ’70. «Volevo un suono vecchio per raccontare una storia nuova», ci ha detto. «La New York di quegli anni lì, prima dell’esplosione della disco, ricorda il nostro presente. Ci si metteva l’idealismo alle spalle, tirava un’aria d’incredibile incertezza, si era nel bel mezzo di cambiamenti radicali dal punto di vista culturale ed economico, si abbattevano istituzioni e poteri senza sapere come ricostruirli. Ora come allora siamo dentro un edificio distrutto da un incendio a chiederci: e adesso?».

“Delta Kream” The Black Keys (14 maggio)

Registrato nell’arco di due pomeriggi, è l’omaggio del duo al blues del Mississippi che sta alla base non solo della musica dei Black Keys, ma del rock tutto. «Onoriamo la scena musicale blues del Mississippi che ci ha influenzato fin dall’inizio», ha detto Dan Auerbach. «Per noi questi brani sono tanto importanti oggi quanto lo sono stati il primo giorno che io e Pat abbiamo iniziato a suonare insieme». La nostra recensione.

“Be Right Back” Jorja Smith (14 maggio)

La prossima star dell’R&B inglese potrebbe essere lei. «L’album si intitola Be Right Back perché è una cosa che voglio che i miei fan abbiano in questo momento. Se avevo bisogno di fare queste canzoni, allora qualcuno avrà bisogno di ascoltarle».

“Black to the Future” Sons of Kemet (14 maggio)

I Sons of Kemet, il progetto afro-caraibico di Shabaka Hutchings, forse il musicista più noto del nuovo jazz britannico, tornano con un album a tre anni dallo splendido Your Queen Is a Reptile. Si intitola Black to the Future ed è «un poema sonoro per invocare potere, memoria e guarigione. Racconta un movimento per ridefinire e riaffermare cosa significa lottare per il potere dei neri». In scaletta collaborazioni affascinanti con Lianne La Havas, Angel Bat Dawid e altri.

“Fat Pop (Volume 1)” Paul Weller (14 maggio)

Paul Weller invecchia, ma non molla e torna con un nuovo album a meno di un anno dal precedente On Sunset. Il singolo Cosmic Fringes che si è già ascoltato non è esattamente il pezzo che si aspettano i vecchi fan, che avranno apprezzato di più Shades of Blue.

“Outside Child” Allison Russell (21 maggio)

Grandi canzoni, una voce pazzesca, uno stile tradizionale, ma non ammuffito. È il primo vero disco di Allison Russell da Montreal, Canada, già co-protagonista dei progetti Our Native Daughters e Birds of Chicago. «Parla di resilienza, sopravvivenza e trascendenza, del potere di redenzione dell’arte, di comunità, di connessione e della famiglia che si sceglie di avere».

“Butter Miracle Suite One” Counting Crows (21 maggio)

«Non siamo qui per suonare il greatest hits, non mi interessa», ha detto Adam Duritz del ritorno dei Counting Crows dopo anni di silenzio. Il disco si intitola Butter Miracle Suite One, contiene appunto una suite e qua e là ha atmosfere che ricordano Bruce Springsteen. Due brani «parlano dell’amore per il rock. Uno dalla prospettiva del musicista, l’altro da quella del fan».

“Sour” Olivia Rodrigo (21 maggio)

Il singolo Drivers License l’ha trasformata istantaneamente in un fenomeno. Ora tocca alla giovanissima Olivia Rodrigo, 18 anni appena compiuti, in qualche modo figlioccia di Taylor Swift, dimostrare il suo valore. Lei l’ha descritto come un album versatile, «all’intersezione tra pop mainstream, folk e alternative rock».

“VWETO III” Georgia Anne Muldrow (21 maggio)

È il terzo volume della serie di album strumentali della cantautrice, rapper e produttrice di Los Angeles. «VWETO III è concepito per il movimento», ha detto. «Va suonato quando torni là fuori dopo un lungo periodo di introspezione. È concepito per trasformarvi in supereroi, sarà la vostra colonna sonora». Sono già usciti due pezzi: Mufaro’s Garden e Unforgettable.

“Wink” Chai (21 maggio)

È il primo disco del quartetto giapponese per Sub Pop. È dedicato «alle persone che fanno l’occhiolino (to wink, appunto, ndr), perché sono pure di cuore, vivono facendo quel che vogliono. Una persona che fa l’occhiolino è una persona libera», ha detto la bassista (e autrice dei testi) Yuuki. Aspettatevi melodie coloratissime, suoni da videogame e, a giudicare dai primi singoli, tanti sintetizzatori.

“Showtunes” Lambchop (21 maggio)

Il nuovo disco dei Lambchop nasce da due eventi inaspettati: l’isolamento per la pandemia e un esperimento che ha permesso a Kurt Wagner di suonare il pianoforte con la chitarra, grazie al MIDI. «È stata una rivelazione, potevo arrangiare gli accordi e le melodie senza i limiti di chi scrive con la chitarra», ha detto. Ne è venuto fuori un suono nuovo, ispirato a giganti come Tom Waits, Randy Newman e Gershwin. «Ho sempre voluto scrivere canzoni così».

“Leftover Feelings” John Hiatt with The Jerry Douglas Band (21 maggio)

Uno dei grandi songwriter americani (presente Have a Little Faith in Me?) incontra la band di un produttore e chitarrista fenomenale, celebre per il lavoro di recupero della musica delle radici. Chitarre in abbondanza e di tutti i tipi, basso, violino. E niente batteria.

“Cavalcade” Black Midi (28 maggio)

I black midi (vogliono che si scriva così, tutto minuscolo) tornano con un disco che è come una galleria di personaggi: il leader di un culto decaduto, un cadavere ritrovato in una miniera, la leggendaria Marlene Dietrich. «Ogni personaggio racconta la sua storia», ha spiegato il bassista Cameron Picton. Musicalmente, invece, la band dice di aver cercato armonie e soluzioni più stimolanti del solito. «È facile lasciarsi avvolgere dal mito dell’improvvisazione, dell’intervento divino», dice il cantante Geordie Greep. «Noi volevamo scrivere la musica più drammatica ed eccitante possibile».

“Reprise” Moby (28 maggio)

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I brani più importanti di Moby riarrangiati per strumenti acustici. È questa l’idea dietro Reprise, che uscirà per la storica etichetta di classica Deutsche Grammophon. Abbiamo già ascoltato Porcelain (con Jim James dei My Morning Jacket), The Lonely Night (con Mark Lanegan e Kris Kristofferson) e Natural Blues (con Gregory Porter e Amythyst Kiah).

“When Smoke Rises” Mustafa (28 maggio)

È il disco d’esordio di un giovane poeta e cantautore musulmano di Toronto. Suona quella che ha definito «inner city folk music», si ispira a Joni Mitchell e Richie Havens e ha scritto le prime canzoni dopo aver perso alcuni amici in una sparatoria. Nel disco ci sono anche la produzione di Jamie xx e collaborazioni con Sampha e James Blake.