Dai Queen agli U2, 10 momenti chiave del Live Aid | Rolling Stone Italia
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Dai Queen agli U2, 10 momenti chiave del Live Aid

Il 13 luglio 1985 il rock e il pop si riscoprono strumenti di consapevolezza. Ecco una selezione di performance memorabili, nel bene e nel male. Anche gli dei del rock ogni tanto sbagliano

Dai Queen agli U2, 10 momenti chiave del Live Aid

Freddie Mercury al Live Aid coi Queen

Foto: Georges De Keerle/Getty Images

Sono già passati quarant’anni da quel memorabile sabato estivo in cui tutto il mondo poté guardare in televisione una sfilata di star della musica come non si era mai vista. Ancora più fortunati quelli che si trovavano a Wembley o allo stadio JFK di Philadelphia, per assistere dal vivo al concerto organizzato da Bob Geldof per raccogliere fondi contro la carestia che aveva colpito l’Etiopia.

Dal punto di vista pratico arrivarono 40 milioni di sterline. Da quello musicale il concerto segnò uno spartiacque. Il rock tornava a parlare al proprio pubblico di argomenti importanti. Alcuni già lo facevano con le proprie canzoni, ma il 13 luglio 1985 i più grandi artisti del mondo mostrarono un’unità di intenti senza precedenti. «L’unico rischio era quello di non essere invitati» ci ha detto di recente Joan Baez, che partecipò al concerto di Philadelphia. «Faccio questa battuta per dire che non era propriamente un evento politico. Però ho capito che per molti giovani di allora era la prima volta che sentivano dire che c’era la fame nel mondo. Io pensavo che lo sapessero, ma molti hanno detto che proprio non ne avevano idea». Il rock tornava a essere strumento di consapevolezza.

Per quanto riguarda la musica, riguardare tutte le esibizioni è un bellissimo tuffo nel passato, ma anche una presa di coscienza dello scorrere del tempo. Del resto il Live Aid è esattamente a metà strada tra oggi e la fine della Seconda guerra mondiale. Scegliendo i 10 momenti più memorabili di quella giornata, tra performance più e meno riuscite, ci siamo accorti di quanto in questi quarant’anni il mondo sia cambiato, e non solo quello musicale. Leggere, e guardare, per credere.

Bob Geldof canta al concertone che ha organizzato

The Boomtown Rats - I Don't Like Mondays (Live Aid 1985)

L’uomo da cui tutto è partito sale sul palco con la testa china, tradendo forse un po’ di timidezza, vestito come uno che si è buttato addosso le cose del giorno prima. La sua band, i Boomtown Rats, non è certo tra le più famose in cartellone, strizzata in un quarto d’ora all’ora di pranzo tra gli Style Council e Adam Ant, ma quando attacca con la sua canzone più nota, I Don’t Like Mondays, regala a Wembley il primo momento memorabile della giornata. «Ho appena capito che oggi è il più bel giorno della mia vita», conclude. Sarà anche uno dei più belli della musica anni ’80 e non solo.

I 12 minuti da leggenda degli U2

U2 - Bad (Live Aid 1985)

Già superstar, a un anno dalla pubblicazione di The Unforgettable Fire, Bono e gli altri salgono un ulteriore scalino verso l’olimpo grazie a una performance passata alla storia dei loro concerti, da molti considerata la migliore dell’intero Live Aid. Dopo l’apertura di Sunday Bloody Sunday, in scaletta è prevista Bad, uno dei pezzi dell’ultimo album. La capacità di improvvisazione del cantante la dilata fino a quasi 12 minuti. Cita Lou Reed e gli Stones, scende dal palco per ballare con una ragazza che esce dalle prime file, altre due le bacia mentre la band continua a suonare. Sembra riuscire ad abbracciare tutto il pubblico. Non a caso U2 è un nome scelto perché vuol dire “anche tu”. I tempi strettissimi costringono gli organizzatori a tagliare l’esecuzione di Pride (In the Name Of Love), prevista in chiusura, motivo per il quale nel backstage The Edge, Adam e Larry si lamentano con Bono per il fuoriprogramma.

I Queen rientrano nella storia

Queen - Bohemian Rhapsody (Live Aid 1985)

Se Bad è la singola canzone più memorabile del live di Wembley, quello dei Queen è probabilmente il set londinese che più degli altri resta impresso nella memoria. E non solo perché, poco più di un anno dopo, Freddie Mercury si esibirà per l’ultima volta con la sua band a Knebworth. Durante i 20 minuti riservati ai Queen, il contatore della cifra raccolta grazie alle chiamate dei telespettatori raggiunge e supera il milione di sterline, l’obiettivo minimo per la beneficienza. E non sono ancora le otto di sera. La performance dei Queen è talmente memorabile che nel film Bohemian Rhapsody il loro set al Live Aid viene riprodotto per intero.

La reunion degli Who (nonostante tutto)

The Who - Won't Get Fooled Again (Live Aid 1985)

Concluso il tour d’addio e annunciato lo scioglimento della band nel 1983, di partecipare al Live Aid gli Who non ne volevano sapere. «Sarebbe come rimettere insieme le quattro donne di uno stesso uomo», aveva detto Pete Townshend rispondendo all’invito di Bob Geldof. «Se gli Who saliranno su quel palco sappiamo che incasseremo un altro milione di sterline», gli aveva risposto lui, «e ogni sterlina che faremo salverà una vita. Fai due cazzo di conti e fai quel cazzo di concerto». E il concerto si fa. Anche se salire sul palco dopo i Queen e David Bowie fa tremare i polsi persino agli Who, fuori allenamento dopo due anni passati a fare altro. Come se non bastasse, su My Generation sparisce il segnale satellitare, e il basso di John Entwistle ha problemi tecnici. Ma un pezzo come Won’t Get Fooled Again, persino quel giorno, non ce l’ha quasi nessuno.

‘Let It Be’ senza microfono

Paul McCartney - Let It Be (Live Aid 1985)

A Wembley l’ultima canzone non può che essere dei Beatles, che 15 anni prima esistevano ancora (giusto per rendersi conto della proporzione dello scorrere del tempo). Macca si siede al piano, parte con Let It Be e… il microfono non funziona. Per fortuna ha scelto un pezzo di discreta fama, e la voce del pubblico garantisce un momento memorabile, anche perché nel frattempo sul palco arriva un coro “improvvisato”: Bob Geldof, Pete Townshend, David Bowie e Alison Moyet. I criteri della sua composizione sono ignoti, Geldof ha raccontato di essere stato avvisato da Townshend del problema tecnico e che i quattro sono andati in scena per aiutare McCartney. Quel che è certo è che l’ex cantante degli Yazoo non sembra voler mollare il microfono e a Bowie, per una volta comprimario, non resta che sorridere. McCartney reinciderà la parte della canzone saltata a causa del guasto, dando luogo alla versione che più frequentemente si ascolta nei video, compreso quello ufficiale del Live Aid.

Madonna perbene

Madonna - Into The Groove (Live Aid 1985)

Nel 1985 internet non c’era e, videoclip a parte, non erano molte le occasioni per vedere in azione la nuova superstar del pop, nota per le sue presunte trasgressioni. L’apparizione arriva all’ora di cena, le 4 e mezzo del pomeriggio allo stadio JFK di Philadelphia. Un quarto d’ora scarso di spettacolo dopo Ashford & Simpson e prima di Tom Petty per scoprire che, a parte un eccesso di catenine, Madonna si veste come la zia giovane invitata alla prima comunione del nipotino. Il look, la voce, la presenza scenica miglioreranno in fretta, mentre la Revolution dei Beatles cantata insieme ai Thompson Twins resterà un’indimenticabile chicca trash.

I Led Zeppelin improvvisati con Phil Collins

Led Zeppelin - Live Aid 1985 - Full Show - 4K AI Enhanced

Già la reunion dei Led Zeppelin è un clamoroso evento nell’evento (da allora succederà solo altre due volte in quarant’anni), ma come se non bastasse Phil Collins, una volta esibitosi a Londra, salta sul Concorde per posare il sedere sul seggiolino che fu di John Bonham. Oggi lo metterebbero in croce per comportamento poco ecologico. «E quando proviamo?», gli aveva domandato Robert Plant. «Non preoccuparti, ditemi che canzoni faremo e me le ascolterò in viaggio sul Walkman». Risultato: Plant stona, Collins fa casino e Jimmy Page si incazza. Anche gli dei ogni tanto sbagliano. A quel punto nessuno ha più niente da ridire se ai Led Zeppelin sono state messe a disposizione solo tre canzoni contro le quattro dei Duran Duran.

I Duran Duran divisi in due

Duran Duran - A View To A Kill (Live Aid)

John Taylor ci ha di recente raccontato che i Duran Duran del Live Aid erano una band spaccata in due fazioni con due diverse filosofie, tra il progetto Arcadia a Parigi (Simon Le Bon, Nick Rhodes e Roger Taylor) e i Power Station a New York (John e Andy Taylor con Robert Palmer e Tony Thompson). Ritrovatisi a Philadelphia e un po’ a corto di prove non tirano fuori il live migliore della loro carriera, ma assieme ai presunti rivali Spandau Ballet e alla novità Madonna permettono al pop anni ’80 di sedersi al tavolino del rock adulto per contribuire a un’ottima causa. E, riascoltata oggi, la stecca di Simon Le Bon su A View to a Kill non è poi così terribile. Quel giorno sono arrivate stonature molto più consistenti da cantanti ben più blasonati.

Il super duetto tra Mick Jagger e Tina Turner

Mick Jagger / Tina Turner - State Of Shock / It's Only Rock 'n' Roll (Live Aid 1985)

A Philadelphia Mick & Keith ci sono. E c’è pure Ronnie Wood, ma non ci sono i Rolling Stones. Tramontata l’ipotesi di far esibire Jagger con David Bowie collegato da Londra (la tecnologia satellitare avrebbe provocato un ritardo nel segnale impedendogli di fatto di cantare insieme) si decide di puntare su una degnissima sostituta. Ne esce una performance all’altezza di quelle di Queen e U2, degna di salire sull’ideale podio del Live Aid, nonostante una gonna strappata da Mick a Tina (guardando il filmato i due sembrano essersi messi più che d’accordo) che oggi garantirebbe polemiche per settimane.

Il flop di Dylan con due Stones

Bob Dylan / Keith Richards / Ron Wood - Blowin' In The Wind (Live Aid 1985)

La si sarebbe potuta chiudere qui, con una bella We Are the World tutti insieme. Ma se a Londra avevano concluso con i Beatles, a Philadelphia ci voleva almeno Bob Dylan. «Una delle grandi voci americane di libertà», lo presenta Jack Nicholson. Dylan ancora non sa che la sua faccia nel video della stessa We Are the World diventerà un meme. Non sa nemmeno cos’è un meme, in realtà. Sale sul palco già madido di sudore assieme a Keith Richards e Ron Wood per un set a dir poco improvvisato. Gli si rompe pure una corda della chitarra, ma per fortuna quello dei due Stones con l’ego più piccolo (diciamo) gli cede al volo la propria. Un altro momento non programmato che ha reso memorabile il Live Aid