Rolling Stone Italia

I 30 migliori album italiani del 2023

Tedua, Madame, Colapesce Dimartino, Geolier, Tropico, Calcutta, Daniela Pes, Baustelle, Bud Spencer Blues Explosion e le altre commedie pop, più o meno divine, uscite negli ultimi 12 mesi sotto forma di disco

Foto: Gaetano De Angelis (1), Roberto Panucci/Corbis via Getty Images (2), Andrea Bianchera/Sugar Music (3), Ciro Pipoli (4), Michela Forte (5)

30

E poi siamo finiti nel vortice

Annalisa

È stato il suo anno, poche storie, e dopo il successo dei singoli c’era bisogno di un album che contenesse tutta la nuova Annalisa. E poi siamo finiti nel vortice mantiene le promesse: è un disco pop che non delude chi ama la cassa dritta e nemmeno chiunque abbia ballato sulle note di “ho visto lei che bacia lui che bacia lei che bacia me”. Per definire i mood dell’album seguendo i testi della popstar potremmo dire disperato e anche leggero. Si può mettere tutto insieme? Sì. (FF)

29

Infinito +1

Fulminacci

La musica di Fulminacci è diventata più leggera e divertente. Non che prima fosse una lagna, ma la fama di cantautore cervellotico precedeva l’artista. Fin dalla prima traccia di Infinito +1, titolo volutamente bambinesco, promette di spaccare tutto ciò che lo annoia. Ci prova con canzoni giocose, allegre, ironiche. Leggersi definito giovane vecchio «ha smosso qualcosa, mi ha fatto venire voglia di dire sì, è vero che ascolto la musica dei grandi e rifletto sulle cose, ma ho anche la mia età e la vivo come i miei coetanei». È venuto fuori un lavoro magari non memorabile, però leggero il giusto, con dentro un po’ di Silvestri e di Jovanotti (anche se poi gli ospiti veri sono Truppi e i Pinguini), che funziona anche per quello che chiama ironicamente in una canzone “il pubblico generalista che mi sono conquistato negli anni”. Non è più quello pensoso, ma nemmeno uno sforna-hit: è un cantautore ragù (cit). (CT)

28

Sensazione stupenda

Tommaso Paradiso

«Con questo disco vi sto dando tutto me stesso». Diceva così Tommaso Paradiso per presentare il suo secondo album da solista, Sensazione stupenda. Un disco che conferma l’estetica sonora del cantautore romano che non fa giochetti per inseguire le mode ma continua dritto per la sua strada, tra nostalgia, sentimenti, melodia e synth. Ma pure amicizia, in questo caso con Bianconi (i due hanno firmato la stupenda Amore Indiano, il “tormentone per adulti” della scorsa estate) (FF)

27

Cristi e diavoli

Lovegang126

“Siamo ancora in quella via, brindo co’ la gente mia, tra madonne cristi e diavoli sto in buona compagnia” recitano le prime parole dell’album in cui la Lovegang126 (Franco126, Ketama126, Pretty Solero, Drone126, Asp126, Ugo Borghetti, Nino Brown) si è ritrovata per «portare amore nel business». Curiosamente, è sia il loro primo album, sia la chiusura di un percorso iniziato tanti anni fa, un lavoro fuori da questo tempo e che piace per le storie piccole, di strada, la droga, i medicinali, i sampietrini, la piazza, il bar dello sport, la canna fumata portando in giro il cane, la vita quotidiana vista dal centoventiseiesimo gradino della scalea del Tamburino (Roma, of course). Le basi sono altrettanto inattuali, tra rap vecchia scuola, soul, un po’ anni ’70 e un po’ anni ’90. C’è insomma qualcosa di datato e uncool in quest’album che non fa nulla per sembrare figo e quindi è totalmente controcorrente. Piace anche per questo, piace che sia corale, plurale, rivalsa simbolica contro l’individualismo spinto di questo tempo. (CT)

26

Madreperla

Guè

Non è un caso che l’ultimo lavoro di Guè prima della reunion dei Club Dogo sia stato un disco rap che suona anni Duemila come dimostrano i beat di Crookies N’ Cream con Anna e Sfera Ebbasta, Léon (The Professional), Mollami Pt.2. Produzione musicale affidata a Bassi Maestro e, come sempre, lo sfizio di poter chiamare a partecipare il meglio della scena (oltre ai già citati anche Mahmood, Marracash, Rkomi, Massimo Pericolo, Paky) e un artista di calibro internazionale come Benny The Butcher. Per old school lovers. (MB)

25

Effetto notte

Emis Killa

Si chiama Effetto notte, come il capolavoro di Truffaut. All’epoca sui manifesti in lingua inglese lo slogan pensato dai distributori era: “Un film per gente che ama il cinema”. E lo stesso vale per questo disco Emis Killa: un disco rap per gente che ama il rap. Cinematografico, introspettivo, perché «i pezzi che ti porti dietro per anni sono quelli che han bisogno di due o tre ascolti per essere capiti». (FF)

24

Ok. Respira

Elodie

Il suo disco precedente si chiamava This Is Elodie ma forse la vera Elodie è quella di OK. Respira. Dal pezzo presentato a Sanremo, la funky Due, alla hit Bagno a mezzanotte, passando per il club e l’r&b arrivando alla chicca Proiettili (dalla colonna sonora di Ti mangio il cuore), dentro a questo disco qui ci sono un po’ tutte le versioni di una popstar che negli anni ha lavorato. E si sente. (FF)

23

Le cose cambiano

Massimo Pericolo

“Massimo Pericolo non è come gli altri artisti / Massimo pericolo non ha genitori ricchi / Massimo Pericolo non è cresciuto coi tuoi / Massimo Pericolo non è cresciuto coi suoi”. Se Le cose cambiano avesse mantenuto questa crudezza in tutti i brani del disco, e non solo nel testo citato dell’intro, ora sarebbe sicuramente qualche posizione su. A vedere il bene ci sono brani ispirati come Moneylove con Emis Killa che trasforma MP nel nostro Central Cee, Di persona con Guè che ci riporta indietro al rap degli anni Duemila, o Povero stronzo, un tentativo di provare nuovi sound sotto l’attento lavoro dell’amico Crookers. Un album diesel, ma che si toglie le sue soddisfazioni. (MB)

22

Innocente

Baby Gang

Il 2023 è stato l’anno in cui l’Italia ha scoperto di avere una vera categoria di rapper-criminali. Tra processi, sparatorie, rapine e prigioni è stato un anno davvero movimento per la scena. Tutta fuffa? Assolutamente no, come dimostra Baby Gang in Innocente, un album che racconta la vita di strada e di galera senza paure o incertezze. “Come era bello quando al Beccaria / sentivi urlare il tuo nome dalla via / ora sto a San Vittore e manco è colpa mia”, rappa Baby Gang in Come mai, uno dei brani simbolo del disco. O ancora in Restare, “Ehi, baby, non piangere / penso solo a evadere / da quando sto dentro, da quanto sto in carcere”. 100% street credibility. (MB)

21

CVLT

Salmo & Noyz Narcos

Nell’anno degli joint album l’unico che ci ha davvero convinto in Italia è stato quello tra Salmo e Noyz Narcos che hanno dimostrato che i due hanno molto altro in comune oltre all’immaginario. Si parte con Anthem dove Salmo e Noyz si scambiano le proprie hit (negli incipit come nei beat), si passa per il campione dei Prodigy di Respira (con Marracash) e si arriva alla fine passando per una serie di citazione cinematografiche (Grindhouse su tutte). Non a caso Dario Argento ha battezzato il due partecipando al trailer di lancio. (MB)

20

Le canzonine

Enrico Gabrielli

C’è del bello, eccome, anche nelle canzoncine, anzi nelle Canzonine per l’infanzia. L’album solista di Enrico Gabrielli (Calibro 35, Winstons, 19’40” e mille altre cose) è una meravigliosa follia ispirata a Sergio Endrigo, Gianni Rodari, Virgilio Savona. Ci hanno abituati ai micidiali talent coi bambini canterini o ai testi grossolani da Zecchino d’oro. Il disco di Gabrielli con una serie di altri musicisti italiani (o forse sarebbe meglio dire altri papà, da Cosmo a Andrea Laszlo De Simone passando per Brunori e Bianconi) riscatta il genere. È amabilissimo e intelligente, e serve a ricordarci la nobilità di certi giochi musicali e linguistici. (CT)

19

X2VR

Sfera Ebbasta

Non è stato il paventato ritorno alle origini, ma la confessione di chi si è trovato a fare i conti con il successo e l’eventuale cambiamento. Meno pop dei precedenti Famoso e Rockstar, X2VR è un ritorno allo street sound, molto più rap che trap in più di un’occasione. La lista dei feat oltre ad essere infinita (Elodie, Anna, Lazza, Marracash, Tedua, Tony Effe, Paky, Shiva, Guè, Geolier, Simba La Rue, Baby Gang) dimostra che tutti vogliono saltare sul carro vincente del king della trap. Manca la hit spacca-internet, ma apre ad alcuni momenti più riflessivi in cui Sfera si riscopre maturo (15 piani con Marracash su tutte). (MB)

18

Radio Gotham

Rose Villain

Dopo tanti singoli e featuring era il momento per Rose di fare il salto e dimostrare a tutti il proprio valore. Radio Gotham, ispirato da immaginari cinematografici, rispetta le aspettative tra featuring d’autore (Elisa, Tedua, Guè, Salmo e Geolier, tra i tanti) e una Rose sempre più matura nella gestione vocale e testuale tra pop e rap. Prodotto dal compagno/marito Sixpm, ci mostra una Villain tra «maschiaccio rock e femme fatale», come ci ha raccontato lei stessa; una «popstar introversa» che dopo tanta gavetta è finalmente sbocciata. (MB)

17

Il segreto

Venerus

Venerus gioca un altro campionato. Il segreto è un disco registrato tutto in presa diretta, che non insegue mode o cerca hit facili. Sentendo i dieci brani che lo compongono si è avvolti da un mood che potremmo definire magico (Venerus, d’altronde, un po’ sciamano lo è), e i testi colpiscono per una sensazione di sincerità disarmante. Come se un amico ti stesse parlando al telefono. Come ci ha detto in un’intervista per l’uscita del disco, «le cose possono essere fatte in maniera diversa dal solito. Un album per una major nel 2023 dove non c’è un singolo e non c’è post produzione. Non è la ricetta sicura per il successo, ma per fortuna ci sono persone che credono in quello che faccio». Ne vogliamo ancora. (FF)

16

Selva

Marta Del Grandi

Brava, bravissima Marta Del Grandi. Selva, il suo secondo album dopo Until We Fossilize del 2021 (entrambi pubblicati dall’americana Fire Records), conferma quanto di buono dimostrato finora. Capacità di songwriting invidiabile, una vocalità interessante e pulita e un inglese impeccabile. Cosa manca a Marta Del Grandi? Nulla. Nei periodi in cui gli artisti italiani guardavano all’estero si sarebbe detto con orgoglio “è italiana, ma non sembra”. Nonostante l’autarchia delle classifiche, però, a sentire Selva il pensiero è quello, nella migliore delle accezioni. (MB)

15

Habitat

C’mon Tigre

Loro dicono che Habitat «è una testimonianza del potere della fusione musicale», che è influenzato dalla tradizione brasiliana, da samba e forró, ovvero la danza del Nordeste, che dentro c’è un «paesaggio sonoro riccamente stratificato». Ma Habitat vive anche al di fuori dei discorsi sulla virtuosità della coesistenza armoniosa di musiche e popoli. Molto semplicemente: è un disco divertente, a tratti ballabile, vitale, articolato dal punto di vista ritmico, canzonettaro senza mettere l’enfasi sul canto, a suo modo bucolico e rilassato, un non-luogo tra jazz, world e pop. Ma siamo sicuri che siano italiani? (CT)

14

WadiruM

Studio Murena

Azzardare un disco jazz-rap in Italia è già di per sé un gesto di resistenza e coraggio. Che poi questo disco sia valido nel sound e nei liricismi, moderno nell’attitudine e ricco di collaborazioni intriganti come Paolo Fresu, Danno, Enrico Gabrielli è tutta un’altra faccenda. Al terzo disco in studio, gli Studio Murena si dimostrano una certezza. L’era del jazzcore è arrivata. (MB)

13

Hrudja

Massimo Silverio

Seguite il consiglio di Iggy Pop, ascoltate Massimo Silverio e le sue canzoni in dialetto carnico e in inglese, acustiche ed elettroniche, dove ci si perde tra echi di Radiohead, Sigur Rós, Jeff Buckley, Iosonouncane. Hrudja sembra venire da un’altra dimensione. Dentro ci sono modernità e tradizione, verità e mistero, le radici e le ali. «Sono canzoni che parlano di una ferita che si rimargina, ma che non è solo una ferita, è anche una crosta che scompare senza lasciare traccia», ci ha detto Silverio, «come può fare una lingua, una sensazione, come possono fare tanti gesti che compiamo quotidianamente. Avevo l’esigenza di fermare queste immagini e di tradurle in una sorta di conscia fragilità con un canto condizionato dalle emozioni del momento». (CT)

12

Nouvelles Aventures

Calibro 35

I Calibro 35 non sbagliano un disco. Questo è uscito dopo i due volumi dedicati a Ennio Morricone e prima della colonna sonora di Blanca 2, e non segue alcuno schema concettuale, se non il desiderio di gettarsi nella musica con lo spirito da avventurieri e recuperando il gusto di fare qualcosa di originale dopo l’immersione nel repertorio del Maestro. Dentro ci sono i Gong, le colonne sonore di Tarantino e dei vecchi film di spionaggio, il funk di New Orleans, il rock anni ’60-70, il gusto per l’improvvisazione, forse anche l’idea di andare altrove con la musica. Rincuora sapere che esistono ancora musicisti che riescono a comunicare con gli strumenti e non coi lanci stampa o le storie Instagram. Magari questa volta non hanno registrato un disco spiazzante, ma lo ribadiamo: i Calibro sono ancora il progetto più cool uscito dal nostro Paese negli ultimi anni. (CT)

11

La gente che sogna

Lucio Corsi

Con la fantasia sfrenata e fanciullesca che si ritrova, Lucio Corsi trasfigura ogni cosa in una grande fuga salvifica che non è pura evasione, bensì un invito a reimmaginare il mondo. Lo fa anche in La gente che sogna, tra visioni aliene, astronavi giradischi, magia nera, glam party. Lasciare tutto alle spalle per trovare qualcosa di meglio, anche solo per 28 minuti. Non è detto che sia il suo album migliore, ma è forse quello in cui trova l’equilibrio perfetto fra le sue identità, l’aspirante glam rocker e il folksinger. Sono Bolan, Dylan e Rodari che girano vorticosamente e giocosamente assieme a 33 giri al minuto. (CT)

10

Spira

Daniela Pes

Ma chi diamine è questa che arriva e in sette tracce piazza il miglior esordio dell’anno? Daniela Pes è stata la rivelazione dell’anno, non ci sono dubbi. La cantautrice sarda con Spira ha piazzato un album capace di mescolare la tradizione isolana con l’avanguardia internazionale. Prodotto da Iosonouncane, questo lavoro potrebbe benissimo figurare nelle classifiche straniere per il dono di aver creato qualcosa che – semplicemente – prima non c’era. (MB)

9

Next Big Niente

Bud Spencer Blues Explosion

Istruzioni per perdersi nel Next Big Niente: accettare che nella musica, persino in quella italiana, vale tutto; non aspettarsi canzoni strutturate in modo tradizionale; liberarsi dall’idea che i Bud Spencer Blues Explosion, ovvero Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio, siano una versione nostrana delle coppie rock-blues come White Stripes o Black Keys. Aspettatevi piuttosto un «ordine fatto di disordine» che stordisce per le canzoni destrutturate, la quantità di suggestioni, i suoni (fighissimi) si cui non si indovina l’origine. (CT)

8

Elvis

Baustelle

Rifondazione baustelliana. Con una band rinnovata e un gusto inedito per il rock americano, i Baustelle hanno fatto un disco in cui Elvis mette le mani negli spaghetti e si lecca le dita. Hanno trovato cioè un punto di equilibrio tra il loro linguaggio orami consolidato, l’ultrapop e l’amore tutto italiano per le cose d’America, mettendo assieme storie di provincia e patemi metropolitani. Elvis è un disco leggero quanto può esserlo il pop che aspira a parlare a tanti, integra malinconia e consolazione, disperazione e gioia, con un incredibile doppio finale di segno opposto, prima Il regno dei cieli, poi Cuore. Bianconi e i suoi cantano la vita com’è, in modo assieme spietato ed empatico. (CT)

7

Relax

Calcutta

Tra i tanti dischi nostalgici usciti in questi anni di record di apnea creativa per la musica leggera italiana, Relax suona come uno dei più intellettualmente onesti. In sintesi: non c’è molto per cui essere allegri, ma cantiamolo tutti in coro. Il ragazzo padre dell’indie italiano non scrive più manuali di introspezione, ma affronta gli ascessi della vita con la bocca spalancata e il cuore in subbuglio. In altre parole, questo è l’album della maturità. (FF)

6

Il grande fulmine

Thru Collected

Avere più brani nel disco (30) che anni (i componenti si aggirano tutti sulla ventina) è una rarità, ma i Thru Collected questo sono. Il numeroso collettivo napoletano conferma quanto di ben mostrato con Discomoneta vomitando la giovinezza su di un progetto di un’ora e venti minuti di bedroom pop in chiave ADHD. Paradossalmente nella sua ricerca di futuro Il grande fulmine suona come uno dei migliori dischi degli Amari, ma con molta più follia e ambizione. Segnatevi un nome: Sano. Lui potrebbe davvero essere il futuro di tutto questo. (MB)

5

Chiamami quando la magia finisce

Tropico

Magari qualcuno non conosceva Tropico (all’anagrafe Davide Petrella), ma sicuramente conosceva le sue canzoni. È lui uno degli autori pop più importanti di questo paese. Qui ha messo insieme i “suoi” brani, le canzoni che ha scritto per sé, tirando fuori un disco in cui non si salta una traccia. C’è tanta Napoli, ci sono tanti artisti che stima e che cantano con lui creando mondi sonori distinti. Da Cremonini a Mahmood a Joan Thiele (Fiore è una delle migliori del disco), c’è finalmente l’opera di uno che ha scritto tante canzoni per altri che riesce a farti dimenticare che ha scritto tanti pezzi per altri. Se non l’avete ancora ascoltato, questo è il momento. (FF)

4

L’amore

Madame

A soli 21 anni Madame ci ha già stupito molte volte. L’ultima quando ha pubblicato questo disco. Per la serie: u think u know me but u don’t. È un album senza ospiti, cantautorale, in cui racconta l’amore, il sesso e il desiderio in modo libero. Come farebbe una ventenne: «Mi piace usare parole perverse e fantasticare sulle cose», ci ha detto quando è uscito. Ne viene fuori un lavoro compatto, esplicito, con una identità precisa e che raggiunge l’obiettivo: raccontare sé stessi, in modo diverso, ogni volta. (FF)

3

Il coraggio dei bambini

Geolier

Se il 2023 è stato l’anno di Napoli (e del Napoli) sembra logico che un disco 100% napoletano come Il coraggio dei bambini sia stato il più ascoltato su Spotify Italia nel 2023. A soli 23 anni, Geolier è arrivato al secondo disco (dopo Emanuele) convincendo pubblico, critica e – soprattutto – colleghi. Storytelling di strada, ma anche ritornelli, flow e rime dense. Superato l’ostacolo della lingua (ma come si dice da sempre il napoletano è il miglior dialetto italiano per sonorità), Il coraggio dei bambini è un audiolibro sulla vita di quartiere. (MB)

2

Lux Eterna Beach

Colapesce Dimartino

È l’ultimo disco della coppia, almeno per un po’ e noi abbiamo già nostalgia della combinazione dei talenti di Colapesce e Dimartino, del loro modo di scrivere canzoni in modo classico, ma capaci di raccontare il nostro presente. I mortali era un gran bel disco, ma forse è Lux Eterna Beach il picco della loro collaborazione per fantasia, immediatezza, scrittura, arrangiamenti. Consapevoli della storia, pieni d’ingegno anche quando si tratta di scrivere con in testa delle reference, furbi quanto basta per essere popolari, Coladima hanno fatto un disco quasi perfetto. E poi, con I marinai hanno dimostrato che è possibile recuperare il demo di un artista scomparso e trasformarlo in un gran pezzo e con Splash (lo si era già capito ai tempi di Musica leggerissima) hanno smentito chi dice che in Italia non c’è gusto ad essere intelligenti. (CT)

1

La Divina Commedia

Tedua

“Sono stato a tacere e ho creato l’attesa / e mi son fatto il sangue marcio per la tecnica, la metrica, l’America / la verità è che mi sentivo affranto mettendo le mie debolezze in vendita / stavo dimenticando il metodo, la pancia, il figlio di puttana quale sono”. Ci sono voluti cinque anni e una Divina Commedia (con tanto di Inferno e Purgatorio, manca ancora il Paradiso che presumibilmente giungerà nel 2024) per portare Tedua a tracciare un divario tra lui e il resto dei trapper italiani. Ma grazie al cielo (e a Dante?), questo tempo “a tacere” e a farsi “il sangue marcio” sono serviti all’artista ligure per dimostrare all’Italia che una trap intelligente è possibile. Testi densi dove autobiografia e analisi sociale si mescolano tra vita di quartiere, esperienze private, riflessioni. “Pochi provano ad autopsicanalizzarsi, molti altri ad anestetizzarsi / in quella piazza ho visto laureati parlar di politica, storia e finanza con dei portuali / ho visto il bullismo, il classismo, il sessismo, il razzismo / hanno soltanto aggiunto un filtro”. E tutto questo con ritornelli orecchiabili, un flow unico (un andar non completamente a tempo che è diventato stilema) e un’umiltà rara nella scena: “L’autocritica pretende consapevolezza”. Bravo Tedua, nella speranza che questo album diventi un modello a cui guardare per le nuove generazioni. (MB)

Schede di Mattia Barro, Filippo Ferrari, Claudio Todesco.

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