I 10 migliori album rap degli anni ’90 | Rolling Stone Italia
50 anni di hip hop

I 10 migliori album rap degli anni ’90

Per i cinquant'anni dell'hip hop abbiamo provato a stilare la classifica definitiva per il decennio in cui il rap si è definitivamente strutturato come genere

I 10 migliori album rap degli anni ’90

Gli A Tribe Called Quest

Foto: Al Pereira/Michael Ochs Archives/Getty Images

Fare una top 10 degli album rap anni ’90 è tipo come tentare di scavare le gallerie della TAV in Val Susa a mano: un lavoro infinito, mostruosamente difficile, forse inutile. Perché davvero troppi dischi fondamentali sono usciti nell’arco di quel decennio: il rap si è definitivamente strutturato in questa fase, ciò che è arrivato dopo – e che arriva anche adesso – è quasi sempre una rifrazione (in qualche caso luminosissima, innovativa e geniale, ci mancherebbe; ma sempre rifrazione). Abbiamo allora voluto e dovuto darci un criterio: stabilire i migliori 10 dischi era una impresa impossibile, la scelta è stata quella di indicare dieci dischi simbolo per dieci declinazioni stilistiche ed attitudinali diverse. Da chi ha vinto tutto nella vita, agli underdog che sono scomparsi nel nulla: negli anni ’90 la qualità nasceva da tutte le parti, da tutti i contesti. E la grande industria dell’intrattenimento, ci arrivava sempre dopo. La validazione nasceva sempre dal basso: da chi era immerso in una musica e in una cultura, e non in una moda.

The Low End Theory

A Tribe Called Quest

1991

Carinissimi gli esordi, vedi alla voce I Left My Wallet In El Segundo (dall’album di debutto People Instinctive Travels And The Paths Of Rhythm), ma è con The Low End Theory che il livello si alza sideralmente e gli ATCQ diventano semplicemente unici. Il loro hip hop stradaiolo ma conscious, 100% boom bap ma allo stesso tempo maledettamente colto e jazzy, è un patrimonio dell’umanità, punto. E lo dimostreranno in (quasi) tutti gli album successivi.

The Chronic

Dr. Dre

1992

Il gangsta rap che diventa adulto, e dimostra di poter essere cazzuto anche musicalmente e non solo nel vocabolario al microfono. E tra i mille meriti, perché questa miliare ne ha veramente tanti, anche quello di aver rivelato al mondo il talento di un beffardissimo giovanotto di nome Snoop Dogg.

Enter the Wu-Tang (36 Chambers)

Wu-Tang Clan

1993

I Wu Tang Clan hanno fatto di tutto per dilapidare il proprio successo: sfarinandosi in mille rivoli, facendo dischi talora inutili, paccando migliaia di concerti (a lungo organizzare un concerto del Clan è stato l’equivalente del pensare di poter svuotare il Mediterraneo con un cucchiaio), ma la loro cifra artistica scura, pazzoide ed essenziale e l’enorme carisma della loro conformazione a posse è nell’immaginario collettivo. A pieno merito.

Illmatic

Nas

1994

Per molti il disco rap più bello di tutti I tempi. Inciso da un Nas appena maggiorenne (ogni volta che risentiamo questo album ci sembra una cosa sovrannaturale visto il piglio e la maturità al microfono), e con alcuni contributi di Pete Rock alle basi di una eleganza e perfezione immense (vedi alla voce The World Is Yours, probabilmente la traccia rap migliore mai registrata), Illmatic è una cartina di tornasole. Se non lo conoscete o non vi piace, siete turisti del rap.

Stress: The Extinction Agenda

Organized Konfusion

1994

Un posto in questo top 10 per le decine e decine di unsung heroes che per mille motivi non hanno ottenuto quanto meritavano doveva esserci: e fra tutti loro, gli Organized Konfusion vanno posizionati al primo posto. Ok, Pharoahe Monch poi con Simon Says ha creato una hit generazione, ma Stress come album è un capolavoro all’altezza di 3 Feet High And Rising e simili, solo con tonnellate di urticante rabbia in più.

Hard to Earn

Gang Starr

1994

Stilosi. I più stilosi di tutti, forse. Premier per le sue inconfondibili basi, i pattern ritmici che riconosci ad occhi chiusi e i campioni tagliati nel modo più netto e swingoso possibile; Guru per la sua voce particolarissime, dolce, avvolgente ed affilata – proprio come le sue rime e i suoi storytelling. Hard To Earn è il punto più alto in una discografia comunque sempre di altissimo livello.

Labcabincalifornia

Pharcyde

1995

I più geniali di tutti. Più degli Outkast. Ma anche i più fragili: si sono infatti schiantati male contro il successo, contro il peso delle aspettative che li circondava. Il loro psichedelico e folle esordio Bizarre Ride II The Pharcyde è altrettanto imperdibile quanto Labcabingcalifornia, ma quest’ultimo è più quadrato e maturo ed è il disco in cui, con Runnin’, si è rivelato al mondo il talento infinito e particolarissimo di J Dilla, il beatmaker più amato da chi ne sa (o vuole fare finta di saperne).

ATLiens

Outkast

1996

A lungo intrappolati nel derby eterno East Coast / West Coast, l’aria fresca e pazzariella proveniente da Atlanta ha sparigliato i giochi nel modo più felice e creative, dimostrando che nel rap diverse estetiche erano possibili. I migliori esponenti indubbiamente gli Outkast: vale la pena andare a ripescarli prima di Hey Ya! e dell’airplay radiofonico diffuso.

Funcrusher Plus

Company Flow

1997

Il disco rap preferito da chi non ama il rap – o ne vuole dare una rappresentazione molto bianca, intellettualizzata, deprivata del funk. Detto ciò, un grandissimo disco – inciso tra l’altro originariamente nel 1995 come street album. Il leader è chiaramente El-P, ma l’alchimia che crea con Big Juss e Mr. Len dà quel tocco futurista che è un benvenuto unicum nel panorama hip hop.

Black Star

Mos Def & Talib Kweli

1998

Il primo disco della nuova generazione di MC cresciuta in eredità ai grandissimi protagonisti degli anni ’90, o l’ultima grande disco rap del decennio? Forse sono vere entrambe le cose. Quello che è sicuro è che Black Star è, ancora oggi, un autentico manuale di come va fatto il rap. Nonostante il talento immenso e una carriera solida, sia Mos Def che Talib Kweli non toccheranno più le stesse vette d’intensità.