5 album perfetti per il doposbronza di Capodanno | Rolling Stone Italia
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5 album perfetti per il doposbronza di Capodanno

Dalla musica per piante di Mort Garson a quella per aeroporti di Brian Eno, cinque dischi da ascoltare per sopravvivere alla prima vera sfida dell’anno nuovo

5 album perfetti per il doposbronza di Capodanno

Foto: Blaz Erzetic via Unsplash

La mattina del 1° gennaio è roba da sopravvissuti: la testa è pesante, lo stomaco pieno, i ricordi della sera prima un accumulo di confusione, frasi mescolate una dentro l’altra, flash inspiegabili. Le città sono deserte, non c’è nulla da fare se non provare a recuperare le energie. Per farla breve, la mattina del primo gennaio è la mattina dell’hangover definitivo. Per questo, e per aiutarvi a superare indenni la prima prova dell’anno nuovo, abbiamo scelto cinque album perfetti da ascoltare fissando il soffitto con la testa che scoppia e gli occhi che si chiudono.

5. “Mother Earth’s Plantasia” di Mort Garson

Pianista, compositore, autore di sigle e colonne sonore, sperimentatore dell’elettronica e discepolo di Robert Moog, Mort Garson è una delle figure più affascinanti della storia della musica e, dalla sua morte nel gennaio del 2008, attorno alla sua figura si è creato una sorta di piccolo culto. Mother Earth’s Plantasia è il suo disco più strano e affascinante: uscito nel 1976, è un concept ambientalista da far ascoltare alle piante, o a chi è drammaticamente in doposbronza.

4. “Shadows of the Sun” Ulver

Gli Ulver sono una delle band più strane e indefinibili in circolazione. Nati come gruppo black metal, nel corso degli anni hanno collezionato una discografia che spazia dal folk arcaico all’elettronica glitch, passando per la musica sacra, il prog, il trip hop, un concept sull’assassinio di Giulio Cesare e un album ambient e contemplativo, Shadows of the Sun. Quasi totalmente privo di batteria o qualsivoglia passaggio ritmico, Shadows of the Sun è un trionfo di atmosfere eteree e rarefatte, su cui si poggia la voce meravigliosa di Kris “Garm” Rygg.

3. “In A Silent Way” di Miles Davis

“Questo è il tipo di album che ti dà fiducia nel futuro della musica […], fornisce il più profondo e immanente sostentamento alle nostre anime”, scriveva Lester Bangs del capolavoro di Miles Davis uscito 50 anni fa, nel 1969, 13 mesi prima del più celebrato Bitches Brew. In a Silent Way è il primo album “elettrico” di Miles e l’inizio della collaborazione con il chitarrista John McLaughlin. Nato da una serie di semi-improvvisazioni – le session durarono giusto qualche ora – rielaborate in post-produzione con l’idea di farne una specie di sonata, In A Silent Way è un disco fondamentale per capire l’evoluzione del trombettista. E se esiste un titolo perfetto per un brano da ascoltare nel doposbronza, questo è Shh / Peaceful.

2. “Selected Ambient Works 85-92” di Aphex Twin

Nel 1992, prima della serie “Artificial Intelligence” della Warp, prima del debutto degli Autechre, Richard David James, o meglio Aphex Twin, pubblica il suo esordio, quello che per tutti è il disco che ha fondato l’ambient-techno. Suonando solo con sintetizzatori analogici e modulatori di vario genere, James mescola i classici ambient di Brian Eno con la techno di Detroit. Selected Ambient Works 85-92 è semplicemente un capolavoro.

1. “Ambient 1: Music for Airports” di Brian Eno

“Una delle cose che la musica può fare è distorcere la percezione del tempo, in modo che non ti interessi realmente se le cose scivolano via o cambiano in qualche modo”, ha detto una volta Brian Eno. Se, come abbiamo scritto su queste pagine, l’hangover è la prova più convincente dell’esistenza di dio, allora Eno è il profeta, il genio che ha preso la “musica da ascensore” e l’ha trasformata in composizioni eteree e commoventi, puntellate dal pianoforte e da melodie in loop. Nato dopo una lunga coda all’aeroporto di Colonia, Music For Airports è il primo di quattro album che hanno inaugurato un intero genere musicale, l’ambient, di cui è ancora il disco più rappresentativo.

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