I 10 dischi più futuristici del 2023 | Rolling Stone Italia
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I 10 dischi più futuristici del 2023

Cosa ci ha detto quest'anno sul futuro della musica? Abbiamo provato a capirlo radunando le uscite più interessanti e “profetiche” di questi 12 mesi tra elettronica, rap, ambient e psych rock

I 10 dischi più futuristici del 2023

Marina Herlop in concerto

Foto: David Zorrakino/Europa Press via Getty Images

Gentle Confrontation

Loraine James

Il lavoro di Loraine James negli ultimi anni è stato straordinario. Prima ci ha fatti perdere disorientandoci nel labirinto delle sue ritmiche impossibili per poi cullarci e ammaliarci nell’ambient di Building Something Beautiful for Me (con cui era entrata in questa classifica lo scorso anno). Gentle Confrontation è proprio un gentile confronto tra questi due mondi su cui Loraine ci aggiunge anche un ulteriore layer di intimità vocale. Ancora una volta semplicemente avanti. (MB)

Brano consigliato: Glitch The System (Glitch Bitch 2).

Nekkuja

Marina Herlop

Se Pripyat (acclamata uscita sulla berlinese PAN dello scorso anno) prendeva il nome da una città dell’Ucraina settentrionale abbandonata dopo il disastro di Chernobyl, Nekkuja (rilasciato a ottobre per la stessa etichetta) è il giardino incantato in cui la catalana Marina Herlop sceglie di girare un personalissimo sci-fi movie per dar forma ad altre sfumature del suo tocco musicale. In quello che potrebbe sembrare un follow-up meno nebuloso e più Björk-centrico del precedente capitolo, infatti, la Herlop scopre nuovi modi per destrutturare la sua voce (ancora una volta a diventare un vero e proprio strumento) e confonderla in un’espressione che incrocia folk ultraterreno ed elettronica ultra-digitale, mentre l’artista catalana vaga per la selva di una città immaginaria dalle cui strade riecheggiano tutti i colori del suo caratteristico suono. (GC)

Brano consigliato: Cosset.

Music for Open Spaces

Marta Salogni e Tom Relleem

Una carezza sonora che racconta dell’amore oltre la resistenza del fato: Music For Open Spaces è il racconto di ‘spazi aperti’ come il deserto del Joshua Tree nel sud est della California e delle scogliere della Cornovaglia, ovvero i luoghi che avevano ispirato Marta Salogni e il compagno Tom Relleen nella loro prima opera a quattro mani. Dopo la tragica scomparsa di Relleen, Marta (al primo album da solista dopo decine di prestigiosi lavori di livello internazionale come sound engineer per – tra i tanti – Björk, Depeche Mode, Sampha, M.I.A, Bon Iver) ha ripreso la mappa metafisica che i due avevano immaginato insieme e le ha finalmente dato vita. Nella sinuosa orchestra ambient in cui macchine a nastro, synth e basso girovagano lungo i brani, Music For Open Spaces ricorda i vecchi (e irreplicabili) fasti del minimalismo elettronico degli anni Settanta, da qualche parte tra la magia di Prati bagnati del Monte Analogo e nuove geometrie sonore ancora da esplorare. (GC)

Brano consigliato: Desert Glass.

Absent Friends Vol. III

Minor Science

Riesumando effettistica, sequenze e produzioni intese originariamente preparate per precedenti live show (proprio per la sua serie Absent Friends), Angus Finlayson alias Minor Science ha elaborato una mistica ambient capace di spaziare tra le diversissime nature. Come nella psichedelica immagine di copertina, del resto, Absent Friends Vol. III è un invito a considerare il passare del tempo: in un tessuto ambizioso di propulsioni anti-ritmiche (che si ispira a tratti a William Basinski e talvolta alle ultime incursioni lontane dal club di Burial), l’album si concentra su una sottrazione ritmica che tiene comunque incollati ai brani, come travolti da un incantesimo durante un sogno acido. L’artista britannico di base a Berlino conferma di saper spaziare sapientemente dalla pista all’IDM con stimoli sempre diversi, edificando un luogo che descrive molto bene l’evoluzione sonora fuori dagli stilemi club più classici di oggi, specie a certe latitudini. (GC)

Brano consigliato: Life Texture.

Suntub

ML Buch

Il futuro può passare dalle chitarre e dal cantautorato? La risposta è no, ma solo finché non si entra nel mondo sonico di ML Buch, l’artista danese che negli ultimi anni (a partire da Skinned del 2020) ha unito songwriting a estetica digitale, psych e ambient. Suntub potrebbe essere eseguito dal vivo in un piccolo club, come in un teatro, quanto in un festival d’avanguardia o in chiesa sconsacrata: l’importante è che ci sia un buon riverbero e una bella dose di chorus. Ammaliante. (MB)

Brano consigliato: High Speed Calm Air Tonight.

Again

Oneohtrix Point Never

Dopo una colonna sonora per Sofia Coppola, la direzione artistica dell’half-time del Super Bowl (che ospitava la band dell’amico The Weeknd, per cui aveva già prodotto l’album After Hours) e diverse collaborazioni di spicco tra cui Rosalía, David Byrne e Anohni, Daniel Lopatin è tornato nel suo regno come niente fosse, a fare quello che ci ha sempre abituato a fare (e facendolo sembrare anche stavolta una cosa ‘facile’). Again, però, è tutto tranne che un album semplice: nello spazio di un’ora viene fuori un fedele ritratto di ciò che Oneohtrix Point Never è stato capace di portare nella musica elettronica negli ultimi dieci anni, specie su versanti “altri”, ossia quello di un artista ormai incline a viaggiare oltre le dimensioni che lo avevano precedentemente portato al successo globale. Reminiscenze post-rock che dialogano senza patemi con forme aliene di ambient sperimentale, glitch dai toni caldi che abbracciano frequenti paesaggi orchestrali e l’eco del giovane Oneohtrix che guarda conversare con una sua versione più giovane. Alla sua decima prova in studio Lopatin ha messo il vestito di gala per raccontarci che sembianze avrà la musica che ascolteremo nel futuro. (GC)

Brano consigliato: World Outside.

Supernova

Ralphi Choo

Da studente di ingegneria chimica a producer: nel suo laboratorio Ralphi Choo fa esordio con un audace mix di reggaeton elettronico e flamenco dal blend hip-hop. L’allegro alchimista si serve della tecnologia per distorcere un sound fortemente mediterraneo tra ritimca latina e sonorità di richiamo UK, in cui le incursioni di illustri colleghi come Mura Masa (in Máquina Culona), Rusowsky (in Gata) e Abhir Hathi (nella title track) rendono corale un lavoro che è in realtà molto personale e distintivo. Choo, appena ventiquattrenne, scomoda già (in alcuni passaggi del disco) pesanti paragoni con il Frank Ocean di Blond e in questo suo primo album può ricordare anche l’animo sperimentale e funambolico del primissimo James Blake. Il suo audace capitolo di debutto dà forza a idee in realtà parecchio inedite su questo fronte, che fanno (molto) ben sperare sul proseguo della sua carriera. (GC)

Brano consigliato: Gata ft. Rusowsky.

Golden Apples of the Sun

Suzanne Ciani & Jonathan Fitoussi

Se il futuro fosse un luogo probabilmente sarebbe lo studio con vista sull’Oceano Pacifico di Suzanne Ciani, a Bolinas, in California. E poco importa che la nostra abbiamo 77 anni di vita e una carriera di oltre 50 anni, il futuro – non esistendo – è un concetto che può adattarsi alle nostre necessità. A Bolinas questa volta arriva il compositore francese Jonathan Fitoussi che tra i Buchla, i Moog e gli EMS della compositrice si inserisce in un album che suona come un futuro retrò, alieno e psichedelico nelle sue cadenze che ricordano proprio le onde del mare, ma in un’altra dimensione spazio-tempo. (MB)

Brano consigliato: Pinwheel.

Soft Rock

Thy Slaughter

E se il futuro fosse il soft rock? Ok, non prendeteci alla lettera: la creatura di A.G. Cook e Easyfun – due delle mente più brillanti del fondamentale collettivo inglese Pc Music – uniscono le forze mischiando elettronica futurista, chitarre acustiche e new rock music con il tentativo di creare una rock opera digitale. L’obiettivo: risignificare il camp in cool (un po’ marchio di fabbrica del collettivo). Nell’album anche l’ultimo vagito sonoro di Sophie (sia sempre lodata) e le collaborazioni di Caroline Polachek, Charli XCX, Alaska Reid e Ellie Rowsell dei Wolf Alice. (MB)

Brano consigliato: Lost Everything ft Ellie Rowsell e SOPHIE.

Breeze

Vayda

«Raramente una mia canzone supera i due minuti», racconta Vayda, «ma comunque le velocizzo perché personalmente non ho abbastanza attenzione per ascoltare un mio brano». Quando si parla di futuro nella musica è normale guardare alle generazioni a venire e Vayda è un’ottima estremizzazione della sua Gen Z. Un disco rap ADHD (giusto per la cronaca, nel 2023 la rapper/producer ne ha pubblicati ben tre) che trasforma il deficit in un sound accelerato e glossy che assorbe e mastica l’urban e la club music per rispurtarla fuori in piccoli trip per l’ascoltatore. (MB)

Brano consigliato: Primadonna.