I 10 migliori dischi rap del 1995 | Rolling Stone Italia
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I 10 migliori dischi rap del 1995

La consacrazione di 2Pac, il momento d'oro del Wu-Tang, il leggendario 'Infamous' di Mobb Deep. Il '95, per il rap americano, è stato un anno dei sogni. Qui la nostra personale top ten

I 10 migliori dischi rap del 1995

Tupac

Foto per gentile concessione di Il Castello

Bisogna armarsi di doppia prospettiva: da noi il rap si stava ancora affacciando timidamente nella geografia del consumo musicale collettivo (stava tramontando l’epoca politica delle posse, e la cultura hip hop nelle sue forme più pure e fedeli all’originale americano era ancora confinata entro un recinto di sparuti aficionados scollegati dal mondo e dall’industria musicale), negli Stati Uniti era ormai deflagrazione. Anzi: il fatto che Oltreoceano si potesse contare sul trucco più vecchio del mondo dello showbiz – la contrapposizione, efficace fin dai tempi di Beatles vs. Rolling Stones se non anche prima – aveva moltiplicato ulteriormente l’ascesa nell’Olimpo dei gusti e consumi collettivi il rap. A metà anni ’90, siamo infatti allo zenith dello scontro tra East Coast e West Coast. La prima, egemone; la seconda, non disposta comunque a farsi da parte e con dalla sua un 2Pac in stato di grazia. C’è questo, e c’è anche altro (schegge di jazz rap e di follia e di autosabotaggio) in un elenco di dieci-album-dieci in rigoroso ordine d’uscita costruito per raccontare nel migliore dei modi l’anno 1995. Trent’anni fa, sì. Ma per chi è veramente cultore della faccenda e non un suo turista distratto, pare ieri.

Dah Shinin’

Smif’N’Wessun

10 gennaio

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Perfetta cartina di tornasole per riconoscere un vero appassionato di hip hop East Coast, questo album: ai turisti di questo genere musicale il nome Smif’N’Wessun non dirà infatti granché (anche perché poi Tek e Steele cambieranno nome in Cocoa Brovaz e poi in Tek-N-Steele scivolando via via nell’irrilevanza); ma Dah Shinin’, con la cura musicale del team Da Beatminerz, è un monumento di hip hop scuro, avvolgente, stradaiolo. Una release che fu un diesel, a dirla tutta: inizialmente sottovalutata, col tempo convinse. Uno dei migliori esempi di sempre del suono di Brooklyn nei feroci e fortissimi anni ’90, con in un più un’inflessione quasi dub-giamaicana-malavitosa in certi passaggi a dare spezie in più.

Do You Want More?!!!??!

The Roots

17 gennaio

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Oggi sono nell’establishment dello showbiz americano tra Jimmy Fallon e quant’altro, celebrati e riveriti, ma all’inizio inizio i Roots erano una stranezza di nicchia – hip hop suonato con strumenti, strumenti veri: all’epoca quasi assurdo – e se li filavano più selezionati e appassionati europei che la massa di compatrioti americani (tipo: troppo bravi e troppo colti per essere interessanti e dotati di street credibility). Il successo vero arriva quattro anni dopo, nel 1999, con quel Things Fall Apart trainato dall’adorabile You Got Me architettata assieme ad Eykah Badu; ma Do You Want More?!!??! è un gioiello assoluto di jazz rap, tecnica, intelligenza. Doveroso stia nella lista dei dischi più importanti del 1995.

Me Against The World

2Pac

14 marzo

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È il terzo album di 2Pac, quello della consacrazione tra grandi e piccini, non solo fra brutti ceffi di strada californiana (o aspiranti tali): a trainarlo Dear Mama, singolo di epocale successo, la dimostrazione che anche i gangsta rapper hanno un cuore, ma in generale tutto Me Against The World è il tentativo – meravigliosamente riuscito – di 2Pac di far vedere di essere un artista e un uomo a tutto tondo, uno di spessore e profondità, pur rimanendo un malavitoso. Malavitoso? Oh sì, eccome: il disco esce con 2Pac ancora in prigione per accuse varie di violenze (anche sessuali) e a pochi mesi da quella misteriosa sparatoria che fece deflagrare il feud con Notorious B.I.G., concluso tragicamente con la morte di entrambi (originariamente amici). Il termometro del malamente era insomma a livelli siderali, e questo ha accresciuto morbosamente l’attenzione mediatica attorno a questo disco che, oggettivamente, è gran roba.

Return To The 36 Chambers

Ol’ Dirty Bastard

28 marzo

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In realtà la deflagrazione in mille rivoli solisti della galassia Wu-Tang Clan era già iniziata con lo strepitoso Tical di Method Man uscito a fine 1994, ma Return To The 36 Chambers – un disco che si è portato via almeno un biennio di accidentata lavorazione, nulla di strano considerando quanto sia scombiccherato il protagonista – è la release che sposta veramente in là i confini dell’hip hop, introducendo come mai prima (in)sana follia. Testi e flow quasi deliranti infatti, quasi sempre rappati ma talora canticchiati in maniera storta e stralunata. Ol’ Dirty Bastard sta per certi versi al rap come Captain Beefheart sta al rock. Lo Zappa qua è ovviamente RZA, con le sue sculture sonore essenziali ma grandiosamente incisive nell’essere scure e sporche.

The Infamous

Mobb Deep

25 aprile

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Per certi versi, il disco del rap East Coast: punto. Chiaro, Wu-Tang Clan, Notorious B.I.G. e Nas hanno lasciato più il segno nell’immaginario globale (come giusto che sia), e tra i connoisseur il cuore va magari ad A Tribe Called Quest, o Gang Starr, o De La Soul. Va bene. Ma The Infamous è davvero l’incrocio perfetto per eccellenza degli stili, delle vibrazioni, dell’identità etica ed estetica del rap newyorkese anni ’90 più duro e puro, coi suoi pregi (molti) e coi suoi difetti (una certa monoliticità). Fra gli ospiti di questo album ci sono pezzi del Clan (Raekwon, Ghostface Killah), c’è Nas, c’è Q-Tip, ma non sono loro a rubare la scena. A farlo è l’impronta arcigna e scura dei Moob Deep, prendere o lasciare. E, ancora oggi a trent’anni di distanza, quando risuona Shook Ones pt. II capisci l’essenza pura dell’East Coast in chiave hip hop, senza il minimo margine di dubbio o equivoco.

E. 1999 Eternal

Bone Thugs-n-Harmony

25 luglio

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C’è quasi una surreale ironia nel fatto che il primo mentore dei Bone-Thugs-n-Harmony fosse il ferocissimo gangsta rapper Eazy-E. Non per una differenza di background fra i due – i temi gangsterosi erano decisamente patrimonio comune – ma per quella di delivery musicale: i Bone Thugs-n-Harmony infatti erano e sono rimasti un assoluto unicum del rap, col loro flow melodico e in certi momenti quasi celestiale, da coretto gospel in chiesa che trascolora nella parlata e nello storytelling di strada, il tutto aumentando spesso e volentieri la velocità della sillabazione, extrabeat a pioggia. Se li si ascolta la prima volta, la reazione non può che essere «Eh? Ma che cazzo stanno facendo questi?». Per poi tuttavia aggiungere, un paio di minuti dopo, «…però non so perché mi piace, mi appassiona». E. 1999 Eternal di gran lunga il loro disco migliore.

All Balls Don’t Bounce

Aceyalone

24 ottobre

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Non esiste listone dove l’estensore non metta una scelta personalissima, quella infatti che fa aggrottare le sopracciglia a quasi tutti i lettori: lo fa o in segno interrogativo (il 99% dei casi), o di disgusto (l’1% di saputissimi). Bene: All Balls Don’t Bounce di Aceyalone – già nei meravigliosi, sottovalutatissimi e genialissimi Freestyle Fellowship californiani – rientra esattamente in questa categoria. Eppure combatteremo fino alla morte per convincere anche solo una singola persona a recuperare questo album: matto e imprevedibile, iper-tecnico ma al tempo stesso fantasioso. Un lavoro troppo intelligente (…all’epoca, ma anche adesso) per piacere davvero al grande pubblico, o anche solo ai cultori più incistati del genere. Però un gioiellino autentico.

Cypress Hill III: Temples Of Boom

Cypress Hill

31 ottobre

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I Cypress Hill non hanno bisogno di presentazioni, no? Temples Of Boom però forse sì. Si tratta infatti di un album che segna una discontinuità stilistica rispetto ai primi due folgoranti lavori sulla lunga durata del gruppo. Meno aggressivo, più sornione, più ironico. Non ha le hit epocali che sono entrate nell’immaginario collettivo (e che rendono ancora oggi i Cypress Hill uno dei gruppi hip hop dall’appeal più trasversale), quelle sono disseminate per lo più negli LP precedenti; ma per un ascolto meditativo “da casa” è il disco migliore dei Cypress Hill e, semplicemente, uno dei migliori dischi rap di tutti i tempi. Traccia-manifesto, quella che per i più attenti fa capire tutto dello spirito dell’album ma ha anche abbastanza appeal per catturare i più distratti: Boom Biddy Bye Bye.

Liquid Swords

GZA

7 novembre

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C’è qui in questo elenco del meglio del rap 1995 Liquid Swords di GZA (oltre anche all’esordio di Ol’ Dirty Bastard, menzionato sopra), ma per dire avrebbe potuto esserci anche Only Built For Cuban Linx di Raekwon: il 1995 è l’anno infatti in cui il Wu-Tang Clan, sotto la sapiente guida mistico-musicale di RZA, si prende tutto e sforna dischi clamorosi uno dietro l’altro, in una potentissima dinamica autoriferita ed autoesecutiva di divide et impera. Forse è proprio in Liquid Swords che le basi di RZA raggiungono i livelli più alti, e non che questo significhi che GZA sia scarso al rap ed accompagni solo, tutt’altro. Solo gente in stato di grazia, qui. Hip hop malato&avvincente, scuro ed al tempo sorprendente, irregolare ma perfettamente credibile sia sulla strada che nel mercato. Una quadratura del cerchio rara da raggiungere, in un filotto così serrato di release di un’unica “famiglia”, e sostanzialmente irripetuta. Nel rap, e non solo nel rap.

Labcabincalifornia

The Pharcyde

14 novembre

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I Pharcyde: che talento strepitoso dissipato fra crack, litigi interni e una genialità troppo viva ed irregolare per essere irregimentata. O meglio: Labcabincalifornia, il loro secondo album, è stato proprio il tentativo di irregimentarla. Dal funk bislacco e psichedelico cesellato musicalmente sul loro siderale rapping da J-Swift nel lavoro precedente (Bizzarre Ride II The Pharcyde: che disco), a un lato più posato, intimista e stiloso, disegnato in primis da J Dilla, quindi da uno dei più grandi di sempre. Per funzionare ha funzionato, qualitativamente siamo infatti a livelli siderali, ma le vendite non hanno premiato l’LP quanto sperava la Capitol, e pure critica e fan all’inizio rimasero spiazzati da questa virata più educata del gruppo. Ma Labcabincalifornia è come il buon vino: all’inizio se ne parlava soprattutto per il video di Drop girato da Spike Jonze, col tempo – e quando era ormai troppo tardi – hanno capito quasi tutti che era ed è un disco meraviglioso, incredibilmente elevato e sofisticato.